Una vicenda caratterizzata da una drammatica sequenza di tragiche fatalità: la notizia della bocciatura, poi il suicidio. Cosa sarebbe accaduto se i genitori del minore fossero stati avvertiti dell’esito totalmente negativo dello scrutinio?

La vicenda

Era il 16 giugno 2005, quando un minore, iscritto al secondo anno di liceo scientifico, dopo aver appreso della bocciatura si toglieva la vita, ingerendo un liquido rivelatosi letale.

Dopo il tragico evento i genitori del ragazzo citarono in giudizio l’istituto scolastico per violazione dell’art. 16 dell’ordinanza ministeriale n. 90 del 2001 che prevede in caso di esito finale negativo degli scrutini la preventiva comunicazione alle famiglie, assumendo tale circostanza come unica causa dell’evento.

Tale norma, rubricata Pubblicazione degli scrutini” prevede cheLe istituzioni scolastiche, nella loro autonomia di valutazione, definiscono idonee modalità di comunicazione preventiva alle famiglie dell’esito negativo degli scrutini e degli esami, esclusi quelli conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”.

Lo scopo, è evidentemente quello di consentire che la notizia del mancato esito positivo dello scrutinio sia opportunamente filtrata dai genitori.

Ebbene, nel caso in esame, la corte d’appello di Palermo pur riconoscendo la dedotta infrazione della norma ministeriale da parte dell’istituto scolastico aveva escluso che si trattasse di circostanza idonea a determinare l’evento: “estremamente bassa”  – aveva affermato – è la «possibilità che un insuccesso scolastico [possa condurre] al suicidio sol perché non preannunciata alla famiglia», escludendo in tal modo il diritto al risarcimento dei danni richiesto dai genitori.

La sentenza è stata confermata in Cassazione (Terza Sezione Civile sentenza n. 18599/2019).

Nel corso del giudizio era emerso che il giovane avesse appreso della notizia della propria bocciatura soltanto al momento della pubblicazione dei risultati (i cosiddetti quadri), presso la sede della scuola ove si era recato in compagnia della propria ragazza e alla presenza di altri compagni di classe e d’istituto.

Aveva perciò dapprima parlato al telefono con la madre ma non potendola raggiungere in quanto impegnata sul lavoro, e non potendosi giovare di altro supporto immediato, decise di recarsi, di sua iniziativa, presso l’abitazione dell’insegnante che gli aveva impartito lezioni private durante l’anno scolastico.

Della imminente visita presso la sua abitazione l’insegnante era stato preavvisato dalla madre del ragazzo. Senonché, ivi giunto, non potendo essere ricevuto immediatamente dal proprio precettore, ingerì il liquido letale, contenuto in un recipiente rinvenuto sul posto.

Mancata comunicazione della bocciatura e suicidio: escluso un collegamento causale

Ebbene, la corte d’appello di Palermo, prima di passare all’esame dell’eventuale connotazione di colpa del comportamento del personale docente, preposto all’invio dell’avviso di mancato superamento dello scrutinio di fine anno, aveva proceduto ad un esame delle circostanze del caso, e segnatamente dei buoni rapporti tra il giovane e i suoi genitori e l’insussistenza (accertata) di fattori di abituale disagio o stress nella personalità dello studente, giungendo alla conclusione che fosse “estremamente bassa” la «possibilità che un insuccesso scolastico potesse condurre al suicidio sol perché non preannunciato alla famiglia».

Una motivazione che i giudici della Suprema Corte hanno inteso confermare posto che nessuna delle regole causali “di struttura” (la regolarità causale, l’aumento del rischio tipico e, nella specie, lo scopo della norma violata) avrebbero condotto alla conclusione auspicata dai genitori della vittima.

Ed invero, sul piano della causalità generale (disciplinata da regole scientifiche e/o statistiche) è stato affermato che:

  1. Non risponde a regolarità causale la condotta di uno studente che, a fronte di una bocciatura, decida tragicamente di porre fine alla sua vita;
  2. Non rientra nello scopo della norma violata l’impedire l’evento-suicidio del minore, essendo l’obbligo di avviso ai genitori sancito dall’ordinanza ministeriale volto piuttosto a consentire una più adeguata e più serena preparazione del minore stesso alla notizia della bocciatura attraverso il filtro dei propri genitori.

Parimenti sul piano della causalità specifica (della regola probatoria: probabilità relativa – più probabile che non) è stato escluso che la sequenza dei fatti “omesso avviso dell’esito scolastico” – “suicidio del minore” potesse ricondursi alla necessaria dimensione probabilistica operante nel giudizio civile.

La redazione giuridica

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