Status di vittima del dovere del Maresciallo intervenuto nel sinistro stradale (Cass. civ., sez. lav., 8 marzo 2023, n. 6881).

Vittima del dovere invocata dal Carabiniere che, intervenuto sul luogo di un sinistro stradale, viene aggredito e ferito da un ladro.

In riforma della pronuncia di primo grado, la Corte d’appello di Genova riconosceva lo status di vittima del dovere al maresciallo dei Carabinieri in ragione dell’invalidità conseguente a una subita aggressione. In particolare, il danneggiato era intervenuto sul luogo di un sinistro stradale (che vedeva coinvolto un cavallo e un autoveicolo), quando, notava un individuo nascosto dietro i cespugli (rivelatosi poi il ladro del cavallo), gli si avvicinava, e costui, uscito allo scoperto, cercava di disarmarlo e lo colpiva alla testa con una pietra.

Secondo la Corte d’Appello il caso rientrava nella fattispecie della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 563, lett. a) in quanto il Maresciallo subiva un’invalidità permanente in conseguenza di un evento verificatosi nel contrasto alla criminalità. Avverso la sentenza ricorre il Ministero dell’Interno per un motivo.

Il Ministero deduce violazione e/o falsa applicazione della L. n. 266 del 2005, art. 1, commi 563 e 564,  per avere la Corte territoriale applicato erroneamente l’art. 1, comma 563, senza considerare che la lesione era avvenuta nell’ambito di una missione che non aveva ad oggetto il contrasto alla criminalità, ma l’accertamento di un sinistro stradale. Secondo il Ministero, la Corte di appello avrebbe dovuto indagare la sussistenza degli elementi della fattispecie di cui all’art. 1, comma 564, che contempla la lesione subita in esecuzione di una missione.

La censura non è fondata.

Ai sensi del D.P.R. n. 243 del 2006, art. 1, comma 1, lett. b), attuativo della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 565, per missioni si intendono quelle “autorizzate dall’autorità gerarchicamente o funzionalmente sopraordinata al dipendente”.

Il motivo di ricorso suppone che l’attività di rilievo delle modalità del sinistro stradale fosse una missione, nonostante la nozione di missione richieda l’accertamento di una circostanza di fatto – l’autorizzazione da parte della autorità gerarchicamente sopraordinata – che non emerge dalla sentenza.

In assenza del presupposto di fatto necessario ad integrare la “missione” e quindi la fattispecie della L. n. 266 del 2005, art. 1, comma 564, la Corte di appello ha correttamente applicato la diversa fattispecie del comma 563, lett. a), che ricorre quando l’evento dannoso si sia verificato nel contrasto ad ogni tipo di criminalità, senza che sia richiesto un rischio specifico ulteriore a quello insito nelle ordinarie attività istituzionali, necessario, invece, per le ipotesi previste dal successivo comma 564, ove è necessaria l’esistenza o il sopravvenire di circostanze o eventi straordinari.

Nello specifico, difatti, l’intervento del Maresciallo è stato considerato attività di contrasto della criminalità in quanto volta a fronteggiare il ladro del cavallo, poi denunciato per resistenza a pubblico ufficiale e lesioni, cercando di impedirne la fuga.

La qualificazione giuridica è corretta, e prescinde dal fatto che l’intervento sia stato posto in essere a seguito di un sinistro stradale.

Conclusivamente il ricorso del Ministero viene respinto.

Avv. Emanuela Foligno

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