Rigorosa prova del danno morale in ambito di sinistro stradale con lesioni micropermanenti (Cass. Civ. sez. III, 3 marzo 2023, n. 6444).

Sinistro stradale con lesioni di lieve entità e rigorosa prova del danno morale.

La massima della decisione della Cassazione: “La possibilità di invocare il valore percentuale del danno biologico, alla stregua di un elemento presuntivo suscettibile di (concorrere a) legittimare, in termini inferenziali, l’eventuale riconoscimento di un coesistente danno morale, deve ritenersi tanto più limitata quanto più ridotta, in termini quantitativi, si sia manifestata l’entità dell’invalidità riscontrata, attesa la ragionevole idoneità di fatti lesivi di modesta entità ad assorbire, secondo un criterio di normalità, e sempre salva la prova contraria, tutte le conseguenze riscontrabili sul piano psicologico, ivi comprese quelle misurabili sul terreno del c.d. danno morale.”

Il conducente di un motociclo, rimasto coinvolto in un sinistro stradale, conveniva in giudizio dinnanzi al Giudice di Pace la proprietaria del veicolo antagonista e l’impresa designata per il FGVS, onde ottenere il risarcimento dei danni. Il Giudice di Pace accoglieva la domanda limitatamente al danno biologico temporaneo e permanente, quest’ultimo riconosciuto dal CTU nella misura 4%, e respingeva la richiesta del danno morale per mancanza di elementi dimostrativi idonei a comprovarne l’effettiva sussistenza.

La decisione veniva impugnata e il Tribunale, in funzione di Giudice di appello, rigettava il gravame confermando la decisione del Giudice di Pace.

La vicenda approda in Cassazione ove il motociclista censura il mancato riconoscimento del danno morale, che a suo dire, poteva essere dedotto presuntivamente dalla sussistenza del danno biologico permanente accertato in giudizio dalla CTU.

Gli Ermellini rammentano che in tema di risarcimento del danno non patrimoniale conseguente alla lesione di interessi costituzionalmente protetti, il Giudice di merito deve rigorosamente valutare sia l’aspetto interiore del danno (c.d. danno morale), sia il suo impatto modificativo in peius sulla vita quotidiana.

Difatti, l’oggetto dell’accertamento e della quantificazione del danno risarcibile – alla luce dell’insegnamento della Corte Costituzionale (sentenza n. 235/2014) e dell’intervento del Legislatore (artt. 138 e 139 del Codice delle Assicurazioni, come modificati dalla legge annuale per il Mercato e la Concorrenza del 4/8/2017 n. 124) – è la sofferenza umana conseguente alla lesione del diritto costituzionalmente protetto, la quale, nella sua realtà naturalistica, si può connotare in concreto di entrambi tali aspetti essenziali, costituenti danni diversi e, perciò, autonomamente risarcibili, ma solo se provati caso per caso con tutti i mezzi di prova normativamente previsti (Cass. Civ., Sez. III, sentenza 17/1/2018, n. 901).

Con particolare riferimento all’uso delle presunzioni in materia di danno morale, la Suprema Corte evidenzia la necessità di sottrarsi ad ogni prassi di automatismo nel riconoscimento del danno in parola, in corrispondenza al contestuale riscontro di un danno biologico, attesa l’esigenza di evitare duplicazioni risarcitorie destinate a tradursi in un’ingiusta locupletazione del danneggiato.

Nel caso esaminato, il danneggiato non ha fornito la rigorosa prova dei fatti idonei a supportare, sul piano rappresentativo, la prospettata sofferenza di conseguenze dell’illecito rilevabili sul piano del proprio equilibrio affettivo-emotivo.

Pertanto, affermano gli Ermellini “pur quando rimanga aperta per il danneggiato la possibilità di dimostrare l’eventuale compresenza di conseguenze dannose contestualmente avvertibili, in ipotesi, su entrambi i piani del danno biologico e del danno morale (ossia di “diverse” conseguenze dannose concretamente “coesistenti” e correttamente collocabili sui due diversi piani), rimane, comunque, ferma la necessità che il danneggiato abbia a fornire la prova rigorosa, tanto della specifica “diversità” di tali conseguenze, onde evitare duplicazioni risarcitorie, quanto dell’effettiva “compresenza” di “entrambe ”le serie consequenziali dedotte.”

In altri termini, al riconoscimento di danni biologici di lieve entità, corrisponderà un maggiore rigore nell’allegazione e nella prova delle conseguenze dannose concretamente rivendicate, dovendo ritenere “normalmente” assorbite, nel riscontrato danno biologico di lieve entità (e salva la rigorosa prova contraria), anche le conseguenze astrattamente considerabili sul piano del c.d. danno morale.

Il Tribunale ha espressamente motivato il diniego della posta risarcitoria di cui si discute, sottolineando la mancata rigorosa prova da parte del ricorrente, di elementi, o di allegazioni  di circostanze o fatti diversi da quelli già considerati nella valutazione del danno biologico accertato.

Non possono essere valorizzate, ai fini liquidatori, circostanze genericamente e astrattamente riferite alla “sofferenza” e ai “patimenti d’animo” derivanti dal sinistro, ritenuti dal danneggiato di entità tale da superare i limiti della soglia minima di tollerabilità imposta dai doveri di solidarietà sociale.

Il ricorso viene rigettato.

Avv. Emanuela Foligno

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