Documento di Valutazione dei Rischi generico per l’ambulatorio odontoiatrico: condannato il titolare

Documento di Valutazione dei Rischi eccessivamente generico e lacunoso (Cass. pen., sez. II, dep. 27 settembre 2022, n. 36538).

Condannato l’Odontoiatra al pagamento della sanzione pecuniaria di euro 1.200,00 per la genericità e le lacune riscontrate nel documento di valutazione dei rischi.

Con sentenza del 6 ottobre 2021, il Tribunale di Brindisi, in dibattimento a seguito di opposizione a decreto penale di condanna condannava l’Odontoiatra alla pena di 1.200,00 Euro di ammenda per il reato di cui al D.Lgs. n.81 del 9 aprile 2008, art. 55, comma 4, per non aver elaborato un congruo documento di valutazione dei rischi (DVR) in relazione al proprio studio odontoiatrico, omettendo di valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici, in particolare quelli di esposizione ad agenti fisici, chimici o biologici, processi o condizioni di lavoro di cui all’allegato C al D.Lgs. n. 151 del 2001.

L’odontoiatra propone ricorso per Cassazione lamentando la violazione delle disposizioni incriminatrici richiamate in imputazione, nonché degli art. 3,25, comma 2, art. 27, comma 3, Cost. e del Decreto interministeriale del 30 novembre 2012.

In particolare, secondo il ricorrente, il Giudice avrebbe omesso di considerare che, poiché lo studio del ricorrente occupava un’unica lavoratrice e poiché il rischio di esposizione ad agenti chimici e biologici era basso, la valutazione dei rischi e l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione potevano essere effettuate secondo le procedure standardizzate di cui al D.Lgs. n. 81 del 2008 art. 6, comma 8, lett. f).

Inoltre, l’Odontoiatra evidenzia che non vi sono presso lo studio lavoratrici in età fertile e che, comunque, il Documento di valutazione dei rischi conteneva indicazioni sulle eventuali misure da adottare.

La Suprema Corte ribadisce che «in tema di prevenzione degli infortuni, il datore di lavoro, avvalendosi della consulenza del ‘responsabile del servizio di prevenzione e protezione’, ha l’obbligo giuridico di analizzare e individuare, secondo la propria esperienza e la migliore evoluzione della scienza tecnica, tutti i fattori di pericolo concretamente presenti all’interno dell’azienda e deve poi redigere e sottoporre periodicamente ad aggiornamento il ‘Documento di valutazione dei rischi» in cui è necessario «indicare le misure precauzionali e i dispositivi di protezione adottati per tutelare la salute e la sicurezza dei lavoratori». E «le sanzioni penali, previste nel caso di omessa, o incompleta, valutazione dei rischi, operano anche nei confronti dei datori di lavoro che occupino fino a dieci addetti, in quanto le modalità semplificate di adempimento degli obblighi in materia di valutazione dei rischi, previste per tali aziende, non esonerano il datore di lavoro dai relativi obblighi. Anche in queste ipotesi, le modalità pur semplificate di adempimento dell’obbligo di valutazione richiedono l’individuazione degli specifici pericoli cui i lavoratori sono sottoposti e la specificazione delle misure di prevenzione da adottarsi. E il contenuto qualificante e minimo del ‘Documento di valutazione dei rischi’ deve essere costituito, oltre che da una relazione sulla valutazione di tutti i rischi per la sicurezza e la salute durante l’attività lavorativa, anche dall’indicazione delle misure di prevenzione e di protezione attuate e dei dispositivi di protezione individuali adottati».

A fronte di tale quadro, la circostanza che i rischi non siano attuali, in quanto non vi sia tra il personale una donna in età fertile, non esime il datore di lavoro dalla valutazione imposta dalle norme, dovendo egli comunque compilare il ‘Documento di valutazione dei rischi’, considerando tutti i rischi ipotetici e le misure di prevenzione da adottarsi nel caso di gravidanza.

Oltretutto, la specifica censura dell’Odontoiatra non coglie nel segno considerato che le misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi di età del figlio si applicano anche alle lavoratrici che hanno ricevuto bambini in adozione o in affidamento, fino al compimento dei sette mesi di età, e ciò conferma  come la valutazione di quei profili di rischio vada comunque effettuata dal datore di lavoro che, come in questo caso, occupi personale di genere femminile, chiariscono gli Ermellini.

Detto ciò, il Documento di valutazione dei rischi contestato conteneva valutazioni in termini del tutto generici, senza alcun riferimento concreto alla mansione svolta dalla dipendente, senza alcuna specifica individuazione dei fattori di rischio correlati alle mansioni ed all’attività svolta e anche le misure di prevenzione e di protezione erano indicate in modo generico ed insoddisfacente, parlandosi solo di modifiche dei ritmi lavorativi e di eventuale mutamento delle mansioni. Invece, tra i rischi specificamente indicati del documento compaiono – in modo del tutto incongruo rispetto all’attività svolta – esposizione al rumore, a scuotimenti e vibrazioni, a lavori con macchina mossa a pedale.

Per tali ragioni del tutto corretta la sanzione penale e il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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