Confermata in Cassazione la responsabilità di una donna accusata di molestie per l’incisione di una croce e i colpi ripetuti sulla persiana della persona offesa

Era accusata del reato di molestia o disturbo alle persone, per l’incisione di una croce sulla persiana in legno dell’abitazione della parte offesa, oltre che per aver in più occasioni battuto, in orario serale, diversi colpi sulla medesima persiana.

La Corte di appello, ribaltando la sentenza di primo grado, aveva riconosciuto l’integrazione della condotta illecita, ai soli effetti civili, rilevando che la prova della responsabilità potesse desumersi dalle dichiarazioni della stessa persona offesa.

Nel ricorrere per cassazione l’imputata eccepiva che le dichiarazioni della controparte non fossero state verificate con il dovuto rigore, considerando il suo coinvolgimento nella vicenda quale parte civile nonché le difficoltà espressive dimostrate nel corso della sua audizione.

La teste, peraltro, non aveva affermato di aver visto l’imputata battere i colpi la sera sulla persiana; né le fotografie prodotte in giudizio potevano dimostrare che i danni presenti nella suddetta persiana (dovuti a incisioni) fossero stati cagionati dalla ricorrente.

Pertanto, a suo giudizio, non potevano ravvisarsi gli estremi del reato di cui all’art. 660 cod. pen., né il danno per il quale era stato disposto il risarcimento, ritenuto peraltro sproporzionato in relaziona i patimenti non associabili al graffio subito dalla persiana.

La Suprema Corte, tuttavia, con la sentenza n. 3259/2020 ha ritenuto il ricorso inammissibile.

La pronuncia del Giudice a quo, infatti, secondo gli Ermellini non trascurava la particolare posizione assunta dalla persona offesa in quanto parte civile, dando infatti conto dell’espletamento di un particolare vaglio della attendibilità, oltre che della lettura dei contenuti dichiarativi considerando le difficoltà espressive in lingua italiana.

Inoltre, la precisa esposizione della ricostruzione della teste poneva chiaramente in evidenza che la stessa avesse continuato a riferire di non avere sorpreso l’imputata mentre in più occasioni in orario serale sferrava i colpi alla sua finestra. Aveva tuttavia specificato di avere potuto ugualmente vedere detti gesti molesti grazie alle immagini della telecamera che aveva appositamente installato.

Quanto alla quantificazione del danno, la Cassazione ha evidenziato come l’indicazione di quello morale fosse stata posta in rapporto a patimenti dovuti non semplicemente all’incisione della croce nella persiana (avente effetti in sé sulla cosa), ma al turbamento della tranquillità della parte civile che si protraeva in orario serale.

La redazione giuridica

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