Complicanze anestesiologiche nel corso dell’intervento (Corte Appello Palermo, Sentenza n. 849/2023 pubblicata il 02/05/2023).

Nel corso di intervento di appendicectomia si verificano complicanze anestesiologiche che conducono al decesso del paziente.

Il Tribunale di Agrigento accoglieva la domanda dei congiunti del paziente deceduto e condannava l’Azienda Sanitaria a pagare l’importo complessivo di euro 381.295,78, oltre spese di lite e di CTU.                                        

Il paziente veniva ricoverato il 7 maggio 2007, dapprima per iperpiressia da cistite, e il giorno successivo veniva trasferito in Chirurgia con diagnosi iniziale di addome acuto da appendicite acuta.

Lo stesso giorno veniva sottoposto a intervento chirurgico, ma insorgevano complicanze anestesiologiche e, dopo vari tentativi da parte degli anestesisti di intubazione del paziente, si manifestavano difficoltà respiratorie e cardiache che portavano all’interruzione dell’intervento. A seguito di complicanze respiratorie il paziente veniva condotto presso l’UO di Rianimazione.

Il giorno successivo veniva sottoposto ad un duplice intervento chirurgico (di tracheotomia e laparatomia), al termine del quale veniva trasferito nuovamente presso l’UO di rianimazione ove giungeva in condizioni a tal punto critiche da imporre, in data 10/5/07, un urgente trasferimento mediante elisoccorso all’U.O. Rianimazione dell’A.O. Civico di Palermo, ove giungeva in stato di coma sino al 17/5/2007, allorquando incominciava una lenta fase di risveglio con recupero motorio in condizione di tetraplegia.

In data 19/6/07 veniva trasferito nuovamente presso il primo Ospedale e ricoverato presso l’U.O. di neuro riabilitazione intensiva, con diagnosi di “tetra paresi esiti di anossia cerebrale in paziente portatore di tracheotomia, ove rimaneva ricoverato sino al 7/9/07 allorquando veniva trasferito presso l’U.O. di chirurgia Toracica dell’AO Civico di Palermo. Il 14/9/07, ovvero due giorni dopo le dimissioni dall’Ospedale di Palermo, veniva trasportato presso il pronto soccorso del primo ospedale ove andava in arresto cardiorespiratorio che lo portava al decesso alle ore 11.40.

La CTU svolta in primo grado ha accertato una errata gestione delle vie aeree. In particolare, nonostante fosse stata accertata la presenza di difficoltà di deambulazione all’intubazione oro – tracheale, non era stata scelta né programmata un’alternativa tecnica strategica tra quelle indicate nelle linee guida pratiche per la gestione delle vie aeree difficili, sospendendosi sia l’anestesia che l’intervento chirurgico urgente di appendicectomia, con conseguente istaurarsi di una  crisi respiratoria con la necessità di procedere ad intubazione naso – tracheale alla cieca, sedazione e ventilazione meccanica.

Accertavano, ancora i Consulenti,  che il 9 maggio 2007 la procedura per l’induzione dell’anestesia si complicava determinando un’ ipossia e un arresto cardiaco e, quindi, un danno cerebrale ipossico secondario; pertanto “i gravi errori medici che avevano connotato la condotta del personale sanitario dell’Ospedale nella vicenda per cui è causa, da cui pure erano scaturite conseguenze gravemente invalidanti per il paziente, si erano posti in rapporto eziologico con il decesso di costui, essendo l’evento infausto risultato

ascrivibile (anche se solo in parte) all’operato dell’Ospedale di Palermo cui il paziente si era successivamente rivolto per la rimozione della cannula e la chiusura della tracheotomia.”

L’Azienda Ospedaliera impugna la decisione deducendo omessa considerazione della correttezza dell’intervento di tracheotomia, per cui era incomprensibile come il CTU possa avere ravvisato profili di responsabilità da parte dei sanitari dell’ospedale di Sciacca “ritenendo che gli stessi avevano esercitato un’errata gestione delle vie aeree, con conseguente diffuso danno ipossico cerebrale tradotto in tetraparesi.”

Inoltre, sempre secondo l’appellante, il primo Giudice non avrebbe ndicato espressamente in che cosa sarebbe consistito l’errore commesso dai sanitari (la tracheotomia era stata effettuata correttamente), né cosa avrebbe eliminato del tutto il rischio di una crisi respiratoria ed il danno cerebrale. Infine, essendo il soggetto danneggiato deceduto prima del risarcimento del danno e per una causa non riconducibile all’illecito, la liquidazione del danno doveva essere parametrata alla durata effettiva della vita per cui la valutazione probabilistica, rapportata alla durata presumibile della vita futura, andava sostituita con quella di danno in concreto patito e misurabile con riferimento all’effettiva durata della vita del danneggiato.

I Giudici di Appello evidenziano che l’Azienda sanitaria ha depositato il ricorso per riassunzione, a seguito del decesso del paziente, tardivamente in data 04.03.2018, e dunque il processo viene dichiarato estinto ai sensi dell’art. 305 c.p.c., con conseguente effetto di passaggio in giudicato delle statuizioni di primo grado.

Avv. Emanuela Foligno

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