Respinta la domanda risarcitoria nei confronti della Asl della Valle D’Aosta e del Medico avanzata per i danni patiti in conseguenza della prestazione sanitaria resa dalla dottoressa, per assenza di colpa nel formulare un’errata diagnosi.
La vicenda
Il paziente, in data 29 settembre 2012, si recava presso il pronto soccorso dell’ospedale civile di Aosta lamentando una dolenzia, perdurante da circa sette/dieci giorni, nella regione emitoracica sinistra superiore con formicolio distale alle dita e alla mano sinistra, nonché una dolenzia alle articolazioni interfalangee delle dita della stessa mano sinistra. Veniva visitato dalla dottoressa convenuta che, all’esito di esami strumentali, “escludeva esservi disturbi cardiaci e diagnosticava una artrosi acromion-claveare sinistra, con segni di conflitto sub acromiale ed artrosi cervicale“, dimettendolo nella stessa giornata, con prescrizione di antidolorifici e consiglio di recarsi dal proprio medico curante e di sottoporsi a visita ortopedica.
Stante il peggioramento delle proprie condizioni di salute, si recava nuovamente, in data 4 dicembre 2012, presso lo stesso pronto soccorso, ove, all’esito di TAC cerebrale, veniva ricoverato d’urgenza e dopo l’effettuazione di esami strumentali gli veniva diagnosticata una “mielopatia cervicale in ernie discali C5-C6-C7“, che richiedeva un’immediata operazione chirurgica, cui seguiva un periodo di terapia riabilitativa all’esito della quale egli riacquistava solo una limitata autonomia nella deambulazione e rimaneva afflitto da gravi postumi invalidanti.
Secondo la tesi del paziente, la grave patologia neurologica sarebbe da correlarsi eziologicamente alla condotta colposa della dottoressa del pronto soccorso che lo visitava il 29/9/2012 e non ipotizzava disturbi neurologici.
La Corte di Appello, nel rigettare il gravame, osservava che: alla dottoressa era addebitata la “negligente pretermissione, nel frangente del 29/9/2012, di ogni indagine volta ad appurare la patologia degenerativa di natura neurologica all’epoca già in essere, poi accertata nella sua gravità soltanto dopo poco più di due mesi quando la stessa era oramai giunta ad uno stato conclamato” e, in particolare, le veniva ascritta “l’omessa effettuazione … di una risonanza magnetica nucleare, unico esame diagnostico veramente necessario, ma sufficiente, per comprendere la venuta insorgenza di mielopatia cervicale in ernie discali specificamente localizzate, con conseguenti compressioni del midollo spinale sofferenze endomidollari”.
La Consulenza tecnica
Dalla CTU espletata in sede di procedimento ex art. 696-bis c.p.c. è risultato che le condizioni cliniche del paziente, in occasione dell’accesso del 29/9/2012, non si presentavano “connotate da emergenza e urgenza”, essendo la sintomatologia del paziente “non univoca ed in un certo senso aspecifica”; la dottoressa aveva, quindi, incentrato “la propria attenzione su possibili problematiche cardiache od ortopediche, le uniche congetturabili alla stregua dell’anamnesi riferita dal paziente e concretamente indagabili nell’immediato”; i risultati delle indagini diagnostiche effettuate avevano, quindi, condotto, per un verso, ad escludere la sussistenza di patologia cardiaca acuta e, per altro verso, a “congetturare, attesi oltretutto i sintomi riferiti, “una degenerazione artrosica a carico dell’articolazione acromion-claveare e della colonna cervicale medio-distale“; “per contro, non vi era alcun sintomo suggestivo” che deponesse “per una patologia neurologica, quindi, non vi era alcuna ragione per trattenere in pronto soccorso il paziente o per ricoverarlo”, mentre era invece “corretto rinviarlo all’attenzione del medico curante suggerendo una visita ortopedica e una terapia antinfiammatoria””.
Veniva, pertanto, escluso qualsiasi profilo di colpa nell’approccio diagnostico e terapeutico tenuto dalla dottoressa, la quale, in occasione del secondo accesso del paziente (nel dicembre 2012), “resosi più caratteristico e indicativo di un “risentimento neurologico” il complesso dei sintomi accusati dal paziente”, ne dispose il ricovero “nel corso del quale gli approfondimenti clinici rivelarono l’effettiva patologia dallo stesso sofferta che poi determinò l’intervento chirurgico.
Il ricorso in Cassazione
Il paziente invoca l’intervento della Corte di Cassazione deducendo che sarebbe comunque sussistente l’inadempimento della dottoressa, da ravvisarsi “non nella mancata diagnosi, quanto, invero, nella mancata prosecuzione di quell’iter diagnostico”, poiché, nella specie, “è accertata l’omissione diagnostica”, “è accertata la sussistenza della patologia già all’epoca del primo accesso in pronto soccorso”, “è accertato il patimento e le conseguenze nefaste di un rapido e non diagnosticato progredire della patologia”.
Il paziente assume, in definitiva, l’errore della Corte di merito nel ritenere che la omissione sia stata dovuta a una presunta inerzia della dottoressa, essendo il medico tenuto ad individuare la patologia, eseguire gli esami necessari a confermarla o ad escluderla, indirizzando il paziente verso accertamenti urgenti, per come richiesti dal caso concreto, non potendo, pur di fronte ad una sintomatologia compatibile con più patologie limitarsi a suggerire al paziente ulteriori accertamenti diagnostici, dovendo egli stesso disporli ovvero indirizzare il paziente verso urgenti esami utili all’accertamento della patologia.
La Cassazione rigetta la tesi del paziente (Cassazione Civile, sez. III, 25/03/2024, n.8036)
I Giudici di Appello, proprio in riferimento alle doglianze inerenti l’omessa effettuazione di RMN nel corso dell’accesso al P.S. del 29 settembre 2012, ritenuto “unico esame diagnostico veramente necessario, ma sufficiente, per comprendere l’avvenuta insorgenza della patologia di mielopatia”, hanno anzitutto, escluso (basandosi sulle risultanze della CTU ex art. 696-bis c.p.c.) che la condotta tenuta nell’occasione dalla dottoressa potesse integrare inadempimento della prestazione sanitaria di “emergenza od urgenza” in ragione del fatto che in siffatto perimetro non erano riconducibili le condizioni cliniche del paziente, il quale presentava una sintomatologia … non univoca ed in un certo qual senso aspecifica“, inducente alla verifica della sussistenza di una “manifestazione cardiaca acuta” oppure di “problematiche ortopediche” (e verso quest’ultime essendosi risolte le effettuate indagini strumentali), senza che vi fosse “”alcun sintomo suggestivo” che deponesse “per una patologia neurologica””, tale da rendere necessario che il paziente fosse trattenuto in Pronto Soccorso ovvero fosse ricoverato, risultando, invece, corretta la decisione di “rinviarlo all’attenzione del medico curante suggerendo una visita ortopedica e una terapia antinfiammatoria”.
La Corte d’Appello, poi, ha preso anche in considerazione la circostanza che la dottoressa, nonostante che non vi fosse traccia nel referto del P.S., avesse effettivamente consigliato al paziente di effettuare una RMN; tuttavia, il Giudice di appello ha evidenziato che, pur prescindendo dal fatto se un tale consiglio vi sia o meno stato, la RMN non rappresentava un esame di “primo livello”, da eseguirsi, pertanto, in pronto soccorso e ciò, segnatamente, tenuto conto delle “condizioni cliniche presentate dal paziente al momento dell’accesso” in data 29 settembre 2012, essendo la prescrizione della risonanza magnetica nucleare da rimettersi alla decisione dello specialistica ortopedico all’esito della relativa visita.
L’assenza di colpa della dottoressa del PS
Infine, la Corte d’Appello ha anche esaminato la supposizione del collegio peritale, secondo cui la patologia degenerativa neurologica e la sofferenza midollare potevano essere già attuali a fine settembre 2012″, così da potersi dire integrata la colpa medica nell’esecuzione di indagini diagnostiche solo parziali. Sul punto, è stato evidenziato che un tale quadro clinico non era dimostrabile come sussistente alla data del 29 settembre, ma che in ogni caso, seppure la patologia neurologica fosse stata già in atto a quella data, rimanevano valide le considerazioni già svolte sull’assenza di colpa della dottoressa: ossia, quelle relative ad una condotta coerente, in sede di medicina d’urgenza e di emergenza, con la presenza di una sintomatologia non univoca e aspecifica tale da non evidenziare sintomi di una patologia neurologica e da consigliere, quindi, ulteriori indagini in pronto soccorso o anche un ricovero.
Avv. Emanuela Foligno