Inserzione mezzi di sintesi e infezione batterica successiva (Corte Appello Cagliari, Sentenza n. 91/2023 pubblicata il 17/03/2023)

In danneggiato citava a giudizio l’ATS esponendo che  a causa di un sinistro stradale occorsogli il 13 novembre 2009, riportava una frattura scomposta-esposta del terzo diafisario distale tibia e perone destro, nonché una frattura del metatarso del piede destro, comportanti il ricovero presso l’ospedale civile di Sassari e la necessità di sottoporsi ad intervento chirurgico per inserzione mezzi di sintesi.

Tale intervento veniva eseguito  il 18 novembre 2009. Lamentava che circa cinque mesi dopo, nel corso di una visita medica, era stata riscontrata una grave infezione da escherichia coli cui seguiva ulteriore ricovero e la sottoposizione ad altro intervento chirurgico in data 20 aprile 2010 per la rimozione della protesi.

Secondo la tesi del paziente, l’omesso trattamento con antibiotici in occasione del primo intervento, sarebbe la causa dell’infezione batterica e della perdita del lavoro per superamento del periodo di comporto.

In sede di ATP il Consulente accertava il nesso di causalità tra l’intervento chirurgico del 2009 di inserzione di mezzi di sintesi e la complicanza infettiva.

Il Tribunale accoglieva parzialmente la domanda e condannava l’ATS al pagamento della complessiva somma di € 3.785,70,  nonché al rimborso di € 1.223,50, per i compensi liquidati al consulente d’ufficio.

Il Tribunale, pacifica la responsabilità dell’ATS,  e sulla scorta dell’ATP, non riscontrava alcuna riduzione permanente dell’integrità psicofisica del paziente. Il consulente d’ufficio aveva infatti riconosciuto le conseguenze lesive derivate dalla omissione interessante la fase post operatoria solo in termini d’invalidità temporanea totale e parziale, ma aveva escluso che i deficit funzionali e la sintomatologia dolorosa comportassero ripercussioni sull’estensione e la morfologia dell’arto inferiore destro.

In particolare il Tribunale rilevava come dalla consulenza emergesse che “ nel corso del secondo intervento chirurgico, si fosse operata solo la bonifica dell’infezione e la rimozione dei mezzi di sintesi, senza asportazione di parti ossee, sicchè l’evoluzione della frattura ossea sarebbe stata, pertanto, “la medesima anche a prescindere dalla comparsa del focolaio infettivo”, con la conseguenza che la complicanza aveva determinato esclusivamente un allungamento del periodo di convalescenza ma non una invalidità permanente.”

Quindi veniva escluso il danno permanente e rigettata la domanda inerente il danno patrimoniale da mancato guadagno successivo alla data del licenziamento, perché la domanda era fondata sulla definitiva impossibilità di reperire altra occupazione a causa dell’invalidità permanente.

Il paziente impugna tale decisione lamentando il mancato riconoscimento di invalidità permanente e di danno patrimoniale.

Il tribunale nonostante il paziente, in relazione al profilo eziologico del danno biologico permanente, avesse allegato, con la produzione di una perizia di parte , una diversa valutazione medica contrastante con quella resa dal consulente nominato in sede di ATP, ometteva di disporre l’approfondimento istruttorio invocato e necessario a dirimere la discrasia di carattere medico-legale, ma –soprattutto- non motivava le ragioni per cui riteneva di condividere le risultanze dell’ATP rispetto a quelle rappresentate dalla perizia di parte.

Per tale ragione la Corte dispone una seconda CTU la quale evidenzia:“

►Dall’incidente alla prima assunzione di antibiotici son passate più di 22 ore.

►Dall’accesso in Ospedale alla prima assunzione di antibiotici son passate almeno 22 ore. Questo fatto è molto rilevante per l’evoluzione successiva del quadro clinico. L’assunzione immediata di antibiotici dal momento del trauma, possibilmente entro un’ora secondo alcuni autori, o entro tre ore secondo altri, nelle fratture esposte rappresenta il fattore più importante per la prevenzione di infezioni…….… la riduzione di lunghezza dell’arto inferiore destro sia, con evidente grado di probabilità scientifica, conseguenza diretta dell’infezione e del detto ingranamento dei monconi fratturati. Occorre aggiungere per completezza che si tratta di accorciamento assai poco rilevante sul piano funzionale e facilmente emendabile con semplici rialzi applicati sulle calzature; che la dismetria rilevata è talora fisiologicamente presente in soggetti che non hanno avuto traumi e, infine, deve tenersi anche conto che almeno una parte del rilevato accorciamento possa avere una origine puramente traumatica. Infatti, un modesto accorciamento assiale è riscontrabile con relativa frequenza quale esito di fratture scomposte delle ossa lunghe degli arti evolute a guarigione senza complicazioni. Che la rigidità dell’articolazione tibiotarsica sia in parte direttamente conseguenza dell’infezione e del detto ingranamento dei monconi fratturati (vizio di consolidazione in accorciamento) e in parte indirettamente per la retrazione delle parti molli periarticolari (capsula, legamenti, tendini) da non trattamento chirurgico immediato con debridement e osteosintesi. La terapia antibiotica è proseguita durante il ricovero con il Rocefin da 1gr, nei giorni successivi. Il foglio di terapia non è molto chiaro. Nel foglio di terapia agli atti risulta confermata la terapia antibiotica nei giorni 14.11, 18.11, 23.11. Il 26.11.2009, giorno della dimissione, viene prescritta terapia antibiotica domiciliare………….. Il  2.04.2010 all’ennesima consulenza ortopedica ricompare la prescrizione di antibiotici (Tavanic 500 mg). Il 12.04.2010  era nuovamente ricoverato nel reparto di Ortopedia dell’Ospedale S.S. Annunziata di Sassari con diagnosi Infezione ferita chirurgica gamba destra; In totale dal giorno del trauma al giorno del secondo ricovero  si sottopose a terapia antibiotica per un totale di circa 25 giorni continuativi con una finestra di assenza di terapia dall’8.12.2009 al 18.12.2009. Una ripresa non precisata in termini di durata dal 18.12.2009 (Augmentin) e una nuova finestra di assenza terapeutica dal 5.01.2010 al 2.04.2010 (giorno in cui venne nuovamente prescritto il Tavanic)”…….. La terapia antibiotica fu instaurata tardivamente sia dal momento del trauma che dal momento dell’accesso in ospedale del 13.11.2009.  La persistenza di un ritardo di guarigione della ferita chirurgica che necessitò di ripetute medicazioni e che si protrasse fino alla visita del 2.04.2010 (data in cui fu ripresa la somministrazione di antibiotici) avrebbe dovuto insospettire i medici ben prima dei circa quattro mesi trascorsi dall’intervento in relazione alla presenza di una infezione”.

Per tali ragioni viene accolto il motivo di appello inerente il danno biologico permanente che è stato accertato nella misura del 5%.

Riguardo la perdita patrimoniale correlata al licenziamento per superamento del periodo di comporto, essa è in correlazione all’evento lesivo

Conclusivamente la Corte liquida l’importo di € 7.446,61 complessivi, a titolo di danno biologico da invalidità permanente e danno morale, e l’importo di ulteriori € 112.646,00 , a titolo di danno patrimoniale, cui la ATS viene condannata al ristoro.

Avv. Emanuela Foligno

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