Ammissibilità di prove nuove anche in sede di reclamo (Cass. civ., sez. lav., 10 gennaio 2023, n. 401).

Ammissibilità di prove nuove in caso di impugnativa di licenziamento.

La Corte di Cassazione torna a pronunziarsi sul tema della ammissibilità di prove nuove indispensabili.

La Corte di Appello di Roma  ha respinto il reclamo – proposto nell’ambito di un procedimento ex lege n. 92 del 2012 – da S.C. nei confronti del datore di lavoro avverso la sentenza di primo grado che aveva respinto l’opposizione del lavoratore all’ordinanza con cui era stato dichiarato inammissibile, per intervenuta decadenza, il ricorso per l’impugnativa di licenziamento intimato in data 31 ottobre 2014.

La Corte romana, in sintesi, ha confermato la sentenza di primo grado “nella parte in cui ha ritenuto la mancata prova della avvenuta consegna al Datore della raccomandata relativa alla richiesta di tentativo di conciliazione, con la esclusione del differimento del termine utile per il deposito del ricorso e con la conseguente decadenza l. n. 604 del 1966 ex art. 6 comma 2”.

Sul punto ha argomentato che “ in ordine al deposito, avvenuto solo in sede di reclamo, del modulo di ricevuta di consegna completo anche per la parte che attesta l’avvenuta ricezione (in data 16 giugno 2015) della raccomandata del 15 giugno 2015, va ritenuta l’inammissibilità della produzione, in applicazione del principio sancito dalla sentenza delle Sezioni Unite 20.4.2005 n. 8202, applicabile anche al giudizio di reclamo che riveste carattere impugnatorio, in assenza di qualunque deduzione nell’atto di reclamo di ragioni che giustifichino il tardivo deposito del documento ed atteso che le censure si basano esclusivamente sulla rituale produzione della ricevuta di consegna nel precedente grado di giudizio”; ha respinto l’impugnazione del lavoratore.

Con l’unico motivo del ricorso in Cassazione il lavoratore deduce che la disposizione di legge conosce due ipotesi alternative di deroga al divieto di ammissione di nuovi documenti: l’una che consente al collegio di acquisirli, anche d’ufficio, ove “li ritenga indispensabili ai fini della decisione”; l’altra ove “la parte dimostri di non aver potuto proporli in primo grado per causa ad essa non imputabile”.

La censura è fondata.

Le SS.UU. 10790/2017 hanno affermato il principio di diritto che ritiene “prova nuova indispensabile quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado”.

La Corte territoriale ha quindi erroneamente ritenuto inammissibile la produzione in sede di reclamo, senza motivare sulla indispensabilità di tale documento ai fini decisionali. Ha errato laddove ha ritenuto la “inammissibilità della produzione”, avvenuta in sede di reclamo, dell’altro lato della ricevuta attestante la consegna della raccomandata, sul presupposto della decadenza consumata in primo grado e argomentando sulla mancanza di giustificazioni circa il tardivo deposito, senza in alcun modo motivare sulla “indispensabilità” del documento ai fini della decisione della causa; anzi, implicitamente ritenendolo essenziale per risolvere la lite, tanto da rigettare l’impugnazione confermando la sentenza di primo grado proprio sulla “mancata prova della avvenuta consegna al Datore della raccomandata relativa alla richiesta del tentativo di conciliazione”.

Per tali ragioni il ricorso del lavoratore viene accolto, con cassazione della sentenza impugnata e rinvio per l’applicazione del seguente principio di diritto:

“Prova nuova indispensabile, anche ai sensi del L. n. 92 del 2012, art. 1, comma 59, è quella di per sé idonea ad eliminare ogni possibile incertezza circa la ricostruzione fattuale accolta dalla pronuncia gravata, smentendola o confermandola senza lasciare margini di dubbio oppure provando quel che era rimasto non dimostrato o non sufficientemente dimostrato, a prescindere dal rilievo che la parte interessata sia incorsa, per propria negligenza o per altra causa, nelle preclusioni istruttorie del primo grado”.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

Nuovo procedimento semplificato: il diktat del Tribunale di Milano

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui