La neonata nasceva prematura e con grave stress respiratorio e la pediatra eseguiva l’incannulamento di vaso ombelicale in maniera errata attingendo all’arteria e provocava tromboembolia e amputazione agli arti inferiori della neonata.

La condotta colposa professionale della pediatra veniva accertata in sede penale con sentenza passata in giudicato.

Il caso clinico

La piccola nasceva prematura, di otto mesi, a seguito di parto cesareo per rottura delle membrane. La neonata, alla nascita, presentava uno sviluppo normale ma accompagnato da un grave stress respiratorio. La pediatra, oltre che sottoporla ad intubazione tracheale, intendeva procedere all’incannulamento di vaso ombelicale, attraverso il quale somministrare soluzione elettrolitica e terapia farmacologica. L’incannulamento veniva eseguito in maniera errata, nell’arteria anziché nella vena, il che innescava un processo tromboembolico agli arti inferiori che, anche a causa della mancata tempestiva rimozione del catetere, comportava la necessità di amputare alla bambina l’arto inferiore destro al quarto inferiore della coscia ed il piede sinistro al terzo distale.

La fase giudiziale

Il Tribunale di Macerata, dapprima con sentenza parziale, condannava le convenute al risarcimento dei danni, liquidando una provvisionale di 670.000 euro; ripartiva la responsabilità interna ponendola per il 70% in capo alla pediatra e per il restante 30% in capo alla struttura sanitaria, per il mancato funzionamento dell’apparato radiografico dell’ospedale.

Con la successiva sentenza definitiva, veniva rideterminata la misura del risarcimento in favore della minore affermando che l’importo della provvisionale doveva ritenersi pienamente satisfattivo, sulla base di un montante risarcitorio di 442.084,75 euro, e veniva ricondotta causalmente il danno riportato dalla minore per il 50% a cause naturali, ovvero alle malformazioni congenite delle quali era risultata affetta la bambina (portatrice della sindrome nefrosica finlandese), a fattori prenatali e a cause neonatali, e per il 50% all’errore medico.

I ricorsi in Appello e in Cassazione

La pediatra propone appello e l’Azienda Sanitaria Unica Regionale Marche (ASUR Marche) propone appello incidentale. La Corte d’appello di Ancona, in parziale riforma, portava l’importo risarcitorio liquidato in favore della neonata a complessivi 732.424 euro, pari ad una invalidità del 70-75%, non concedeva alcuna personalizzazione ritenendo che non si fosse verificato un danno risarcibile oltre i parametri medi, a tanto aggiungendo il danno patrimoniale e quello per l’invalidità temporanea.

Il caso approda in Cassazione dove viene lamentato che, nel liquidare il danno non patrimoniale in favore della bambina, la Corte d’Appello non abbia ritenuto di personalizzarlo argomentando che “giacché la piccola ha subito le amputazioni all’età di un anno, la sua condizione di vita sarebbe stata sempre quella, cioè da sempre la bambina avrebbe dovuto convivere con la sua menomata condizione fisica, senza perciò riportare uno scadimento rispetto alla condizione precedente”.

In particolare, viene evidenziato che la bambina ha riportato postumi permanenti nella misura del 75%, e che in riferimento alla accertata invalidità le è stato liquidato un importo (631.824 euro) insufficiente a coprire l’intero suo danno, destinato a protrarsi per tutta la vita e con limitazioni atte a precluderle una vita normale per tutte le età della vita.

La valutazione sulla personalizzazione del danno

Le censure vengono respinte. In particolare, la sentenza impugnata contiene la valutazione sulla personalizzazione del danno.

Per le altre censure, la Cassazione ne stigmatizza la carente esposizione e la insufficiente ricostruzione dei fatti, di talché non vengono rinvenuti gli elementi indispensabili per una precisa cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni assunte dalle parti. Sulla base di tali risultanze, il ricorso principale della madre della bambina viene complessivamente rigettato.

Il ricorso incidentale di ASUR Marche denuncia la intervenuta violazione di legge in ordine alla quantificazione e personalizzazione del danno. Secondo l’Azienda Sanitaria la sentenza di primo grado aveva liquidato una provvisionale di 670.000 euro, e la sentenza definitiva di primo grado avrebbe liquidato un importo di gran lunga inferiore rispetto alla provvisionale, avendo posto a base della decisione un montante risarcitorio di 442.084,75 euro, oltre interessi senza una consapevole ed adeguata giustificazione motivazionale e logica del ragionamento, non dando conto dei criteri con i quali arrivava all’importo finale, anche in riferimento al danno patrimoniale e al danno da incapacità temporanea.

Le patologie congenite

I Giudici di Appello, sulla base della percentuale di invalidità permanente riportata dalla bambina e sulla quale non vi sono contestazioni, in primo luogo hanno accertato, sulla base degli accertamenti tecnici eseguiti, che la piccola era affetta da patologie congenite, tuttavia prive di effetti invalidanti, e che quindi nessun effetto causale quelle patologie congenite hanno avuto sulla necessità di amputarle gli arti inferiori, dovuta esclusivamente all’errore medico, accertato definitivamente in sede penale. La decisione è conforme ai principi più volte affermati (vedasi da ultimo, Cass. n. 5632/2023) in tema di responsabilità per colpa medica, nell’ipotesi di concorrenza nella produzione dell’evento lesivo tra la condotta del sanitario ed un autonomo fatto naturale.

Sempre sulla base della percentuale di invalidità permanente accertata, la Corte d’Appello ha poi quantificato il danno non patrimoniale facendo corretta applicazione delle tabelle del Tribunale di Milano, per quanto concerne le voci relative al danno patrimoniale e a quello da inabilità temporanea, la sentenza impugnata afferma che la decisione di primo grado sul punto non è stata impugnata, e nulla dice in contrario la ricorrente incidentale, pertanto quel punto del decisum non può essere ripreso in considerazione.

Conclusivamente, il ricorso principale è inammissibile e il ricorso incidentale di ASUR Marche è infondato (Cassazione Civile, sez. III, 08/04/2024, n.9216).

Avv. Emanuela Foligno

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