Una recente ordinanza della corte di Cassazione (n. 3216 del 07.02.2017) interviene nella annosa e vexata quaestio della responsabilità degli enti pubblici per i danni riportati dai pedoni o, comunque, dagli utenti della strada a cagione di buche e/o difformità insidiose della pubblica via.
Come noto, da qualche anno la giurisprudenza (sia di merito che di legittimità) si è orientata nel ritenere senz’altro applicabile l’art. 2051 del codice civile – e la presunzione di responsabilità ivi contemplata in capo al proprietario/custode di un bene per i danni causati a terzi – anche alla pubblica amministrazione.
Tale nuovo approccio ha consentito a tutte le vittime di una frequente casistica (che può senz’altro definirsi sterminata) di agire con maggiori probabilità di successo nei confronti delle pubbliche amministrazioni. Infatti, in precedenza, si applicava la tesi della cosiddetta “insidia” (o “trabocchetto”) in virtù della quale gravava sul soggetto danneggiato l’obbligo di dimostrare che l’ostacolo responsabile della caduta fosse connotato dai requisiti della invisibilità e della imprevedibilità e l’omesso assolvimento di tale onere determinava la reiezione della domanda
Con l’ordinanza in commento, la Cassazione si è trovata ad affrontare un caso peculiare e cioè quello di un infortunio avvenuto in una strada privata ad uso pubblico. La Corte d’Appello aveva rigettato l’originaria sentenza di accoglimento del tribunale proprio sulla base dell’assunto che la via incriminata non era, a rigore, intestata all’ente pubblico ma bensì privata.
Gli Ermellini hanno ribaltato la decisione enunciando il principio di diritto per cui il Comune risponde, ai sensi dell’art. 2051, non solo quando il sinistro avvenga in una strada pubblica, ma anche quando esso accada in una strada privata, ma aperta al pubblico passaggio.
Il ragionamento del giudice di legittimità è lineare e condivisibile: “Se il Comune consente alla collettività di utilizzare un’area di proprietà privata per il pubblico transito si assume anche l’obbligo di accertarsi che la manutenzione dell’area e dei relativi manufatti non venga trascurata”.
Si potrebbe tradurre il concetto con l’indimenticabile brocardo latino cuius commoda eius et incommoda, ovvero – ad essere più prosaici – chi intende giovarsi dei vantaggi di una data situazione deve farsi anche carico delle conseguenti responsabilità.
Si tratta, in definitiva, di una pronuncia da guardare con favore perché allarga le maglie dei casi risarcibili in un settore (quello della responsabilità civile degli enti pubblici) in cui è tutt’altro che semplice ottenere il riconoscimento di ragioni magari inappuntabili sotto il profilo delle umane aspettative, ma spesso non idonee a passare al vaglio dei rigorosi requisiti stabiliti dalla giurisprudenza.

Avv. Francesco Carraro
Foro di Padova

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