La Cassazione si è pronunciata sull’esistenza di un diritto del nascituro, in caso di nascita indesiderata determinata da una mancata diagnosi,  a pretendere il risarcimento del danno in caso infermità

Può esistere un diritto a non nascere? La giurisprudenza di legittimità in materia di nascita indesiderata è copiosa; con la sentenza n. 25767/2015, tuttavia, le Sezioni Unite della Suprema Corte si sono soffermate su un aspetto particolare: il diritto del concepito  a pretendere il risarcimento dei danni in caso di infermità, qualora sia stato messo al mondo in violazione del diritto all’autodeterminazione della madre.

Gli Ermellini si sono pronunciati, in particolare, sulla controversia tra la Asl di Lucca e i genitori di una bambina affetta da sindrome di down. La coppia lamentava la mancata diagnosi, da parte dei medici del reparto di ginecologia e del laboratorio analisi, della patologia da cui era affetto il feto. Di qui la richiesta di risarcimento a favore della madre, per non averle consentito di interrompere la gravidanza; ma anche a favore della figlia, per averle negato il diritto ad un’esistenza sana e dignitosa.

Il ricorso alla Cassazione era avvenuto dopo che la pretesa risarcitoria era stata respinta in sede di appello.

Il Giudice a quo aveva ritenuto che il risarcimento in questione non discende automaticamente dall’inadempimento dell’obbligo di esatta informazione su possibili malformazioni del nascituro. E’ necessario, invece, dimostrare la sussistenza, nel caso concreto, delle condizioni previste dalla legge per ricorrere all’interruzione della gravidanza; inoltre, occorre accertare che la madre, in presenza di tali condizioni, avrebbe deciso di abortire.

La Corte territoriale non ha poi riconosciuto l’esistenza di una legittimazione attiva in capo alla figlia minore, sulla base della prospettazione di un diritto a non nascere; diritto che peraltro,  è privo di riconoscimento giuridico; così come non ha riconosciuto l’ammissibilità del cosiddetto aborto eugenetico, in assenza di alcun pericolo per la salute della madre, una volta esclusa ogni responsabilità del medico nella causazione della malformazione del feto.

I genitori, nel ricorrere per cassazione fondavano il loro ricorso su due motivazioni: l’illegittimità dell’aver fatto ricadere sulla gestante l’onere della prova del grave pericolo per la sua salute fisica o psichica dipendente dalle malformazioni del nascituro; l’illegittimità della negazione alla figlia minore del diritto a un’esistenza sana e dignitosa.

Per approfondire l’argomento e i termini della Suprema Corte sul caso leggere l’articolo “Può esistere un diritto a non nascere?” dell’avv. Sabrina Caporale

 

 

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