Respinta la richiesta di un lavoratore che chiedeva la condanna dell’INPS alla maggiorazione contributiva per l’ultradecennale esposizione all’amianto

Il Tribunale di Ravenna, con la sentenza n. 104/2020, si è pronunciato sulla domanda di un lavoratore che chiedeva il riconoscimento della propria esposizione all’amianto per oltre dieci anni così come previsto dall’art. 13 L. 257/1992 e dell’art. 1 commi 20 e 21 della l.247/2007 e conseguentemente la condanna dell’INPS alla maggiorazione contributiva per tutto il periodo riconosciuto nel corso del giudizio.

Nello specifico, affermava di aver lavorato alle dipendenze di una ditta di pulizie industriali dal 01.05.1985 al 30.03.1998 con esposizione sia diretta che indiretta all’amianto. L’attività di pulizia degli impianti svolta era giornaliera e veniva realizzata anche a seguito degli interventi di manutenzione; gli strumenti utilizzati erano scope, badili e manichette ad aria compressa, inoltre era addetto alla movimentazione di teli e cuscini in amianto che erano utilizzati a protezione degli impianti.

L’uomo collaborava, come i suoi colleghi, con le squadre dei manutentori per preparare la parte di impianto da sottoporre all’intervento di manutenzione ed eseguendo successivamente le pulizie, la raccolta ed il trasporto mediante carrello dei residui delle lavorazioni comprendenti le parti delle coibentazioni smontate.

Il ricorrente aveva presentato in data 14/2/2003 all’INAIL richiesta per la dichiarazione di esposizione ad amianto ottenendo il riconoscimento dell’esposizione dal 1/5/1985 al 31/12/1992.

In data 7/7/2008 il ricorrente aveva presentato all’INAIL domanda di riconoscimento di esposizione ad amianto sulla base dell’art. 1 L. 247/2007 ricevendo il 10/11/2008 risposta negativa. In data 7/5/2009 aveva presentato all’INAIL domanda di riesame della propria posizione ricevendone, nuovamente, risposta negativa. Infine in data 17/1/2019 aveva presentato all’INPS istanza di accredito contributivo.

L’INPS si costituiva in giudizio eccependo in via preliminare l’improponibilità della domanda giudiziaria per intervenuta prescrizione decennale del diritto alla rivalutazione contributiva decorrente dalla consapevolezza acquisita dal lavoratore della sua esposizione all’amianto che nella fattispecie si sarebbe concretizzata nell’anno 2003, cioè nell’anno in cui aveva presentato domanda all’INAIL per il riconoscimento dell’esposizione ad amianto.

Il Giudice ha effettivamente ritenuto fondata l’eccezione di prescrizione coltivata da INPS.

In base a un consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità, infatti, anche con riferimento a domande avanzate da soggetti già pensionati, ciò che si va valere non è il diritto al ricalcolo della prestazione pensionistica o alla rivalutazione dell’ammontare dei singoli ratei, erroneamente o ingiustamente liquidati in sede di determinazione amministrativa, bensì il diritto ad un beneficio che, seppure previsto dalla legge a fini pensionistici e ad essi strumentale, è dotato di una sua specifica individualità ed autonomia e, quindi, soggetto a prescrizione ordinaria decennale.

La prescrizione in oggetto decorre dal momento in cui l’avente diritto ha acquisito la consapevolezza della propria esposizione ad amianto, momento che è stato individuato nella richiesta presentata all’INAIL della certificazione di detta esposizione.

Il ricorrente sosteneva che la domanda presentata all’INAIL il 14/2/2003, a seguito della quale l’INAIL aveva riconosciuto il periodo di esposizione all’1/5/1985 al 31/12/1992, non poteva essere considerata il momento iniziale della prescrizione, come sostenuto dalla controparte, poiché le domande presentate all’INAIL successivamente, il 7/7/2008 e poi ancora il 7/5/2009, erano state presentate in quanto consentite dalla Legge 247/2007 che aveva considerato un più esteso periodo di esposizione, dal 1992 al 2003 e posto che il riconoscimento di esposizione ad amianto già operato dall’INAIL non consentiva al ricorrente di maturare il diritto alla integrazione contributiva.

Il Giudice ha chiarito, tuttavia, che l’art. 2935 c.c. nello stabilire che la prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere, si riferisce alla possibilità legale di far valere il diritto e quindi agli adempimenti di ordine giuridico e non a quelli di fatto, con la conseguenza che quando l’esercizio del diritto è ricollegato ad un “fatto”, quale è l’esposizione ad amianto, è solo dal momento in cui tale fatto, presupposto per l’esistenza del diritto stesso, diviene “oggettivamente” percepibile e riconoscibile, che ha rilevanza l’inerzia dell’interessato.

La conforme giurisprudenza della Corte di Cassazione ha individuato tale momento nella domanda presentata all’INAIL da parte dell’interessato anche ai fini dell’applicazione della L. 247/2007, legge che all’art. 1, comma 20, ha stabilito: “ai fini del conseguimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13, comma 8, della L. 27/3/1992 n. 257 e successive modificazioni, sono valide le certificazioni rilasciate dall’INAIL ai lavoratori che abbiano presentato domanda al detto istituto entro il 15/6/2005, per periodi di attività lavorativa svolta con esposizione ad amianto fino all’avvio dell’azione di bonifica e, comunque, non oltre il 2/10/2003”.

È, dunque, la domanda presentata all’INAIL entro il 15/6/2005 quella individuata come espressione oggettiva di consapevolezza dell’esposizione all’amianto da cui ha rilevanza l’inerzia dell’interessato. Né, nel caso in esame, poteva essere considerato atto interruttivo della prescrizione la domanda presentata dal ricorrente all’INAIL il 7/5/2009, poiché si trattava di atto non destinato all’Ente Previdenziale, debitore della prestazione.

In conclusione, il ricorrente aveva presentato domanda all’INPS di accredito contributivo il 17/1/2019, oltre dieci anni dalla domanda rivolta all’INAIL il 14/2/2003 per il riconoscimento dei benefici previdenziali di cui all’art. 13 comma 8, della L. 27/3/1992 n. 257 e senza che fossero intervenuti atti interruttivi della prescrizione.

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