La condizione ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione può essere integrata anche da comportamenti gravemente colposi sotto il profilo deontologico

Era stato assolto con sentenza irrevocabile dai reati di associazione per delinquere e riciclaggio per ché il fatto non sussiste. Il commercialista si era quindi rivolto alla giustizia per ottenere la riparazione per l’ingiusta detenzione prima in carcere e poi agli arresti domiciliari.

La Corte d’appello, tuttavia, aveva rigettato l’istanza avendo ritenuto sussistente la colpa grave ostativa al riconoscimento dell’indennizzo. Era infatti stato accertato, attraverso diverse intercettazioni, che il professionista, nella propria attività di consulenza economica, aveva fornito ad alcuni clienti consigli sul modo migliore di investire ingenti somme di denaro senza che figurassero fiscalmente. Ciò nonostante era stato prosciolto per l’impossibilità di accertare l’entità dell’imposta evasa e dunque la sussistenza del reato.

Nel ricorrere per cassazione il commercialista lamentava l’erronea interpretazione della sentenza di assoluzione da parte del giudice della riparazione. Tale pronuncia, infatti, si fondava esclusivamente su una diversa valutazione del compendio probatorio già esaminato dal giudice della cautela. Il provvedimento non esprimeva alcun giudizio circa la correttezza della condotta tenuta sotto il profilo professionale.

Il ricorrente, inoltre, deduceva violazione di legge e vizio della motivazione in ordine alla ritenuta colpa grave ostativa riconducibile al suo comportamento. A suo avviso, infatti, la normativa di riferimento, prevedeva un obbligo di segnalazione solamente in caso di sospetti relativi a operazioni di riciclaggio. Vale a dire operazioni compiute su beni provento di attività criminosa. Nel caso di specie, invece, era stato escluso che il denaro fosse di provenienza illecita, non sussistendo, pertanto, alcun obbligo di segnalazione.

Gli Ermellini, tuttavia, hanno ritenuto di non aderire alle argomentazioni proposte, respingendo il ricorso in quanto infondato.

La Cassazione , con la sentenza n. 53357/2018, ha chiarito che la colpa grave ostativa al riconoscimento del diritto alla riparazione per ingiusta detenzione può essere integrata anche da comportamenti deontologicamente scorretti. Ciò quando questi, uniti ad altri elementi, configurino una situazione obiettiva idonea ad evocare, secondo un canone di normalità, una fattispecie di reato.

Nel caso in esame l’opera di consulenza prestata dal commercialista doveva essere correttamente qualificata come gravemente colposa sotto il profilo deontologico professionale. L’istante aveva infatti fornito consigli idonei a consentire di far fruttare a mezzo di utili investimenti le somme accantonate in “nero” dai clienti, senza che emergesse la loro precedente sottrazione al fisco. In tal modo aveva favorito comportamenti diretti ad aggirare il fisco.

E’ irrilevante che la condotta del professionista si sia rivelata priva di rilevanza penale, appalesandosi, in ogni caso, come sicuramente gravemente negligente ed imprudente. Anche al di là dello specifico profilo rappresentato dall’omessa denuncia dell’evasione. La conoscenza dell’attività in “nero” dei clienti e i consigli prestati erano stati correttamente ritenuti espressione di grave colpa, come tale ostativa al riconoscimento dell’indennizzo.

 

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