L’omessa effettuazione del tampone vaginale alla 35 settimana ha provocato al momento della nascita una meningite da streptococco B con lesioni cerebrali (Cassazione Civile, sez. III, 04/06/2021, n.15697)

I genitori della bambina evocavano in giudizio, davanti al Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, la Asl Caserta esponendo che in occasione della gravidanza avevano appreso che sarebbero nati due bambini, un maschio e una femmina e che i controlli del caso erano stati eseguiti presso la divisione di ostetricia e ginecologia dell’ospedale di Marcianise che faceva capo alla Asl.

Lamentavano che la Ginecologa non avrebbe fornito un’assistenza adeguata, omettendo di prescrivere all’attrice il tampone vaginale tra la 35a e 378 settimana di gestazione, in violazione dei protocolli sanitari, mancando, altresì, di informare gli attori dei benefici di tale esame e dei rischi e dei benefici del parto operatorio programmato.

Nascevano i due figli e la femmina al momento della nascita, contraeva una meningite da streptococco B, con gravissime lesioni cerebrali.

Si costituiva in giudizio la Ginecologa. deducendo che la minore aveva contratto la meningite 36 ore dopo la nascita, quando i bambini erano già stati affidati al reparto di pediatria; contestava la necessità del tampone richiesto, trattandosi di linee guida e non di protocollo vincolante e deduceva l’infondatezza della pretesa.

Il Tribunale di Santa Maria Capua Vetere, articolazione territoriale di Caserta, dichiarava la responsabilità dei convenuti, Ginecologa e ASL CE condannandoli al pagamento della somma di euro 1.797.198 per danno non patrimoniale ed euro 712.172 per danno patrimoniale per il pregiudizio subito dalla minore, oltre ad euro 635.176 per i danni subiti dalla madre ed euro 617.053 per quelli subiti dal padre.

L’Assicurazione proponeva appello contestando l’addebito di responsabilità a carico della dottoressa e della struttura sanitaria fondata su un acritico recepimento delle conclusioni del consulente tecnico.

La Corte d’Appello di Napoli, in parziale accoglimento dell’appello principale proposto da Unipol Sai Assicurazioni e degli appelli incidentali, detratto quanto già liquidato, condannava la dottoressa e l’Azienda Sanitaria al pagamento, per il danno subito dalla minore, al pagamento della somma di euro 1.417.000, oltre interessi, a titolo di danno non patrimoniale e dell’importo di euro 623.413, a titolo di risarcimento del danno patrimoniale; condannava al pagamento della somma di euro 347.053, in favore del padre e di euro 365.186, in favore della madre.

I genitori della bambina impugnano in Cassazione con 10 motivi di doglianza e formulando istanza di correzione di errore materiale.

I ricorrenti, in sintesi, lamentano l’errata applicazione delle Tabelle milanesi, l’omessa considerazione della eccezionalità del caso in questione e illegittima riduzione della percentuale di personalizzazione del danno della minore.

La Corte evidenzia che nella sentenza impugnata si rileva l’erroneità della decisione del Tribunale che avrebbe liquidato separatamente il danno biologico, personalizzato con l’aumento nella misura del 50% (a fronte di un criterio tabellare di personalizzazione del 25%) e il danno morale, senza considerare che le tabelle milanesi, già dall’anno 2011 avevano previsto una determinazione congiunta delle voci del danno non patrimoniale.

Ergo, è corretta la decisione della Corte territoriale di erroneità della sentenza del Tribunale (e ciò a prescindere dal recente orientamento di legittimità sulla separazione tra le categorie del danno biologico e danno morale, anche fini della liquidazione).

Il danno morale mantiene la sua autonomia e non è conglobabile nel danno biologico, trattandosi di sofferenza di natura del tutto interiore e non relazionale, e perciò meritevole di un compenso aggiuntivo al di là della personalizzazione prevista per gli aspetti dinamici compromessi.

Del tutto differente è la personalizzazione del danno biologico, disciplinata in via normativa (art. 138, n. 3 nuovo testo C.d.A.: “qualora la menomazione accertata incida in maniera rilevante su specifici aspetti dinamico- relazionali personali documentati e obiettivamente accertati, l’ammontare del risarcimento del danno, calcolato secondo quanto previsto dalla tabella unica nazionale (…),può essere aumentato dal giudice, con equo e motivato apprezzamento delle condizioni soggettive del danneggiato, fino al 30%”).

Viene, pertanto, ribadito che il danno morale non è suscettibile di accertamento medico-legale e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza interiore, che prescinde del tutto dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato.

Riassumendo, il Giudice di merito, nella liquidazione del danno non patrimoniale deve:

1) accertare l’esistenza, nel singolo caso di specie, di un eventuale concorso del danno dinamico-relazionale e del danno morale;

2) in caso di positivo accertamento dell’esistenza (anche) di quest’ultimo, determinare il quantum risarcitorio applicando integralmente le tabelle di Milano, che prevedevano la liquidazione di entrambe le voci di danno, ma pervenivano (almeno sino al testo del 10 marzo 2021) ad un valore monetario complessivo (costituito dalla somma aritmetica di entrambe le voci di danno);

3) nell’ipotesi di positivo accertamento dei presupposti per la cd. personalizzazione del danno, procedere all’aumento fino al 30% del valore del solo danno biologico, depurato, dalla componente morale del danno automaticamente (ma erroneamente) inserita (nelle tabelle precedenti al 2021), giusta il disposto normativo di cui al già ricordato art. 138, punto 3, del novellato codice delle assicurazioni.

La Corte d’Appello di Napoli, tenendo conto di una invalidità del 100% e delle ulteriori circostanze del caso concreto ha liquidato in favore della minore un danno non patrimoniale con la somma di euro 1.134.000 che, nella personalizzazione massima va determinata nella somma di euro 1.417.000″, oltre interessi come calcolati dal Tribunale.

La Corte d’Appello, a differenza di quanto sostenuto dai ricorrenti, ha tenuto conto delle circostanze del caso concreto e della estrema gravità della menomazione, provvedendo ad un incremento nella misura del 25% dell’importo medio.

Tale accertamento fattuale è insindacabile in sede di legittimità, ma, ad ogni modo, è inammissibile la censura riferita alla circostanza che la Corte territoriale avrebbe limitato solo al 25% la personalizzazione, senza tenere conto di ulteriori ed eccezionali circostanze.

I ricorrenti non hanno allegato che anche in sede di appello venivano ribadite le peculiari circostanze finalizzate a superare la personalizzazione operata dal Giudice di secondo grado.

Ancora una volta viene ribadito che “la “personalizzazione” del risarcimento del danno non patrimoniale, anche con riferimento alla voce di quello morale, consiste in una variazione in aumento o, almeno astrattamente, in diminuzione del “valore standard del risarcimento, per tenere conto delle specificità del caso concreto”, ossia dell'”incidenza rilevante su specifici aspetti dinamico-relazionali” afferenti alla persona del danneggiato. La personalizzazione del danno deve mettere in evidenza le circostanze eccezionali e specifiche che caratterizzano il caso concreto, così che la valutazione dello stesso tenga conto non solo del danno che astrattamente ci si attende quale conseguenza di un dato evento lesivo, bensì anche del particolare nocumento che la persona del danneggiato concretamente può soffrire. Pertanto, non può essere accordata alcuna personalizzazione del danno con conseguente aumento (o diminuzione) del valore tabellare di ristoro se non ove questa guardi esclusivamente alle specificità del caso concreto. I pregiudizi individuabili, secondo l’id quod plerumque accidit, in capo alle vittime del medesimo evento lesivo si devono ritenere risarciti all’interno della collocazione tabellare del danno”.

E’ del tutto corretto, quindi, che l’appello abbia censurato la decisione di primo grado che fondava la personalizzazione su circostanze fattuali assimilabili alle conseguenze normali e più comuni derivanti dall’evento lesivo.

La valutazione della personalizzazione deve essere rapportata alla concreta natura e gravità delle menomazioni. In questi termini una invalidità tabellare del 100% si riferisce, di per sè e fisiologicamente, ad un quadro gravissimo, di estrema sofferenza e totale limitazione funzionale, rispetto al quale la irripetibile singolarità dell’esperienza di vita soggettiva della danneggiata avrebbe dovuto rappresentare altro rispetto ad un siffatto gravissimo quadro.

Per quanto riguarda il danno riflesso patito dai genitori, in primo grado veniva ritenuto inadeguato il parametro tabellare previsto per il risarcimento del pregiudizio subito dai genitori per l’ipotesi di morte del minore, poichè quest’ultimo, rappresentato da un dolore immenso, sarebbe comunque diluibile nel tempo, mentre quello in oggetto si prolungherebbe in modo logorante nel tempo, confrontandosi continuamente con le sofferenze della minore.

Per tale ragione il primo Giudice liquidava in favore della madre e del padre, rispettivamente, l’importo di euro 635.186 e di euro 617.053.

La revisione di tali importi effettuata dalla Corte d’Appello non è corretta sia perchè la giurisprudenza di legittimità e la dottrina hanno affermato che quelle tabelle non costituiscono un “mantra incontestabile”, ma solo un punto di riferimento, sia perchè la sovrapposizione tra il danno da perdita del rapporto parentale da morte del congiunto e la grave lesione del rapporto parentale per il caso di congiunto macroleso, è stata sottoposta a critica e le Tabelle di Milano sono indirizzate verso un range di personalizzazione della liquidazione del danno riferibile ad ogni prossimo congiunto.

L’applicazione rigida di quelle tabelle significherebbe violazione del principio di eguaglianza, che impone di trattare diversamente situazioni differenti e nello stesso modo situazioni simili.

Gli appelli incidentali delle Assicurazioni e della dottoressa vengono tutti integralmente rigettati per inammissibilità e/o infondatezza.

La Suprema Corte accoglie parzialmente il ricorso principale dei genitori della minore, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, liquida le spese di primo grado nella misura di Euro 39.200 per compensi, oltre spese forfettarie nella misura del 15%, Iva e Cpa ed euro 1135 per spese vive, con distrazione in favore dell’avvocato Giuseppe Fava; rigetta i restanti motivi del ricorso principale e i ricorsi incidentali e compensa integralmente tre tra le parti le spese del giudizio di legittimità.

Avv. Emanuela Foligno

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