L’infermiere che non avverte il medico dell’aggravarsi delle condizioni del paziente è responsabile penalmente in caso di decesso dell’assistito

L’infermiere che, pur rendendosi conto dell’aggravarsi delle condizioni di un paziente, non avverte il medico tempestivamente, è responsabile penalmente qualora il paziente muoia. Lo ha stabilito Corte di Cassazione, IV sezione penale, con la sentenza n. 5/2018.

Gli Ermellini, nello specifico, hanno chiarito che l’infermiere svolge un compito cautelare essenziale nella salvaguardia della salute del paziente. Egli è “onerato di vigilare sul decorso post operatorio”, proprio per consentire, ove necessario, l’intervento del medico.

Pertanto all’infermiere è riconducibile una specifica posizione di garanzia nei confronti del paziente, del tutto autonoma rispetto a quella del medico.

La Suprema Corte si è pronunciata nello specifico sul ricorso presentato da un infermiere contro la sentenza della Corte di Appello.

I Giudici di secondo grado avevano riconosciuto la responsabilità dell’operatore sanitario per il decesso di un paziente che, a seguito di un intervento, aveva accusato una crisi ipotensiva. L’infermiere, nello specifico, si era accorto di tale peggioramento, ma non aveva avvertito il medico.

I Giudici del Palazzaccio hanno quindi rilevato quanto già stabilito nella sentenza di merito, ovvero che l’omissione dell’infermiere aveva impedito l’intervento del medico dell’interdivisione. Questi avrebbe potuto prendere le misure necessarie per scongiurare il decesso del paziente.

La Cassazione è concorde nel ritenere tale imprudenza un “errore clamoroso” costato la vita al paziente.

Secondo gli Ermellini, una volta accertata la legittimità e la coerenza logica della sentenza impugnata, il ricorso deve ritenersi quindi inammissibile. Questo, infatti, pone questioni che sfuggono al sindacato di legittimità.

Il ricorrente deve pertanto essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché al pagamento a favore della cassa delle ammende di una somma pari a 2.000 euro. A tali cifre si aggiunge la refusione delle spese sostenute dalle costituite parti civili.

 

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