Sfera dinamico-relazionale e personalizzazione del danno (Cassazione civile, sez. III, 04/04/2023, n.9317).

Personalizzazione e risarcimento della lesione alla sfera dinamico-relazionale nuovamente all’attenzione della Suprema Corte.

Dinanzi al Tribunale di Castrovillari veniva dedotto che:

-) il figlio il 16 aprile 2000 rimaneva coinvolto in un sinistro stradale, in qualità di trasportato sul motociclo;

-) il suddetto motociclo veniva urtato e fatto cadere da un autoveicolo;

-) in conseguenza del sinistro il minore riportava gravissimi danni alla persona.

Il Tribunale di Castrovillari attribuiva a ciascuno dei conducenti un pari concorso di colpa in via presuntiva ex art. 2054, comma 2, c.c., e riteneva che anche il risarcimento dovuto agli attori dovesse essere ridotto del 50%.

La sentenza veniva appellata dai due danneggiati in via principale e dalle due società assicuratrici in via incidentale. La Corte territoriale di Catanzaro: condannava tutti i corresponsabili in solido al risarcimento integrale del danno in favore dei due appellanti principali, così eliminando la riduzione del 50% disposta dal Tribunale; incrementava il risarcimento del danno biologico patito dal minore escludendo, tuttavia,  che quest’ultimo avesse allegato o provato la sussistenza di peculiarità tali da giustificare un incremento del valore tabellare standard del danno biologico; escludeva la sussistenza di un danno patrimoniale da lucro cessante, osservando che il minore avrebbe presumibilmente svolto da adulto una professione intellettuale, la quale non sarebbe stata impedita né limitata dai postumi dell’infortunio.

La sentenza d’appello è stata impugnata per cassazione  con ricorso fondato su sei motivi, tutti concernenti il quantum debeatur.

Il ricorrente deduce al riguardo:

-) che il CTU aveva dichiarato nella sua relazione che “l’evento dannoso ha prodotto certamente un peggioramento delle condizioni di vita (della vittima), come attitudine allo svolgimento delle attività esistenziali”;

-) che in conseguenza dell’infortunio la vittima, di 13 anni all’epoca del fatto, aveva patito “difficoltà ad intrattenere relazioni sociali”; aveva perduto due anni scolastici; non aveva potuto svolgere attività sportiva;

-) che in conseguenza delle suddette circostanze la Corte d’appello “avrebbe dovuto presumere ex art. 2727 c.c. la sussistenza di una evidente compromissione della sfera esistenzial-dinamico-relazionale della vittima, incrementando percentualmente l’entità del risarcimento a quest’ultimo accordato”.

Le censure non sono ammissibili.

La Corte d’appello ha ritenuto che la personalizzazione del risarcimento non potesse essere accordata in quanto il danneggiato “non aveva allegato specifiche circostanze di fatto” idonee a giustificare un incremento del risarcimento standard. In altri termini, i Giudici di secondo grado hanno ritenuto non onorato l’onere assertivo, prima ancora dell’onere probatorio: e cioè a dire l’onere di indicare chiaramente nell’atto di citazione quali fossero le “specificità del caso concreto”, tali da giustificare un risarcimento più elevato di quello base.

Tale valutazione, doveva essere impugnata per essere rimossa; il ricorso tuttavia non ha investito tale statuizione. Oltre a ciò, non è stata impugnata la autonoma ratio decidendi con cui la Corte  ha ritenuto che nella personalizzazione del risarcimento del danno biologico non si potesse tenere conto di eventuali pregiudizi alla vita di relazione, o alle ripercussioni sulla “sfera sessuale e sulla sistemazione matrimoniale e sociale”, perché questioni sollevate per la prima volta in appello.

Ergo, la domanda di “personalizzazione” del risarcimento venne dunque rigettata (anche) perché reputata nuova ex art. 345 c.p.c., ed anche tale non è stata censurata nel ricorso per Cassazione.

Ad ogni modo, il ricorrente, in sostanza, sostiene il seguente principio: “poiché le lesioni patite dalla vittima furono gravi, gravi furono del pari le conseguenze di esse sulla vita di tutti i giorni; ergo, il giudice di merito aveva l’obbligo di aumentare la misura standard del risarcimento”. La tesi giuridica non è corretta.

La personalizzazione del risarcimento del danno alla salute è dovuta quando la vittima deduca e dimostri che l’infortunio le ha causato conseguenze diverse, e più gravi, rispetto a quelle che qualunque altra persona, della stessa età e con gli stessi postumi, avrebbe sofferto.

Ebbene, è la gravità dei postumi, già di per sé, un fattore che incrementa il quantum debeatur, sicché costituirebbe una duplicazione risarcitoria pretendere un risarcimento ulteriore perché i postumi sono gravi.

La Suprema Corte ribadisce fermamente che solo in presenza di circostanze specifiche ed eccezionali, allegate dal danneggiato, che investano la sfera dinamico-relazionale e che rendano il danno più grave rispetto alle conseguenze ordinariamente derivanti dai pregiudizi dello stesso grado sofferti da persone della stessa età, è consentito al Giudice incrementare le somme dovute a titolo risarcitorio in sede di personalizzazione della liquidazione.

Avv. Emanuela Foligno

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