Respinto il ricorso di una condomina che aveva realizzato sul proprio terrazzo  una tettoia con angolo cottura in violazione della normativa sul diritto di sopraelevazione

La Corte di Cassazione, con sentenza n. 16258/2018, si è pronunciata sulla lite insorta tra un condominio e una condomina proprietaria dell’ultimo piano dell’edificio in tema di diritto di sopraelevazione.

La donna si era vista intimare dalla Corte di Appello di Roma la demolizione di un manufatto coperto che aveva realizzato su una porzione del proprio terrazzo. Si trattava, nello specifico di una tettoia con angolo cottura che, secondo gli altri condomini, sarebbe stata lesiva del decoro architettonico del palazzo.

Il Giudice di secondo grado, basandosi sull’espletata CTU aveva riconosciuto che la tettoia rappresentava “elemento pregiudizievole per l’estetica del prospetto dell’edificio, ben visibile dalla strada”.

La Corte territoriale, inoltre, aveva ritenuto sussistente anche il pregiudizio economico subito dal fabbricato per la manomissione del suo decoro architettonico.

La condomina si era quindi rivolta alla Suprema Corte lamentando la non corretta applicazione della normativa da parte del Giudice a quo. La ricorrente sosteneva, infatti, che la lesione del decoro architettonico debba considerarsi soltanto con riferimento alla facciata principale dell’edificio.

Un’argomentazione che, tuttavia, non ha trovato accoglimento da parte del Collegio di Piazza Cavour. Gli Ermellini hanno ricordato come l’art. 1127 c.c. conceda il diritto di sopraelevazione al proprietario dell’ultimo piano di un edificio condominiale a determinate condizioni. In particolare, le modifiche effettuate non devono pregiudicare la staticità del fabbricato, né tantomeno l’aspetto architettonico dello stesso.

Inoltre, “l’aspetto architettonico” cui fa riferimento la norma presuppone che l’intervento edificatorio in sopraelevazione rispetti “lo stile del fabbricato”.

Esso non deve rappresentare “una rilevante disarmonia in rapporto al preesistente complesso, tale da pregiudicarne l’originaria fisionomia ed alterare le linee impresse dal progettista, in modo percepibile da qualunque osservatore”

In ogni modo, per la Cassazione, il giudizio relativo all’impatto della sopraelevazione sull’aspetto architettonico dell’edificio “va condotto esclusivamente in base alle caratteristiche stilistiche visivamente percepibili dell’immobile condominiale.”

A nulla rileva, in tal senso, la distinzione effettuata dalla ricorrente, “fra facciata principale, o meno, dell’edificio”. “Le facciate stanno ad indicare l’insieme delle linee e delle strutture ornamentali che connotano il fabbricato, imprimendogli una fisionomia autonoma e un particolare pregio estetico”.

La facciata, quindi, rappresenta “l’immagine stessa dell’edificio, la sua sagoma esterna e visibile”. In essa “rientrano, senza differenza, sia la parte anteriore, frontale e principale, che gli altri lati dello stabile”.

Nel caso in esame, la valutazione circa il danno all’aspetto dell’edificio, era stata effettuata dal giudice di merito senza vizi di legittimità. Il ricorso, pertanto, è stato respinto in quanto infondato, con conferma integrale della sentenza impugnata dalla condomina.

 

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