Respinto il ricorso di una lavoratore contro il rigetto della domanda vola ad ottenere dall’Inail l’indennità per malattia professionale da demansionamento

Con l’ordinanza n. 17357/2021 la Cassazione si è pronunciata sul ricorso di un lavoratore che si era visto respingere la domanda proposta nei confronti dell’INAIL e dell’azienda datrice per l’accertamento del demansionamento subito negli anni 2008 e 2009 e per la conseguente condanna di quest’ultima al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale nonché dell’ente previdenziale all’indennità per malattia professionale.

La Corte territoriale, dato atto dell’inquadramento del lavoratore quale operaio di quinto livello, “addetto alla rampa” presso uno scalo aeroportuale aveva rilevato che l’assegnazione esclusiva al nastro bagagli avvenuta “per alcuni mesi, al massimo un anno” aveva determinato un demansionamento, posto che le mansioni esigibili potevano essere solo quelle di conduzione e manovra di mezzi meccanici all’interno dell’aerostazione; aveva aggiunto, peraltro, che il ricorso originario risultava privo di “allegazione alcuna in ordine alla natura, alle singole voci e alle caratteristiche degli asseriti pregiudizi lamentati, sicché difettava anche di indispensabili elementi di valutazione fondanti la prova per presunzione sollecitata dal ricorrente” ed aveva, altresì, sottolineato che le prove testimoniali acquisite dimostravano le circostanze relative alle concrete mansioni svolte e non i danni subiti dal demansionamento, che a fronte dell’irrisorio periodo di demansionamento non era sostenibile una perdita di capacità professionale in ordine alla conduzione di mezzi meccanici per cui era richiesta soltanto un’apposita patente, che, infine, la consulenza tecnica d’ufficio aveva accertato un disturbo dell’emotività risalente al 2006, ossia circa a due anni prima del dimensionamento e che andava pertanto escluso qualsiasi nesso di causalità con la patologia acclarata anche a fronte della testimonianza resa dalla moglie del lavoratore avente carattere di genericità in ordine al mutamento delle abitudini di vita del marito e in parte concernente fatti riferiti de relato.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte il ricorrente deduceva che il Collegio distrettuale “ha omesso di valutare de plano, e senza adeguatamente motivarne la ragione, le oculate e prudenti sentenze della Suprema Corte di Cassazione esistenti in materia specifica, nonché le oculate conclusioni del giudice di prime cure”, dovendosi considerare gli orientamenti giurisprudenziali in materia di danno differenziale e di danno conseguente a demansionamento, ed essendo privo di veridicità il principio secondo cui danni da dequalificazione non costituiscono conseguenza automatica della adibizione a mansioni inferiori, preso comunque atto che il danno è risultato adeguatamente provato nell’istruttoria svolta che è stata erroneamente interpretata dal Giudice di secondo grado.

Il Supremo Collegio, nel respingere le doglianze del lavoratore, ha chiarito che, in tema di risarcimento del danno derivante dalle mansioni, la giurisprudenza di legittimità “ha costantemente affermato che il riconoscimento del diritto del lavoratore al risarcimento del danno professionale, biologico o esistenziale, non ricorre automaticamente in tutti i casi di inadempimento datoriale e non può prescindere da una specifica allegazione, nel ricorso introduttivo del giudizio, dell’esistenza di un pregiudizio (di natura non meramente emotiva ed interiore, ma oggettivamente accertabile) provocato sul reddito del soggetto, che alteri le sue abitudini e gli assetti relazionali propri, inducendolo a scelte di vita diverse quanto all’espressione e realizzazione della sua personalità nel mondo esterno. Tale pregiudizio non si pone quale conseguenza automatica di ogni comportamento illegittimo rientrante nella suindicata categoria, cosicché non è sufficiente dimostrare la mera potenzialità lesiva della condotta datoriale, incombendo sul lavoratore non solo di allegare il demansionamento ma anche di fornire la prova ex art. 2697 c.c. del danno non patrimoniale e del nesso di causalità con l’inadempimento datoriale.

La redazione giuridica

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