Autoarticolato perde le ruote durante la marcia e provoca un sinistro mortale (Cass. pen., sez III, dep. 16 novembre 2023, n. 46190).

Confermata la condanna per omicidio colposo con la reclusione a 22 mesi in capo al camionista che ha ignorato segnali di malfunzionamento dell’autoarticolato condotto.

Al conducente veniva addebitato di non essersi fermato, col freno motore e scalando le marce, o con i sistemi frenanti ad aria compressa, dopo i forti rumori e le vibrazioni, di un irregolare assetto di marcia, tale per cui avrebbe dovuto fermare il mezzo e non proseguire il viaggio.

Difatti, proseguendo la marcia ha perso il controllo del mezzo pesante invadendo la corsia di marcia opposta e scontrandosi con l’autovettura ne uccideva i tre passeggeri.

La ricostruzione della dinamica del sinistro cui hanno fatto riferimento i Giudici di Appello ha evidenziato che il camionista “non si è avveduto, nel condurre un autoarticolato composto da un trattore e da un semirimorchio, della vibrazione e del forte rumore provenienti dall’assale posteriore destro del trattore, preannuncianti l’avulsione della coppia di ruote poste su detto assale» e «non ha regolato l’andatura del veicolo in modo utile da prevenirne la perdita di controllo, seguita all’avulsione delle ruote» ed ha perciò «colposamente invaso l’opposta corsia di marcia, impattato un’autovettura e così cagionato la morte di tre persone».

La decisione di Appello viene impugnata in Cassazione. L’imputato evidenzia un “intervento di riparazione eseguito sul trattore poche settimane prima dell’incidente e le rassicurazioni ricevute dall’officina interna all’azienda di autotrasporti cui apparteneva il veicolo».  Oltre a ciò evidenzia cheil Consulente del P.M.  ha escluso anomalie o criticità relative alla stabilità e al montaggio delle ruote eseguito ben 5.400 chilometri prima dell’incidente. Sempre secondo la tesi dell’imputato, sarebbe dunque illogico escludere il caso fortuito, o la forza maggiore, proprio in considerazione degli accertamenti peritali d’Ufficio.

Invece, la Suprema Corte, alla luce della relazione del Consulente tecnico  del P.M. nonché dagli esiti delle audizioni testimoniali degli addetti all’officina in cui era avvenuta l’ultima manutenzione del veicolo, ritiene corretta la valutazione svolta dai Giudici di Appello.

Il Consulente ha chiarito che l’intervento di manutenzione del camion fu di mera routine, poiché costituito dal cambio dell’intero treno gomme  e ha escluso che tale intervento di manutenzione si fosse concluso con un insufficiente serraggio dei dadi, poiché il camion percorse successivamente 5.400 chilometri, e, quindi, fu impiegato per un tempo molto superiore a quello in cui si sarebbero staccate le ruote se la loro avulsione avesse trovato causa nell’insufficiente serraggio dei dati. Inoltre, il Consulente ha evidenziato che la normalità della manutenzione effettuata esclude la manifestazione, e, quindi, la segnalazione di problemi di malfunzionamento sovrapponibili o simili a quelli palesatisi nei minuti precedenti all’avulsione che ha poi portato all’incidente mortale.

Sulla percepibilità, per alcuni minuti, di rumori ed oscillazioni prima dell’avulsione delle ruote il Consulente ha precisato che: «dei dieci dadi fissanti le ruote che si sfilarono, solo cinque furono trovati vicini, mentre gli altri non furono proprio trovati, nonostante lunghe ricerche, e quindi deve ritenersi si fossero staccati da tempo; la deformazione dei quattro perni e di tutti i fori evidenziano come, per un significativo lasso di tempo, le ruote girarono non in asse con il mozzo, provocando perciò rumori ed oscillazioni; le parti superficiali dei cerchi delle ruote recavano tracce di strisciamento, e, quindi, vennero in contatto fra loro per un certo tempo; è perciò ipotizzabile una dinamica in cui l’originario svitamento di un dado comportò la deformazione del suo perno, il quale andò ad interporsi tra il disco e la pinza del freno, provocando così vibrazioni che causarono prima lo svitamento dei quattro dadi non trovati, quindi lo svitamento degli ultimi cinque dadi, invece repertati; la conferma di questa dinamica si evince anche dal luogo di ritrovamento delle due ruote avulse, cioè a distanza di diverse centinaia di metri tra di loro».

Ebbene, proprio da tale conclusione del Consulente i Giudici di Appello hanno evidenziato come una parte del percorso «fu necessariamente effettuata con una sola delle due ruote montate sull’assale posteriore destro del trattore» e che non rivela la causa del distacco delle ruote, bensì il fatto che il conducente non si sia fermato appena iniziate le vibrazioni del mezzo.

Il ricorso viene dichiarato inammissibile.

Avv. Emanuela Foligno

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