Il ritardo nel deposito della perizia da parte del ctu integra la omissione d’atti d’ufficio.

Ad affermarlo è la recente sentenza n. 26589/16 della Corte di Cassazione, Quarta Sezione Penale, chiamata a pronunciarsi su una condanna di un consulente nel giudizio di merito.

Il ctu in questione, con la sentenza resa in data 12 luglio 2012 era stato ritenuto colpevole dalla Corte di Appello di Catania per il reato cui all’art. 328 c.p. (omissione d’atti d’ufficio), e, quindi, alla pena di quattro mesi di reclusione.

La corte territoriale aveva emesso sentenza di condanna a causa della omessa consegna della consulenza tecnica contabile entro il termine concesso dal giudice.

La difesa dell’imputato aveva però eccepito l’assenza di volontarietà e consapevolezza della posticipazione della consegna, sostenendo che il ritardo fosse da addurre a difficoltà insite nella pratica, oltre che al ritardo nel reperire la documentazione bancaria richiesta.

Sosteneva, inoltre, che il ritardo era stato determinato anche da un proprio errore nell’annotazione della data dell’udienza.

La suesposta strategia difensiva tuttavia non riesce a fare breccia presso gli Ermellini, i quali confermano la correttezza dell’operato della Corte di Appello, pur anche se, nelle more del giudizio di legittimità, era intervenuta la prescrizione.

Nel caso di specie, ripercorso dalla Suprema Corte, il consulente tecnico aveva ricevuto l’incarico il 9 dicembre dell’anno 2005; il tempo di consegna era fissato nei 120 giorni seguenti.

Tuttavia, al trascorrere di tale termine, aveva chiesto un proroga di 90 giorni, ottenendo però soltanto una proroga di 30 giorni.

Ma si sono verificate ben due udienze, (una tenutasi il 22 novembre 2006, l’altra il 19 gennaio 2007) che hanno subìto un rinvio, appunto, per la mancata consegna della relazione scritta riguardante l’incarico affidatogli.

Pertanto, il Giudice Istruttore aveva segnalato siffatta condotta, oltre che al presidente del Tribunale ed alla Procura della Repubblica, anche al Consiglio dell’Ordine dei dottori commercialisti.

Per questi motivi, la Corte di Cassazione ha affermato che non si tratta affatto di una “non grave negligenza”, ma di una evidente ipotesi di cui all’articolo 328 del codice penale, caratterizzata da una conoscenza del rifiuto posto in essere in relazione ad atti che dovevano essere adottati senza ritardo.

E’ poi emerso che il ctu successivamente nominato in sostituzione dell’imputato non aveva rappresentato alcuna difficoltà a svolgere la perizia, depositando la relazione nel termine stabilito.

Alla luce di quanto sopra, la violazione dei termini, sostiene la Suprema Corte, ha carattere volontario.

Tuttavia, al di là di queste affermazioni di diritto, nel caso di specie non è stata applicata alcuna condanna in capo al consulente tecnico d’ufficio, in quanto il reato contestato e attribuito si è nel frattempo prescritto.

La decisione in questione, pur se si riferisce a principi ormai consolidati, ci ricorda, tra le altre, due cose fondamentali, che possono costituire un valido avvertimento a tutti coloro che varcano quotidianamente le soglie delle aule giudiziarie, ai consulenti tecnici in particolare. La prima è che il Ctu, non deve mai incorrere nel delirio di onnipotenza che lo porti a sentirsi il deus ex machina della decisione, ma piuttosto ricordarsi che è un ausiliario del Giudice, ed in quanto indipendente dalle parti è gravato dall’onere di sentirsi e comportarsi in maniera responsabile ed equilibrata.

Un ausiliario, per definizione dovrebbe essere “colui che aiuta” il Giudice nella propria attività giurisdizionale.

E, allora, quale aiuto potrebbe mai fornire un consulente tecnico che si rende responsabile di aver causato molteplici rinvii dell’udienza, rallentando così la già pachidermica macchina giudiziaria italiana?

Senza considerare che, nelle more dell’accertamento tecnico disposto dal giudice, l’aspetto clinico della persona da visitare o del bene da ispezionare potrebbero subire rilevanti modifiche, con conseguente ulteriore danno.

E, per quale motivo, dovrebbe essere giustificabile il ritardo di chi, accanto alla propria attività professionale principale, sia essa tecnica, medica o scientifica di qualsivoglia tipo, ritenendo di avere tempo, capacità ed energia si iscrive volontariamente quale ctu presso un Tribunale circondariale, mettendo le sue risorse a disposizione della giustizia?

In sostanza, perché dovremmo giustificare un ctu che svolge la sua attività con ottima remunerazione a carico delle parti, ed ottiene in maniera del tutto privilegiata, un decreto di liquidazione immediatamente esecutivo, spesso a “semplice richiesta”, da parte del Giudice?

Neppure possiamo ignorare che il ctu riveste la qualifica di pubblico ufficiale in quanto esercita le funzioni di cui all’art. 357 c.p., e precisamente una pubblica funzione giudiziaria.

Pertanto, Ubi commoda, ibi incommoda, ossia chi trae vantaggio da una situazione, deve assumersi anche le consequenziali responsabilità.

Venendo poi ad un detto popolare: ad assumere l’incarico di ctu “non è che glielo ha ordinato il medico !”

L’altra questione è che neppure il ctu risulta scevro dall’obbligo di comportarsi secondo i canoni di correttezza processuale, e, comunque in maniera tale da non ledere i diritti delle parti, garantendo sempre il contraddittorio, senza dimenticare che il processo è actus trium personarum, anche quando si esplica attraverso fasi processuali tecniche, quali appunto l’espletamento della ctu, per cui il tecnico d’ufficio assume anche il ruolo di garante del contraddittorio.

Non è un caso infatti che ancora oggi il codice conservi la fase del giuramento quale atto prodromico all’assunzione ed all’espletamento dell’incarico.

Inoltre, i codici di deontologia professionale non devono essere disattesi mai, ed in special modo quando si esercita un incarico di consulenza.

Al riguardo il codice di deontologia medica è particolarmente illuminante, in quanto all’art. 64, non facendo alcuna distinzione tra consulenti tecnici di ufficio, periti e consulenti tecnici di parte, prescrive al medico di essere consapevole delle proprie responsabilità penali, l’obbligo di soddisfare le esigenze di giustizia attinenti al caso specifico, il rigore della verità scientifica, il rispetto dei diritti della persona e l’osservanza del codice deontologico.

Laddove un ctu medico consegni in ritardo la propria relazione medico legale, chiaramente, la propria condotta va ad incidere su tutte le norme sopra enunciate.

Naturalmente quanto sinora esposto non deve far pensare che il termine assegnato al ctu sia rigido ed immodificabile, in quanto come è noto nella prassi capita spesso che il consulente chieda una proroga del termine.

Neppure dobbiamo pensare che qualsiasi violazione del termine, senza una previa richiesta di proroga faccia incorrere automaticamente nel reato di omissioni di atti di ufficio ex art. 328 c.p.

Mi torna in mente sul punto un caso capitatomi alcuni anni fa, in cui, il ctu nominato, sforò (e non di poco) il termine concesso dal giudice per il deposito di una relazione medico-legale in un contenzioso inerente la responsabilità professionale di un noto chirurgo.

In quel caso, il ritardo fu quanto mai giustificato dalla difficoltà nel reperire i fascicoli tra le macerie del proprio studio medico, distrutto dal terremoto dell’Aquila, ed ovviamente non è neppure astrattamente ipotizzabile trattandosi di forza maggiore paventare una responsabilità di qualsivoglia tipo nei confronti del ctu che ha tirato su con le proprie mani fascicoli sporchi di calcinacci.

Mentre, nel caso esaminato dalla Suprema Corte, la condanna inflitta dalla Corte di Appello è stata ritenuta oltremodo corretta, poiché, a giudizio degli Ermellini, causare ben due rinvii per omesso deposito della relazione non può rappresentare una mera svista o dimenticanza e va ben oltre la colpa o la negligenza, in quanto costituisce un volontario disinteresse per l’incarico ottenuto dal Giudice, che ha dato luogo a danni non solo nei confronti delle parti, ma anche verso la Giustizia.

Un auspicio da parte di chi incontra quotidianamente il mondo giudiziario nella sua realtà e nelle sue contraddizioni, è che vengano istituiti presto corsi speciali obbligatori per i ctu, volti ad approfondire aspetti procedurali, deontologici e di diritto penale.

E’ oggi indispensabile che il ctu abbia un grado di alfabetizzazione informatica molto elevato, poiché solo così potrà dare supporto ad un processo ove la parte telematica diverrà preponderante, in modo tale da assicurare tempi “umani” e non biblici nella giustizia italiana, quella civile in particolar modo.

Non sarebbe poi male che si individuassero legislativamente in maniera specifica requisiti oggettivi per l’iscrizione all’albo dei ctu, e magari si istituissero dei corsi rivolti alla magistratura che diano criteri ed insegnino “come scegliere il ctu”.

Oggi nessuno può negare che la nomina ha carattere essenzialmente burocratico, in quanto contiene un mero esame di titoli formali, quali iscrizione all’albo professionale o eventuale attività accademica.

Ciò dà luogo spesso a gravi aberrazioni a danno del cittadino, che vedrà dipendere la propria decisione dalla relazione di un consulente tecnico inappropriato al caso.

Mi sovviene un episodio accaduto alcuni anni fa presso il Tribunale di una importante città italiana: per un accertamento tecnico inerente la struttura di un grattacielo, il Giudice istruttore nominò quale ctu un geometra che aveva alle spalle solo esperienza in materia di accatastamenti di garages!

Ma forse è meglio che mi fermi qui.

Avv. Francesco Abbate
(foro di Latina)

LEGGI ANCHE  “FINALMENTE UN GIUDICE CHE FA GIUSTIZIA CONTRO LA NEGLIGENZA DEL CTU”

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui