Il reiterato errore nell’approccio chirurgico, in occasione di due interventi di laminectomia, ha determinato aggravamento alla paziente con esiti permanenti: è pertanto corretta la condanna solidale dei due Medici, anche se il secondo intervento era tecnicamente esente da errori (Cassazione civile, sez. III, 11/12/2023, (ud. 11/09/2023, dep. 11/12/2023), n.34456).

La vicenda

Viene adito il Tribunale di Roma per ottenere il risarcimento dei danni causati da due interventi chirurgici eseguiti per sintomatologia disestetica a carico degli arti inferiori.

Il primo intervento veniva effettuato dal dottor N. e la paziente era stata dimessa con status neurologico invariato, ma si era manifestata un’evoluzione rapida ingravescente, dal che la necessità del secondo intervento di decompressione effettuato dal secondo Medico.

Il Tribunale di Roma accoglieva la domanda condannando in solido entrambi i Medici, con pronuncia confermata dalla Corte di Appello.

Emergeva nel giudizio di merito che “l’intervento di laminectomia posteriore e foraminotomia praticato dal dottor N. era stato oggetto di un’errata indicazione, atteso che avrebbe dovuto seguirsi un approccio chirurgico di eliminazione della causa di compressione midollare ossia dell’ernia discale, con tecnica postero-laterale o anteriore, con cui, secondo la letteratura scientifica, sarebbe stato possibile un miglioramento nel 58% dei casi, con possibilità di mantenimento nel 30% dei casi, e un rischio di peggioramento nel 10% dei casi (…) l’intervento posto invece in essere non aveva dato alcun miglioramento, permettendo al contrario un progressivo aggravamento delle condizioni della paziente (…).  Il secondo Medico interveniva su una situazione non diversa da quella affrontata dal Dott. N., ma già compromessa”.

Secondo i CTU, il secondo intervento, “pur esente da errori tecnici di esecuzione, non era stata la scelta idonea, posto che, sostanzialmente, era stata adottata la medesima strategia praticata dal dottor N., con la conseguenza che l’atto operatorio si era rivelato del tutto negativo, con ulteriore aggravamento ed esiti permanenti a carico della paziente”.

In altri termini, al secondo Medico viene contestato l’approccio chirurgico inadeguato e al primo Medico una tecnica chirurgica inadeguata.

Il giudizio di Cassazione

Il secondo Medico sostiene che la Corte di Appello avrebbe omesso di esaminare e spiegare le ragioni per cui il secondo intervento sarebbe stato fonte di responsabilità solidale pur essendo frutto di una scelta corretta e correttamente eseguito, pur essendo stato accertato che non fosse rinviabile una decompressione con semplice laminectomia, spesso efficace nell’arrestare la progressione dei sintomi deficitari, e pur essendo risultato che solo una diagnosi precoce sarebbe stata utile, prima che la sofferenza midollare non raggiungesse i livelli emersi nel caso.

Le censure non colgono nel segno e sono inammissibili. Viene ritenuta apodittica, e sostanzialmente diretta a una inammissibile revisione del giudizio di merito, l’affermazione per cui la Corte territoriale non avrebbe spiegato le ragioni della responsabilità del dottor G. pur autore di un intervento corretto.

Difatti, i Giudici di Appello hanno affermato che “sebbene non vi fossero guidelines trattandosi di patologia rara, e pur trattandosi in sé di scelta operatoria non errata avendo lo scopo di “provvedere ad un’ampia e rapida decompressione della componente posteriore… della stenosi”, “tuttavia” nella specifica situazione il rischio di “deficit” neurologici aggiuntivi era oggettivamente elevato, sicché proseguire nella stessa strategia terapeutica intrapresa senza successo dal dottor N., con riscontrata doppia ernia, non poteva dirsi trovare “indicazione nel caso di specie” per gli stessi motivi, non venendo pertanto in gioco la “corretta esecuzione tecnica dell’intervento bensì l’approccio chirurgico” inadeguato del dottor G”.

Il secondo intervento ha causato esiti permanenti

Ragionando in tal senso, è anche errata la considerazione del secondo Medico secondo cui il Giudice di appello non avrebbe considerato che una corretta diagnosi in occasione del primo intervento, ove correttamente posto in essere, avrebbe evitato l’evento.

La Corte di Appello ha specificato che è stato il reiterato errore nell’approccio chirurgico, in occasione del secondo intervento, a determinare un ulteriore aggravamento alla paziente con esiti permanenti. La motivazione resa, sul punto, è del tutto corretta e logica.

 Avv. Emanuela Foligno

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