Deficit funzionale e ipotrofia muscolare derivanti da sinistro stradale (Cassazione civile, sez. III, 28/03/2023 n.8797).

Deficit funzionale in esiti di frattura da sinistro stradale e comparsa, a distanza di anni, di sclerosi multipla.

La interessante vicenda qui a commento trae origine da un sinistro stradale.

Il danneggiato, riportava gravi lesioni personali conseguenti alla collisione stradale, dalla quale residuavano un permanente deficit funzionale, con ipostenia dell’arto superiore sinistro, rachialgia con limitazione funzionale antalgica dorso lombare e ipotrofia muscolare satellite in esiti di frattura destra, stenosi L4 L5, lombosciatalgia), e sosteneva la sussistenza del nesso causale tra tali esiti e la comparsa di sclerosi multipla, sopravvenuta e diagnosticata ad anni di distanza.

Il Tribunale di Lecce, espletate ben 3 CTU medico legali, attribuiva l’esclusiva responsabilità del sinistro al veicolo responsabile del sinistro, escludeva il nesso eziologico tra il deficit funzionale riportato dal danneggiato e la successiva comparsa della sclerosi multipla, riconosceva i postumi invalidanti subiti dallo stesso nella misura del 13%, e liquidava il danno biologico patito riconoscendogli una personalizzazione in aumento del 7%.

L’uomo proponeva appello deducendo la errata valutazione e quantificazione dell’invalidità permanente e l’omesso riconoscimento della massima personalizzazione del danno non patrimoniale.  La Corte d’appello confermava la percentuale di invalidità permanente (13%); escludeva la sussistenza della prova di un nesso causale tra il sinistro e l’insorgenza a dieci anni di distanza della patologia neurologica; confermava il rigetto della domanda di danno patrimoniale; accoglieva la personalizzazione del danno che elevava dal 7% al 30%.

L’Assicurazione del veicolo responsabile ricorre in Cassazione.

Sostiene la ricorrente, per quanto qui di interesse, che la Corte d’appello avrebbe dovuto calcolare a titolo di personalizzazione del danno non patrimoniale il 30% del risarcimento già riconosciuto in primo grado e liquidato sulla base dei postumi invalidanti pari al 13%, confermati dalla Corte d’appello. Avrebbe, altresì, dovuto detrarre il 7% già riconosciuto in primo grado quale personalizzazione e condannare al pagamento del solo importo relativo alla maggior percentuale di personalizzazione riconosciuta, nella misura della differenza tra quanto riconosciuto a questo titolo in primo grado e quanto riconosciuto in appello.

Preliminarmente la Suprema Corte rileva che la censura è infondata e che la Compagnia si è limitata a lamentare meri errori di calcolo, relativi alla personalizzazione, che avrebbero potuto essere eliminati con la procedura di correzione della sentenza di cui all’art. 287 e segg. c.p.c..

La Corte d’appello, nel valutare la maggiore personalizzazione del danno biologico già riconosciuto in primo grado, riconosce in favore del danneggiato, in virtù della sua vicenda personale, caratterizzata dal protrarsi di una sintomatologia estremamente dolorosa, e tenuto conto delle circostanze del caso concreto, una maggiore personalizzazione del danno biologico, che eleva dal 7% al 30%.

Però, poi, passa a quantificare l’importo dovuto in ragione dell’aumentata personalizzazione “mediante aumento del valore medio del punto nella misura del 30% (anziché del 13%), con conseguente condanna del pagamento della maggior somma di Euro 48.085,7 a titolo di danno biologico permanente”.

Si tratta di un errore materiale laddove riconosce a titolo di personalizzazione un aumento del 30% del valore medio del punto “anziché del 13%”, mentre avrebbe dovuto dire “anziché del 7%,” perché il 7% è la percentuale di personalizzazione in aumento riconosciuta in primo grado (il riferimento al 13% è del tutto incongruo, perché esso è il valore percentuale della invalidità permanente, un valore del tutto eterogeneo rispetto alla percentuale di personalizzazione del danno).

Tuttavia, tale errore, è privo di conseguenza, perché dal confronto tra l’importo finale di Euro 48.085,7 liquidato in appello con l’importo liquidato in primo grado (39.578,23), risulta chiaramente che la corte abbia correttamente calcolato una personalizzazione in aumento del valore a punto riconosciuto già in primo grado nella misura del 30%.

Fondate, invece, le successive censure sulla liquidazione dei danni. La sentenza, contiene non un semplice errore materiale, ma un salto logico nella linea motivazionale, che porta ad una affermazione errata in diritto, e conseguentemente ad un dispositivo errato.

La Corte territoriale, difatti, non indica con quali criteri tabellari siano stati quantificati i danni, in particolare se abbia seguito le tabelle di Milano o altre tabelle. Dopo avere riconosciuto alla vittima il diritto ad una personalizzazione del danno biologico in aumento del 30%, anziché del 7, da calcolarsi sul valore a punto di invalidità, che costituisce in ogni caso la base di calcolo sulla quale effettuare la personalizzazione, i Giudici di merito avrebbero dovuto seguire due alternative:

– indicare a quanto ammontava l’importo complessivamente liquidato a titolo di danno biologico, indicando l’importo da porre a base del calcolo, individuato tenuto conto delle tabelle utilizzate, e quale era l’importo da aggiungere a titolo di personalizzazione, indicando poi l’importo complessivo e precisando che dall’importo avrebbe dovuto essere decurtato quanto già percepito all’esito del giudizio di primo grado;

– oppure, condannare al pagamento della maggior somma riconosciuta in conseguenza della maggior personalizzazione del danno biologico, pari alla misura della differenza tra l’importo riconosciuto in appello a titolo di personalizzazione e l’importo riconosciuto in primo grado a titolo di personalizzazione.

Conclusivamente, il secondo, il terzo e il quarto motivo sono accolti, la sentenza viene casata con rinvio alla Corte di Appello di Lecce, in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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