Il congedo parentale, che sia di paternità o maternità, deve essere accessibile anche per coppie omosessuali. L’INPS “condannato” per discriminazione in quanto il relativo portale web non ha le impostazioni per consentire l’accesso alle coppie omosessuali (Tribunale Bergamo, sez. lav., sentenza del 25 gennaio 2024).

Il caso

L’associazione Rete Lenford, su segnalazione di una coppia di genitori di sesso femminile, chiede la condanna dell’INPS in quanto impossibilitata a godere delle medesime condizioni previste per le coppie di genitori eterosessuali con riferimento al congedo parentale obbligatorio.

La condanna invocata al Giudice consiste nella modifica delle impostazioni di accesso al portale web dell’INPS, al pagamento della somma di euro €100 (per ogni giorno di ritardo per l’adozione della misura invocata) ed €10.000 a titolo di danno non patrimoniale.

La vicenda giudiziaria

Con ricorso depositato il 12 maggio 2023, l’associazione suddetta proponeva ricorso ex art. 702 bis c.p.c. per accertare “il diritto delle coppie di genitori dello stesso sesso a godere, alle medesime condizioni previste per le coppie di genitori eterosessuali” di alcuni istituti “volti a sostenere le responsabilità di cura nei confronti dei figli” e pertanto dichiarare che “il congedo di paternità obbligatorio ex art. 27 bis d.lgs. 151/2001 spetta anche a una lavoratrice quando è genitore in una coppia di genitori composta da due donne”.

Nel ricorso, inoltre, veniva anche chiesta la sanzione (€100 per ogni giorno di ritardo per l’adozione delle misure invocate) in danno dell’INPS per il comportamento discriminatorio della condotta consistente nell’avere messo a disposizione degli utenti un sistema informatico che non consente alle coppie di genitori dello stesso sesso di presentare domanda” per gli istituti sopra menzionati.

Interveniva nel giudizio ex art. 105 c.p.c. la CGIL, aderendo alle domande svolte e lamentando, in particolare, che il sistema informatico dell’INPS impedisce ai soggetti appartenenti a coppie dello stesso sesso, di completare l’iter per la presentazione delle domande relative al congedo parentale e ai diritti a tutela della genitorialità riconosciuti dal D.Lgs. 151/2001.

L’INPS non ha nemmeno una procedura alternativa

L’INPS non ha contestato la sussistenza di tali impedimenti informatici, né ha allegato l’esistenza di una modalità alternativa ed equivalente per proporre la domanda per il riconoscimento dei congedi parentali.

Il Giudice evidenzia che:

a) come anche riconosciuto dall’INPS, vi sono casi in cui “coppie di genitori dello stesso sesso … sono stati riconosciuti tali da pronunce giudiziali e sono stati, di conseguenza, indicati entrambi come genitori nei registri di stato civile”;

b) è pacifico, perché ammesso dall’INPS, che il sistema informatico impedisce, almeno per alcune delle prestazioni ex d.lgs. 151/2001, di inserire nella domanda per il congedo parentale genitori dello stesso sesso;

c) è pacifico, perché non contestato dall’INPS, che non esiste una modalità alternativa e equivalente per proporre la domanda amministrativa di congedo parentale da parte di genitori dello stesso sesso.

È evidente la discriminazione ai danni delle coppie omossessuali

Ergo, è evidente l’esistenza di una ingiustificata discriminazione a danno dei genitori dello stesso sesso, indicati come tali nei registri di stato civile, rispetto ai genitori di diverso sesso.

Entrambe le tipologie di coppie sono riconosciute dall’ordinamento come “genitori” e possono ottenere il riconoscimento dei loro diritti ex D.Lgs. 151/2001, a seconda che sussistano, o meno, gli elementi della fattispecie costitutiva, vagliati dall’INPS in seguito alla necessaria proposizione della domanda amministrativa.

Tuttavia, i genitori di diverso sesso possono sempre proporre la domanda amministrativa in via informatica; i genitori di stesso sesso invece non possono proporla.

Tale diverso “trattamento” pone i genitori di stesso sesso in una condizione di evidente e significativo svantaggio, non avendo le medesime condizioni di accesso alla domanda di prestazione e dovendo attivarsi secondo modalità alternative (e di incerta efficacia) per fare pervenire all’INPS la propria domanda amministrativa.

Per tali ragioni viene ordinato all’INPS di modificare, nel termine di due mesi dalla pronuncia, il sistema informatico di ricezione delle domande amministrative, rendendo possibile alle coppie dello stesso sesso che risultino genitori dai registri dello stato civile di inserire i loro codici fiscali e ogni altro dato rilevante e di completare così l’iter informatico della domanda, a prescindere dal loro sesso.

Oltre a ciò, di tale modifica deve essere data adeguata segnalazione nella schermata iniziale del portale web per l’accesso alla compilazione delle domande in parola e viene fissata la somma di €100 per ogni giorno di ritardo, rispetto ai due mesi concessi.

Infine, viene rigettata la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale in quanto l’Associazione ricorrente non ha allegato alcun elemento specifico sulla concreta effettività di tale misura alla tutela dell’interesse in questa sede fatto valere.

Avv. Emanuela Foligno

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