Per l’accusa l’operazione era controindicata, in quanto la donna, morta per una complicanza post intervento, era affetta da una patologia neurodegenerativa

Si è svolta nella scorse ore la prima udienza del processo che vede imputato per omicidio colposo il primario di neurochirurgia di una struttura sanitaria marchigiana. Il medico è finito a processo per la morte di una paziente, deceduta nel 2013 per una complicanza post intervento chirurgico al trigemino.

Secondo l’accusa rappresentata dal pubblico ministero, l’operazione non doveva avere luogo, in quanto controindicata per i rischi connessi a una patologia neurodegenerativa della donna.

La signora, 38enne e madre di famiglia, soffriva infatti di Mngie (Encefalomiopatia neurogastrointestinale mitocondriale), una rara malattia ereditaria caratterizzata da gravi sintomi neuromuscolari e gastrointestinali.

La difesa, d’altro canto, aveva chiesto il non luogo a procedere sostenendo che non ci fosse alcuna controindicazione all’intervento per la pregressa Mngie.

Secondo quanto appurato dall’esame autoptico, la paziente sarebbe morta per ipertensione endocranica. La pressione all’interno del cervello sarebbe cresciuta fino a farla entrare in coma.

Dopo il decesso, sospettando una condotta negligente da parte del personale sanitario, i familiari avevano denunciato l’accaduto alla Procura della Repubblica di Pesaro.

I parenti, tuttavia, non saranno parte civile nel processo penale. Come riporta il Corriere Adriatico, infatti, il coniuge, la figlia minore, i fratelli e i genitori hanno ritirato la costituzione nel procedimento giudiziario. Una decisione derivante dal risarcimento, pari a circa 1,5 milioni di euro, già ottenuto dall’Azienda sanitaria.

I familiari, pertanto, potranno solamente essere sentiti quali testi nella loro qualità di persone offese, come ha spiegato il loro legale. L’avvocato ha sottolineato come il risarcimento non potrà comunque mai ristorare la perdita subita.

 

 

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