In occasione della firma del contratto di lavoro 2016-2018 in Aran la Federazione Cimo-Fesmed ha anticipato future azioni di contestazione su un testo giudicato peggiorativo per la dignità e la qualità lavorativa dei medici

Il giorno dopo la firma del contratto di lavoro 2016-2018, lo scorso 19 dicembre, CIMO e FESMED, ognuna con propria comunicazione, hanno inviato all’Aran e alla Consulta delle Regioni formale disdetta. Nella comunicazione si esprime l’invito ad una urgente apertura delle trattative per il contratto del triennio 2019-2021, per il quale sono già forti le preoccupazioni stante le prospettive di sottofinanziamento della sanità e in particolare la scarsa attenzione alle condizioni di lavoro di medici e sanitari.

Una decisione, quella delle due sigle sindacali,  già annunciata nei giorni scorsi.  “Purtroppo – aveva spiegato il presidente Cimo Guido Quici – ora siamo costretti a firmare perché altrimenti non potremo sederci ad alcuni tavoli”. Tra questi, “quello del confronto regionale che definisce le linee guida dei contratti aziendali o, a livello aziendale, l’organismo paritetico che presenta al direttore generale proposte relative, ad esempio, alla possibilità di prevedere le pronte disponibilità anche la mattina o il pomeriggio”.

L’intenzione di non aderire all’accordo si fonda su motivi economici e normativi.

Sotto il profilo delle risorse, in particolare, Quici ha evidenziato come i 2 miliardi di euro stanziati non siano sufficienti. Ne servirebbero almeno 3,5 per far fronte alle assunzioni del personale, al rinnovo contrattuale, all’abolizione del superticket, ecc. “Ha ragione – ha sottolineato il rappresentante sindacale – chi dice che ci vuole uno shock economico se si vuole affrontare il problema della sanità. O si investono risorse importanti, oppure parliamo solo di misure tampone”.

In occasione della firma del contratto di lavoro in Aran la Federazione Cimo-Fesmed ha messo a verbale una dichiarazione che anticipa future azioni di contestazione su un testo giudicato peggiorativo per la dignità e la qualità lavorativa dei medici e la cui attuazione concreta metterebbe a rischio il livello dei servizi pubblici per la salute dei cittadini.

In particolare, sono state preannunciati ricorsi e cause sul tema della retribuzione individuale di anzianità (RIA), sull’orario di lavoro, sulle condizioni vincolanti alla scelta di un legale e sui diritti dei medici in extramoenia.

“Abbiamo più volte denunciato come questo testo, proposto da Aran e Regioni, non faccia che peggiorare la tutela legale, l’orario di lavoro, la progressione di carriera unica per tutta la dirigenza senza fondi e senza regole certe, la perdita di alcuni diritti a favore dei portatori di handicap, e anche le prerogative sindacali, che vengono fortemente svilite e depotenziate”. 

Il tutto – ricorda ancora la Federazione – “dopo dieci anni di attesa,  in cui sono state tagliate oltre 9.395 strutture complesse e semplici (2008-2018); il costo del personale sanitario è diminuito di 2,6 miliardi (2008-2018) per ripianare i bilanci delle regioni senza interventi migliorativi per la qualità del lavoro dei medici, i cui ritmi di lavoro sono senza controllo e tutele, mentre la perdita del potere di acquisto è stata nettamente superiore rispetto agli incrementi, inferiori al 3,48%, concessi dal nuovo contratto. Dieci anni in cui il disagio e i carichi di lavoro hanno dato impulso alla fuga dei medici verso il privato o l’estero, senza contare la mancanza di tutele derivanti dalle vigenti disposizioni legislative che favorisce i contenziosi, per non parlare del calo delle remunerazioni, ben al di sotto degli altri Paesi europei”.

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