La Cassazione ha ribadito che la funzione dell’assegno non è più quella di realizzare un tendenziale rispristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi nel corso del matrimonio, ma piuttosto di consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto, di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare

La vicenda

La ricorrente aveva appellato la decisione del Tribunale di Padova con la quale era stata respinta la sua domanda di addebito della separazione all’ex coniuge e di imposizione di un assegno di mantenimento di 400 euro mensili.

La corte d’appello, in parziale riforma della sentenza di primo grado, dichiarava il marito tenuto al versamento in suo favore, della somma di 170 euro mensili a titolo di contributo al mantenimento.

Al riguardo, la corte distrettuale aveva tenuto conto della relativa differenza di capacità reddituale, della breve durata del matrimonio e della convivenza, della inesistenza di una condizione di agiatezza ed anzi, della difficile situazione economica in cui versava la donna dopo la separazione, che la costringeva a vivere con i propri genitori.

Ebbene, quest’ultima impugnava ancora una volta la sentenza di merito, per violazione delle norme che disciplinano il versamento del contributo di mantenimento in favore del coniuge richiedente.

Ma il motivo non è stato accolto.

I giudici della Sesta Sezione Civile della Cassazione (sentenza n. 16405/2019) hanno rilevato come la corte d’appello avesse correttamente valutato la differenza reddituale all’anno 2014, epoca della separazione e avesse ritenuto, sulla base anche degli altri elementi menzionati, ed in particolare, della breve durata del matrimonio, di contenere l’ammontare dell’assegno nella misura indicata.

La decisione di non acquisire anche la documentazione relativa alle annualità successive all’anno 2014 non aveva escluso la considerazione della differenza reddituale verificatasi nel corso della separazione, differenza che la Corte distrettuale, con una valutazione di merito non soggetta a sindacato di legittimità, non aveva ritenuto idonea a modificare la determinazione dell’assegno.

La funzione dell’assegno – ricordano gli Ermellini – “non è più neanche dopo la sentenza delle Sezioni Unite n. 18287 dell’11 luglio 2018, quella di realizzare un tendenziale rispristino del tenore di vita goduto da entrambi i coniugi nel corso del matrimonio, ma invece, quello di assicurare un contributo volto a consentire al coniuge richiedente il raggiungimento in concreto di un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella realizzazione della vita familiare”.

La redazione giuridica

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