“Una valutazione stereotipata e frutto di un automatismo risarcitorio”, così la Corte di Cassazione ha definito la decisione della Corte d’Appello di Napoli che aveva liquidato il pregiudizio subito dal ricorrente senza verificare se il caso concreto giustificasse una personalizzazione del danno

Il giudice, nella liquidazione equitativa prevista dalle tabelle milanesi, può superare i limiti degli ordinari parametri ivi previsti quando la specifica situazione di danno è caratterizzata dalla presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non può aver già tenuto conto“.

La vicenda

Nel corso di un diverbio accesosi durante una partita amatoriale di calcio, l’attore veniva aggredito alle spalle dal convenuto che lo colpiva mordendogli con un atto di “selvaggia ferocia” l’orecchio sinistro, con distacco parziale del lobo superiore.

All’esito del giudizio di primo grado il Tribunale di Avellino condannava l’aggressore al pagamento di Euro 23.952,00,quale ristoro del danno non patrimoniale (10% di danno biologico).

La Corte d’Appello di Napoli confermava la decisione. Sicchè la vicenda è giunta in Cassazione. A detta del ricorrente i giudici di merito, nel liquidare il danno alla persona, non avevano valutato correttamente il danno morale ed esistenziale che ne era conseguito, applicando le tabelle milanesi e tenendo conto delle media degli eventi che provocano dette lesioni. I giudici di merito avrebbero dovuto invece tener conto del particolare disagio, in termini di ansia, sofferenze psichiche, e senso di prostrazione, che erano conseguite all’aggressione e alla mutilazione subite all’età di 29 anni, che avevano minato profondamente la sua capacità di relazionarsi con gli altri.

Il giudizio di legittimità

«È ormai sedimentato il concetto che il danno alla persona, pur dovendosi commisurare in relazione a specie o tipologie di danno ontologicamente differenti e ugualmente rilevanti (quale il danno biologico e il danno morale), costituisce una voce di danno che merita un’unitaria e complessiva considerazione in riferimento alla persona che lo ha subito, senza che si possa giungere a pericolosi frazionamenti di “voci di danno” che permettano di deviare da una valutazione secondo l’id quod plerumque accidit, già diversamente valutabile all’interno dei singoli bareme medico legali, soprattutto allorché le lesioni non sono di un certo rilievo».

Tuttavia – hanno aggiunto gli Ermellini, “la valutazione standardizzata, secondo l’id plerumque accidit, che si è diffusa nelle prassi con l’introduzione delle tabelle medico-legali, non deve condurre a un’applicazione stereotipata e automatica delle tabelle sì da sacrificare i diritti personalissimi sottesi, dovendo il giudice motivare la sua decisione in relazione alle circostanze del caso.

Conseguentemente il giudice, in presenza di specifiche circostanze di fatto, che valgano a superare le conseguenze ordinarie già previste e compensate nella liquidazione forfettaria assicurata dalle previsioni tabellari, può procedere alla personalizzazione del danno entro le percentuali massime di aumento previste nelle stesse tabelle, dando adeguatamente conto nella motivazione della sussistenza di peculiari ragioni di apprezzamento meritevoli di tradursi in una differente valutazione” (cfr. Cass.Sez. 3, Sentenza n. 11754 del 15/05/2018).

Valutazione del caso concreto e personalizzazione del danno

In linea con tale impostazione, la giurisprudenza di legittimità ha da ultimo chiarito che qualora il giudice proceda alla liquidazione equitativa in applicazione delle “tabelle” predisposte dal Tribunale di Milano, può superare i limiti minimi e massimi degli ordinari parametri previsti da dette tabelle solo quando la specifica situazione presa in considerazione si caratterizzi per la presenza di circostanze di cui il parametro tabellare non possa aver già tenuto conto, in quanto elaborato in astratto in base all’oscillazione ipotizzabile in ragione delle diverse situazioni ordinariamente configurabili secondo l’”id quod plerumque accidit” (Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14746 del 29/05/2019).

Spetta quindi al giudice di merito far emergere e valorizzare, dandone espressamente conto in motivazione, in coerenza con le risultanze argomentative e probatorie obiettivamente emerse ad esito del dibattito processuale, specifiche circostanze di fatto, peculiari al caso sottoposto ad esame, legate all’irripetibile singolarità dell’esperienza di vita individuale in quanto caratterizzata da aspetti legati alle dinamiche emotive della vita interiore o all’uso del corpo e alla valorizzazione dei relativi aspetti funzionali, di per sé tali da presentare obiettive e riconoscibili ragioni di apprezzamento (Cass. Sez. 3 -, Sentenza n. 2788 del 31/01/2019).

Tabelle milanesi: no ad automatismi

Nel caso in esame, la Corte di merito aveva ritenuto, nel suo apprezzamento discrezionale, da un lato, che i fatti dedotti non avessero comportato nel soggetto “fondamentali e radicali cambiamenti dello stile di vita” ovvero “scelte di vita diversa ovvero, in altre parole, uno sconvolgimento dell’esistenza obiettivamente accertabile” tali da giustificare detto sconfinamento ai fini di una personalizzazione; dall’altro, aveva ritenuto che la prospettazione del danno ulteriore da personalizzare fosse stata generica e difettasse di idonea allegazione, postulando meramente le sofferenze psichiche, le ansie, un patema d’animo conseguente alle lesioni, già ricomprese nei bareme.

In realtà il ricorrente aveva espressamente dedotto una serie di circostanze integranti i profili soggettivi di ansia, preoccupazione, turbamento e dispiacere, collegati al pregiudizio fisico derivato dal fatto illecito subito quali la i) violenza inaudita di cui è stato vittima, ii) la scena del volto sanguinante della vittima che disperatamente tentava di frenare il copioso flusso ematico, ricercando sul terreno di gioco il pezzo di orecchio staccato, iii) la estenuante trafila di visite mediche e di interventi chirurgici nel vano tentativo di limitare il danno estetico, iv) l’accertata incidenza della vicenda nella quotidianità.

A detta degli Ermellini, la Corte d’appello aveva pertanto orientato la propria ricerca non già a qualcosa di peculiare, ma a qualcosa di radicalmente stravolgente in riferimento all’entità degli esiti (…), ricercando quindi l’”eccesso”, e non già la “peculiarità” e il “non ordinario” che avrebbe dovuto indurla a utilizzare le tabelle senza ricorrere ad automatismi applicativi.

La decisione

In particolare, la Corte di merito non aveva considerato se il fatto illecito violento, di natura dolosa, da cui era derivata la lesione alla persona, meritasse una particolare e separata valutazione in termini di danno morale e se dunque, la fattispecie in esame integrasse le ipotesi particolari che giustificano una personalizzazione del danno.

In sostanza per i giudici della Suprema Corte (Terza Sezione Civile, ordinanza n. 32787/2019) la valutazione della corte d’appello non era stata svolta con la necessaria accuratezza, soprattutto in riferimento alle circostanze e modalità con cui si era verificata la lesione volontaria (in termini di aggressione fisica) e le ricadute sulla vita del danneggiato.

Per queste ragioni il ricorso è stato accolto con rinvio alla Corte d’appello di Napoli in diversa composizione, per l’ulteriore esame della vicenda alla luce dei principi sopra richiamati.

Avv. Sabrina Caporale

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