Dopo la denuncia di una malata di Sla maltrattata in una casa di cura, ben 9 tra medici, infermieri e operatori sono finiti ai domiciliari

Costretta a comunicare solo attraverso un monitor e vessata dalle stesse persone che avrebbero dovuto prendersi cura di lei. È quanto accaduto alla malata di Sla maltrattata in una casa di cura a Catanzaro, la “San Vitaliano”. La paziente è riuscita a denunciare l’accaduto attraverso delle mail, inviate attraverso le apparecchiature elettroniche a sua disposizione.
Non è un caso, infatti, che l’inchiesta – coordinata dal procuratore capo Nicola Gratteri, dall’aggiunto Vincenzo Luberto e dal pm Stefania Paparazzo – fosse stata nominata proprio “urla silenziose”. Le uniche che la donna malata di Sla maltrattata in casa di cura potesse rivolgere per salvarsi da un incubo.
I soprusi di cui è stata vittima comprendevano l’essere lasciata a fissare semplicemente la parete di fronte al proprio letto, senza neanche poter chiedere aiuto o pietà, mentre le venivano rivolti insulti e minacce dal personale della struttura “San Vitaliano”.
La casa di cura, di proprietà del Gruppo Citrigno, a Catanzaro, ha subito pesanti conseguenze. Per ordine del gip Barbara Saccà nove persone, tra cui un medico, infermieri e operatori socio sanitari sono finiti ai domiciliari. L’accusa per loro è di maltrattamenti aggravati dall’aver agito per motivi abbietti, vale a dire per dispetto o per ritorsione.
La ragione? Le “continue” richieste di assistenza da parte della paziente.
“Gli operatori sanitari – si legge nel provvedimento – hanno agito con inciviltà, mancanza del sentimento di umanità e assoluta mancanza di rispetto delle regole dello Stato e in particolare di quelle regole che guidano l’esercizio della professione sanitaria”.
A scoprire i maltrattamenti sono stati gli uomini della squadra mobile di Catanzaro, che hanno preso molto sul serio le denunce della paziente malata di Sla maltrattata nella casa di cura. Abusi particolarmente gravi quelli di cui è stata vittima la donna, peraltro senza parenti o amici, che per tirarsi fuori da questa situazione ha potuto fare affidamento sulle sue sole forze.
Le sue email disperate hanno infatti documentato le quotidiane angherie cui veniva sottoposta dal personale medico e paramedico. Quando questi ultimi ritenevano che la paziente si lamentasse troppo o a sproposito, disattivavano l’audio del comunicatore o spostavano il monitor del lettore ottico, in modo da impedirle di comunicare. Una vera e propria tortura, che consisteva anche nel privarla della connessione internet per dispetto, inibendole le uniche attività che le sono permesse: leggere, fare ricerche on line, comunicare con le poche persone che le sono rimaste all’esterno della casa di cura che, per lei, si era trasformata in una prigione.
A confermare le angherie subite dalla donna malata di Sla maltrattata sono state anche le intercettazioni ambientali degli inquirenti, che hanno permesso di documentare come “negli ultimi tre anni la signora abbia subito con riprovevole cinismo ed insensibilità, comportamenti persecutori, vessatori, a volte aggravati da rabbiosi insulti, posti in essere da parte di alcuni operatori sanitari del centro San Vitaliano”.
Una situazione dalla quale, fortunatamente, la paziente è riuscita a sottrarsi.
 
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