Il ciclista muore sul colpo dopo essere stato investito da un’automobile, ma viene confermata la responsabilità esclusiva della vittima nella causazione dell’incidente stradale (Corte Appello Trieste sez. II, 01/03/2024, n.99).

La vicenda

La triste vicenda ha origine da un sinistro stradale avvenuto in data 25/01/2015, alle ore 13.00 circa, su un tratto rettilineo della S.P. n. 27 “Vivarina”, strada extraurbana del Comune di Valvasone Arzene (PN) con limite di velocità di 90 km/h, nel quale perdeva la vita il ciclista.

Quest’ultimo, in sella alla sua bicicletta, mentre era in procinto di svoltare a sinistra per immettersi nella strada interpoderale che conduce alla località “Grave”, veniva investito dall’automobile Audi A3 Avant, che sopraggiungeva da dietro nella stessa direzione di marcia. Il ciclista, sbalzato dalla bicicletta, riportava nella caduta un grave trauma cranico, decedendo sul colpo.

Il Tribunale di Pordenone (sentenza n. 68/2021) respingeva la domanda svolta dagli attori e li condannava al pagamento delle spese di lite. Secondo il Giudice, il ciclista aveva posto in essere una manovra repentina e non segnalata di svolta a sinistra, rendendo impossibile per l’automobilista evitare l’impatto. Ciò veniva confermato dalle dichiarazioni testimoniali e dalla consulenza tecnica disposta dal PM nel procedimento penale per i medesimi fatti.

Il ricorso in Appello

Il Tribunale non avrebbe tenuto conto di alcuni elementi significativi evidenziati nella relazione del CTP dei congiunti della vittima relativamente alla manovra di sorpasso del ciclista che, secondo il CT del PM, sarebbe stata consentita ex art. 148, comma 12 lett. c), C.d.S.
Infatti, per rimanere all’interno della striscia continua, l’autovettura avrebbe dovuto superare la bicicletta ad una distanza laterale di circa 23 cm, decisamente non adeguata, in considerazione sia dell’effetto dello spostamento d’aria su ciclista e bicicletta, sia del naturale ondeggiamento laterale dei ciclisti. Quindi delle due l’una: o la manovra di sorpasso era stata intrapresa con l’intenzione di “fare il pelo” al ciclista, oppure era stata attuata con l’effettiva violazione del C.d.S., ossia oltrepassando la linea continua.

Dunque, sulla base di ciò, risulterebbe sì provata la manovra repentina del ciclista, ma anche per lo meno un concorso di colpa dell’automobilista.

La Corte di Appello respinge il gravame.

Le motivazioni dei giudici di Appello

La dinamica dell’incidente è stata così ricostruita sia dalla Polizia Stradale, intervenuta sul luogo nell’immediatezza, sia dal CT del PM: il ciclista precedeva la vettura nella stessa direzione di marcia e, giunto all’altezza dell’intersezione con la strada interpoderale posizionata sul lato opposto della carreggiata, intraprendeva una repentina manovra di svolta a sinistra senza segnalarla e senza voltarsi per accertare che da tergo in quel momento non sopraggiungessero dei veicoli ai quali andava a tagliare la strada. Entrava quindi in collisione con l’Audi, veniva sbalzato sul cofano e poi cadeva pesantemente a terra spirando subito dopo per il grave trauma cranico riportato.

Il procedimento penale che era stato aperto a carico della conducente dell’Audi per il reato di omicidio colposo è stato archiviato sulla scorta delle conclusioni cui era giunto il Consulente tecnico del PM.

La larghezza della carreggiata e la posizione del ciclista consentivano la manovra di sorpasso senza spostarsi sull’opposta corsia; l’Audi ha occupato il contromano nel tentativo di evitare la collisione con la bicicletta, sterzando a sinistra, manovra istintiva e corretta a fronte di un pericolo proveniente da destra.

Ergo, la causa tecnica determinante ed unica del sinistro è stata individuata nella manovra di svolta a sinistra, improvvisa e non segnalata, da parte del ciclista.

Il Consulente Tecnico di parte

Il CT di parte appellante, basandosi sui medesimi dati oggettivi a disposizione, scrive che la collisione avvenne tra lo spigolo anteriore destro dell’autovettura ed il fianco sinistro del velocipede, con asse longitudinale inclinato di circa 30° rispetto a quello dell’auto.
Conclude che, a suo parere, l’incidente è accaduto a causa:

  • a) del cambiamento di direzione del ciclista diretto a voltare a sinistra;
  • b) della manovra di sorpasso dell’autovettura.

Quindi il deceduto avrebbe violato l’art. 154, commi 1 e 3, C.d.S., mentre l’Audi avrebbe violato: l’art. 148, comma 12, C.d.S. per essersi spostata sulla parte della carreggiata destinata al senso opposto di marcia allo scopo di sorpassare un veicolo a due ruote non a motore in prossimità o corrispondenza di intersezione, e l’art. 40, comma 8, C.d.S. per avere oltrepassato la striscia longitudinale continua invalicabile di mezzeria di delimitazione della corsia di marcia.

In ogni caso, se anche si volesse ritenere che l’auto aveva iniziato il sorpasso della bicicletta e nel fare ciò aveva oltrepassato, sia pur di poco, la linea continua di mezzeria, è evidente che difetterebbe comunque un qualsiasi nesso di causa tra l’evento dannoso e la violazione dell’art. 148, comma 12, e dell’art. 40, comma 8, C.d.S. in quanto si tratta di norme comportamentali finalizzate a prevenire situazioni di pericolo del tutto diverse da quella verificatasi in concreto, ossia ad evitare lo scontro con i veicoli che in quel momento dovessero sopraggiungere dall’opposta corsia di marcia o con quelli che, provenendo dall’intersezione laterale posta sulla sinistra con obbligo di dare la precedenza, dovessero incautamente immettersi sulla SP.

Assenza del nesso di causa

Difatti, l’assenza del nesso di causa tra l’evento dannoso verificatosi e l’eventuale violazione dell’art. 148 C.d.S. è anche alla base della motivazione del decreto di archiviazione emesso dal GIP del Tribunale di Pordenone.

È corretto, in conclusione, quanto deciso dal Tribunale, in quanto secondo consolidata giurisprudenza la responsabilità del conducente coinvolto nell’investimento, pur essendo presunta, può essere tuttavia esclusa non solo quando l’investitore abbia fornito la prova di avere fatto tutto il possibile per evitare il danno, ma anche quando risulti con certezza, dalle modalità del fatto, che non vi era alcuna reale possibilità di evitare, da parte sua, l’incidente, situazione che ricorre quando il ciclista compia un movimento talmente inatteso e repentino da non consentire al conducente del veicolo, data la imprevedibilità ed anormalità di esso, di porre in atto la manovra che potrebbe impedirne l’investimento (Cass. n. 9278/2017 che richiama Cass. n. 1422/1976).

Infatti ciò è quanto accaduto nel caso concreto, quindi viene confermata la responsabilità esclusiva del ciclista nella causazione del sinistro.

Avv. Emanuela Foligno

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