Ha errato la corte d’appello di Brescia nell’escludere l’aggravante dell’aver commesso un incidente stradale al motociclista che, in stato di ebbrezza, aveva perso il controllo del proprio mezzo, terminando la corsa in un campo agricolo e riportando lesioni

Al riguardo deve farsi applicazione del principio, affermato dalla Quarta Sezione della Cassazione (Sez. 4, n. 37743 del 28/05/2013), secondo cui, ai fini della configurabilità dell’aggravante in esame, è sufficiente la dipendenza causale dell’incidente dalla condotta alla guida del conducente: principio che deve essere inteso nel senso che l’avere provocato un incidente è sempre conseguenza di una condotta inosservante di regole cautelari, siano esse quelle codificate dal Codice della strada (ossia le norme sulla circolazione stradale), siano esse quelle generali di prudenza, diligenza e perizia, tese in ogni caso a prevenire il verificarsi del sinistro medesimo.

La vicenda

Il Tribunale di Brescia aveva dichiarato un motociclista responsabile del reato di guida in stato di ebbrezza, condannandolo alla pena di mesi 20 giorni di arresto ed Euro 600,00 di ammenda, sostituita ai sensi dell’art. 186 C.d.S., comma 9 bis con giorni 23 di lavoro di pubblica utilità.

L’imputazione era relativa al D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 186, comma 2, lett. b e comma 2 bis perché circolava alla guida del motoveicolo Harley Davidson in stato di ebbrezza alcolica, con tasso alcolemico superiore a 0,8 gr/l e non superiore a 1,5 gr/l (1,42 dr/l accertato con referto ospedaliero) e provocava un incidente stradale.

Avverso tale sentenza il Procuratore Generale della Corte di Appello di Brescia ha proposto ricorso per Cassazione, lamentando la violazione di legge, in ordine alla esclusione dell’aggravante di aver provocato un incidente stradale di cui all’art. 186 C.d.S., comma 2-bis, in quanto l’imputato era fuoriuscito dalla sede stradale con la motocicletta, riportando lesioni, mentre il Tribunale erratamente aveva ritenuto che non si concretizzasse l’ipotesi dell’incidente “essendo ad attore unico senza nessuna conseguenza per la viabilità di persone o cose”.

La Quarta Sezione Penale della Cassazione (sentenza n. 27211/2019) ha accolto il ricorso dell’accusa perché fondato.

La nozione di incidente stradale

La giurisprudenza di legittimità, proprio in tema di reato di guida in stato di ebbrezza, ha più volte ribadito che ai fini dell’operatività del divieto di sostituzione della pena detentiva e pecuniaria con il lavoro di pubblica utilità previsto dall’art. 186 C.d.S., comma 9 bis è sufficiente che ricorra la circostanza aggravante di aver provocato un incidente stradale, essendo, invece, irrilevante che, all’esito del giudizio di comparazione con circostanza attenuante, essa non influisca sul trattamento sanzionatorio (Sez. 4, n. 13853 del 04/02/2015; Sez. 4, Sentenza n. 48534 del 24/10/2013).

La nozione di sinistro stradale applicabile in relazione al reato in questione si identifica con quella delineata dalla Convenzione di Vienna dell’8 novembre 1968, secondo la quale costituisce sinistro stradale un evento verificatosi nelle vie o piazze aperte alla circolazione in cui rimangono coinvolti veicoli, esseri umani o animali fermi o in movimento e dal quale derivino lesioni a cose, animali, o a persone.

Nella giurisprudenza di legittimità, coerentemente con siffatta nozione, si è affermato che deve intendersi per incidente qualsiasi avvenimento inatteso che, interrompendo il normale svolgimento della circolazione stradale, possa provocare pericolo alla collettività, senza che assuma rilevanza l’avvenuto coinvolgimento di terzi o di altri veicoli.

La pena sostitutiva del lavoro di pubblica utilità

Come noto, la L. n. 120 del 2010, art. 33 ha introdotto nell’art. 186 anche un nuovo comma, il 9-bis, che attribuisce al giudice il potere di sostituire per non più di una volta la pena (sia detentiva che pecuniaria) applicata per le contravvenzioni di guida in stato di ebbrezza con quella del lavoro di pubblica utilità, salvo nel caso in cui il conducente abbia provocato un incidente; inoltre, secondo il comma 2 bis del medesimo art. 186 C.d.S., le pene di cui al comma 2, quindi quelle relative sia alla lett. a) che b) e c), sono raddoppiate quando il guidatore in stato di ebbrezza provoca un incidente, ed è sempre disposto il fermo amministrativo dell’autovettura.

È evidente – aggiungono gli Ermellini -che il legislatore ha diversificato le situazioni tra chi conduce semplicemente un veicolo in stato di ebbrezza e chi in tale stato provoca un incidente, quest’ultima ipotesi ritenuta, ovviamente, più grave in quanto più pericolosa. «Non può infatti, dubitarsi che quando il codice della strada fa riferimento a un “incidente” intenda riferirsi a qualsiasi avvenimento inatteso che interrompe il normale svolgimento della circolazione stradale e che proprio per tale ragione è portatore di un maggior pericolo per la collettività».

Ebbene, la sentenza impugnata – a detta della Quarta Sezione – non aveva fatto corretta applicazione dei suddetti principi di diritto, avendo escluso l’aggravante contestato sulla base della mera considerazione che si trattava di un incidente ad attore unico, omettendo di considerare il pericolo per la circolazione stradale derivante dalla sua condotta.

Per questi motivi, è stato accolto il ricorso dell’accusa e annullata con rinvio la sentenza impugnata in ordine al trattamento sanzionatorio.

La redazione giuridica

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