Psicologo a scuola senza consenso dei genitori? Con la sentenza n. 40291/17 la Corte di Cassazione afferma che si tratta di violenza privata

La Corte di Cassazione ha annullato il proscioglimento di due dirigenti scolastici una psicologa e due insegnanti, accusati dai genitori di un bambino di aver compiuto una psicoterapia senza il previo consenso dei genitori.
Con la sentenza n. 40291/17 la Corte di Cassazione ha annullato la pronuncia di “non luogo a procedere” con cui il Gip di Arezzo aveva prosciolto due dirigenti scolastici una psicologa e due insegnanti.
Il caso su cui è stata chiamata a decidere la Corte riguarda una scuola elementare, in cui due insegnanti avevano chiesto e ottenuto dal dirigente scolastico la presenza di una psicologa durante le ore di lezione, a cui era affidato l’incarico di esaminare il comportamento degli alunni.
La dottoressa in questione era stata presentata alla classe come un’altra insegnante, e della sua presenza e soprattutto del ruolo assegnatole non era stata fornita alcuna informazione ai genitori degli studenti.
Della qual cosa infatti, due genitori ne sono venuti a conoscenza casualmente, durante un ordinario colloquio genitori –insegnanti.
Appreso quindi della presenza della professionista in classe sotto “mentite spoglie”, e del suo operato che avrebbe portato a stilare delle relazioni nelle quali si individuavano dei problemi comportamentali di un bambino in particolare, i due genitori hanno deciso di sporgere denuncia presso la Procura per aver sottoposto gli alunni ad un trattamento sanitario senza il previo consenso dei genitori, integrando così il reato di “violenza privata” ex art. 610 c.p..
Ma il Gip di Arezzo ha emesso, a seguito della denuncia, sentenza di “non luogo a procedere”.

La sentenza della Corte di Cassazione

Sicché i genitori hanno proposto ricorso per Cassazione, la quale ne ha accolto le motivazioni sostenendo che “la violenza ex art. 610 c.p. può essere posta con qualsiasi mezzo idoneo a privare il soggetto passivo della possibilità di determinarsi ed agire secondo la propria volontà, anche sotto forma di violenza impropria”.
La Corte aggiunge che l’attività svolta dalla psicologa potrebbe essere una “ invasione delle sfere personali degli alunni” qualora si sia trattato di una vera e propria psicoterapia praticata sugli studenti inconsapevoli, invece che , come sostiene la difesa, di un semplice supporto alle docenti al fine di suggerire l’approccio didattico più adeguato.
Per stabilire in quale delle due ipotesi rientri quindi l’operato della psicologa, la Corte ha cassato con rinvio , rimandando all’organo giudicante l’accertamento delle eventuali responsabilità.
Quella in questione è una sentenza piuttosto rilevante perché attiene al delicato campo della patria potestà, della libera determinazione del singolo riguardo ai trattamenti sanitari e alla pedagogia in ambito scolastico.

Avv. Annalisa Bruno
(Foro di Roma)

 
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