Condannati la Provincia di Campobasso e l’assicurazione UnipolSai a corrispondere all’INPS la somma pretesa in via di surrogazione (Cassazione Civile, sez. III, 28/03/2024, n.8370).

Il caso

Tribunale e Corte di Appello di Campobasso rigettano la domanda proposta dai familiari della vittima nei confronti della Provincia di Campobasso e dell’assicurazione UnipolSai e condannano questi ultimi a corrispondere all’INPS la somma di €107.082,41.

La domanda veniva azionata per il ristoro dei danni patiti in conseguenza del decesso del congiunto, avvenuto in Jelsi il 2 luglio 2006. La vittima era alla guida del proprio motociclo, a bordo del quale viaggiava anche un terzo trasportato, e fu costretto a frenare repentinamente per evitare la collisione con il veicolo non arrestatosi al segnale di stop (e rimasto non identificato). Con questa manovra perdeva il controllo del mezzo per la presenza di una buca sul fondo stradale, andando ad impattare contro un’altra autovettura.

La Provincia veniva citata per omessa custodia della strada e la UnipolSai in qualità di impresa designata dal Fondo di Garanzia Vittime della Strada e nel giudizio interveniva l’INPS proponendo domanda di surroga sia nei confronti degli attori che dell’assicurazione.

I Giudici di merito rigettavano la domanda risarcitoria degli attori e accoglievano quella dell’INPS. I familiari della vittima adiscono la Corte di Cassazione lamentando omesso esame dell’atto di appello.

Il ricorso in Cassazione

Secondo i ricorrenti la mancata risposta ai motivi di appello, da parte della Corte territoriale, nonostante la specifica formulazione di articolate censure, consentirebbe di escludere la fattispecie della “doppia conforme”. Ed ancora, in punto di responsabilità del sinistro, non sarebbero stati valutati fatti decisivi quali la velocità tenuta dal motociclo, la presenza della buca e la CTU espletata in primo grado.

Il ricorso viene accolto in relazione alla censura inerente il “mancato scrutinio dei motivi di appello”.

La motivazione della sentenza di appello è la testuale riproduzione – al netto di qualche minima, inessenziale, variazione (soprattutto di ordine lessicale) – di quella resa dal primo Giudice, sicché la Corte territoriale risulta essersi sottratta al dovere di procedere a uno scrutinio effettivo dei motivi di appello.

Pertanto, viene dato seguito al principio secondo cui la sentenza resa in seconde cure – che sia adesiva rispetto a quella oggetto di appello – può ritenersi legittimamente adottata “purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado”, mentre “va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame“.

L’omissione dei giudici di Appello

Il Giudice di Appello si è sottratto al dovere di decidere il gravame sottoposto al suo vaglio, esaminando in modo “effettivo” i motivi nei quali esso si articolava, e dunque vi è omissione di pronuncia.

Tale omissione è grave ove si consideri che il proposto appello mirava a sollecitare una rinnovata valutazione del materiale istruttorio, ovvero quella funzione che costituisce uno degli aspetti nevralgici del giudizio di secondo grado, in un sistema in cui non è consentito alla Corte di Cassazione alcun sindacato sul prudente apprezzamento della prova, e nel quale, pertanto, “il controllo sul giudizio di fatto resta affidato all’impugnazione di merito che caratterizza il giudizio di appello”, che “costituisce, come è noto, non un sindacato sull’atto (il provvedimento giurisdizionale di primo grado), ma un giudizio direttamente sul rapporto dedotto in giudizio”.

Avv. Emanuela Foligno

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