L’addebito della separazione è riconosciuto in capo al coniuge che ha denunciato la realizzazione di fatti gravi in capo all’altro coniuge, pur consapevole della loro insussistenza

Il Tribunale di Bologna aveva dichiarato la separazione dei coniugi respingendo le reciproche domande di addebito e, disponendo l’affido condiviso dei due figli e la loro residenza presso la madre, con obbligo per il padre di versare un assegno mensile di 600 euro, quale contributo per il loro mantenimento oltre al 50% delle spese mediche non mutuabili, scolastiche, ricreative, sportive e straordinarie.

La Corte di appello di Bologna aveva, poi, parzialmente riformato la decisione di primo grado addebitando all’ex moglie la separazione e disponendo un regime di coabitazione alternato dei figli presso i genitori.

Nella specie, la Corte distrettuale aveva ritenuto decisivo ai fini della rottura del legame di fiducia e affettività fra i coniugi il grave episodio della denuncia da parte della moglie di abusi sessuali commessi dal marito nei confronti della figlia, nonostante ella fosse consapevole della insussistenza di tali fatti e delle conseguenze che il marito avrebbe subito in dipendenza della denuncia. Quanto al mutamento del regime di convivenza dei figli con i genitori la Corte di appello si era basata sulla indicazione della C.T.U. e sull’esigenza di riequilibrio del rapporto fra i genitori e fra questi e i figli.

Il ricorso per Cassazione

Contro tale sentenza la donna ha ricorso per Cassazione lamentando la violazione di legge e il vizio di motivazione in ordine alla pronuncia di addebito della separazione a suo carico.

Ma il Supremo Collegio (Sesta Sezione Civile, sentenza n. 20374/2018) ha rigettato il ricorso perché inammissibile. Invero, la Corte di appello aveva espresso una articolata motivazione sull’incidenza causale della denuncia della donna sulla rottura del legame matrimoniale e sulla perturbazione della relazione del marito con i figli.

Per i giudici dell’appello, la denuncia sporta dolosamente dalla moglie nei confronti del marito, aveva costituito un vulnus non sanabile nella relazione matrimoniale, come aveva dimostrato la successiva crisi e la definitiva rottura del rapporto.

La decisione

In altre parole, a giudizio della Corte distrettuale, l’efficacia causale fra comportamento contrario ai doveri matrimoniali e rottura dell’affectio coniugalis si era interamente e irreversibilmente prodotta con il grave comportamento posto in atto dalla ricorrente contro il suo coniuge.

Il ricorso per cassazione è stato pertanto dichiarato inammissibile con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione.

La redazione giuridica

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