Il riconoscimento dei benefici della L. 210/92, a seguito dell’accertamento in sede amministrativa dell’esistenza del nesso causale tra la trasfusione e l’indennità, costituisce mera circostanza soggetta al libero apprezzamento del Giudice

Nel 2002 la paziente conveniva in giudizio dinanzi il Tribunale di Bari, il Ministero della Sanità, l’Ente Ecclesiastico, la Gestione liquidatoria della USL di Bologna, l’Azienda Ospedaliera e la Regione Emilia Romagna per sentirle condannare al risarcimento dei danni per contagio da epatite C, determinato da trasfusione di sangue cui era stata sottoposta.

La donna rappresentava di essere stata ammessa ai benefici della L. n. 210/1992 e deduceva che ciò confermava l’esistenza del rapporto di causalità tra i ricoveri e la malattia contratta.

Si costituivano i convenuti, contestando la domanda e chiedendo di essere autorizzati a chiamare in causa le rispettive Compagnie di Assicurazione.  

Il Tribunale di Bari con sentenza n. 3238/2011, dichiarava cessata la materia del contendere, anche sulle spese, nei confronti dell’Ente Ecclesiastico Ospedale Generale e rigettava la domanda nei confronti del Ministero della Salute, accoglieva la domanda nei confronti della USL Bologna Nord e della Regione Emilia Romagna e accertata la responsabilità per il contagio da epatite C da cui era risultata affetta la donna, le condannava in solido al pagamento della somma di euro 24.300,00.

Avverso tale decisione proponeva appello la paziente chiedendo l’accertamento della responsabilità extracontrattuale del Presidio Ospedaliero per avere proceduto alla trasfusione da donatore estraneo senza informare della possibilità di eseguire una autotrasfusione stante la mancata prova della urgenza della trasfusione stessa che di per sè è una pratica medica ritenuta pericolosa.

La paziente, inoltre, censurava la sentenza di prime cure nella parte in cui riconduceva il danno a lesioni micropermanenti.

Si costituivano l’Azienda Ospedaliera, la Azienda USL Città di Bologna e le Compagnie di Assicurazioni chiedendo il rigetto dell’impugnazione principale e, in via incidentale, eccepivano l’erroneità della sentenza in ordine alla ritenuta sussistenza di responsabilità della struttura sanitaria.

La Corte di Appello di Bari, con sentenza n. 1910/2018, rigettava l’appello principale; accoglieva l’appello incidentale e, in riforma della sentenza impugnata, rigettava integralmente la domanda risarcitoria formulata dalla paziente.

La paziente ricorre in Cassazione (sez., III Civile, sentenza n. 24983 del 9 novembre 2020).

La paziente lamenta vizio della sentenza nella parte in cui ha posto a fondamento della sua decisione un documento dell’Azienda Ospedaliera depositato tardivamente.

La doglianza è infondata.

Vero che il Tribunale non ha rilevato la tardività della produzione del documento, viene osservato che non risulta che l’eccezione di tardività della produzione di tale documento sia stata reiterata in sede di precisazione delle conclusioni in primo grado, nè nell’atto di appello e neppure in sede di precisazione delle conclusioni in secondo grado.

Tanto più che l’omesso esame di tale documento in primo grado era stato oggetto di appello incidentale dell’Ospedale, come dedotto dalla stessa ricorrente.

Inoltre, tale documento non è stato ritenuto dalla Corte di merito di per sè solo decisivo, ma solo confermativo del contenuto della memoria istruttoria dell’Azienda convenuta, della nota del C.T.P., e della testimonianza resa dal Medico.

Con il secondo motivo, la ricorrente sostiene che la Corte di merito avrebbe “solo formalmente… basato la sua decisione sulle risultanze dell’elaborato peritale redatto in primo grado e sui chiarimenti dallo stesso resi”, ma in realtà, avrebbe “completamente stravolto e disatteso le conclusioni cui era pervenuto il CTU, senza motivare in alcun modo le ragioni per cui si è orientata in senso contrario e anzi, riportando passi delle dichiarazioni del CTU inesistenti”.

La doglianza viene disattesa, in quanto  il Giudice di secondo grado,  motivando al riguardo e senza sostanzialmente stravolgere le conclusioni del C.T.U. e i chiarimenti dallo stesso resi all’udienza, ha esaminato gli stessi, nel loro complesso, anche alla luce delle ulteriori istanze istruttorie ed in particolare delle prove testimoniali rese.

Osservano gli Ermellini, inoltre, che la doglianza appare finalizzata a una rivalutazione di merito non consentita.

Con l’ultimo motivo di ricorso la paziente lamenta la mancata considerazione dell’accertamento del nesso causale tra la trasfusione e l’infermità operato in sede amministrativa per l’ammissione ai benefici di cui alla L. n. 210 del 1992 e sostiene che il Ministero della Salute avrebbe fornito ulteriori elementi utili a determinare l’acclarata sussistenza del nesso causale, elementi che, se da un lato, portavano ad escludere la responsabilità del Ministero stesso, dall’altro evidenziavano la carenza dei controlli effettuati dalla struttura ospedaliera.

Anche questo motivo viene disatteso.

Il riconoscimento dei benefici della L. 210/92, a seguito dell’accertamento in sede amministrativa dell’esistenza del nesso causale tra la trasfusione e l’indennità, “costituisce, nel giudizio risarcitorio nei confronti di soggetti diversi dal Ministero della Salute, mera circostanza soggetta al libero apprezzamento del Giudice, il quale può valutarne l’importanza ai fini della prova ma non può mai attribuire ad essa il valore di vero e proprio accertamento (Cass., sez. un., 11/01/2008, n. 577; v. anche Cass., ord., 16/05/2017, n. 12009 e Cass., ord., 15/06/2018, n. 15734, in motivazione) e che, in ogni caso, l’accertamento del predetto nesso causale non implica, di per sè solo, la responsabilità della struttura sanitaria.”

Inoltre, evidenzia il Collegio, la paziente non riporta in ricorso in quali esatti termini il Ministero della Salute avrebbe dedotto di aver imposto il termotrattamento contro il rischio di contagio di epatite C, così eventualmente introducendo tale questione nel dibattito processuale.

Ad ogni modo, tale questione non ha carattere decisivo non essendo stata specificamente censurata la ratio espressa nella sentenza impugnata, secondo cui gli esami previsti per il rilievo delle transaminasi (dosaggio GTP e GOT) “erano gli unici, all’epoca, che consentivano di individuare elementi di sospetto in ordine ad eventuali infezioni, e dunque erano i soli che si poteva pretendere che la struttura eseguisse nei casi di donazioni di sangue”.

Il ricorso principale della paziente, pertanto, viene integralmente rigettato.

Il ricorso incidentale di una delle Compagnie assicuratrici, con il quale viene chiesta la restituzione della somma pagata in esecuzione della sentenza di primo grado, viene ritenuto fondato.

La Corte di Appello di Bari, infatti, non si è pronunciata sulla domanda di restituzione della somma, conseguentemente la doglianza incidentale viene accolta.

Il ricorso incidentale della Regione Emilia Romagna censura la sentenza della Corte di merito nella parte in cui ha disposto l’integrale compensazione delle spese, senza applicare l’art. 1917 c.c., che impone all’assicuratore l’obbligo di rimborsare all’assicurato le spese dal medesimo sostenute, norma che assume applicabile anche nel caso in cui la domanda di condanna al risarcimento nei confronti dell’assicurato non trovi accoglimento.

La doglianza della Regione è fondata.

La Corte di merito barese non si è attenuta al principio secondo cui, “nell’assicurazione per la responsabilità civile, la costituzione e difesa dell’assicurato, a seguito dell’instaurazione del giudizio da parte di chi assume di aver subito danni, è svolta anche nell’interesse dell’assicuratore, ritualmente chiamato in causa, in quanto finalizzata all’obbiettivo ed imparziale accertamento dell’esistenza dell’obbligo di indennizzo. Ne consegue che, pure nell’ipotesi in cui nessun danno venga riconosciuto al terzo che ha promosso l’azione, l’assicuratore è tenuto a sopportare le spese di lite dell’assicurato, nei limiti stabiliti dall’art. 1917 c.c., comma 3”.

Il ricorso incidentale della Regione Emilia Romagna viene, dunque, accolto.

In conclusione, la Suprema Corte rigetta integralmente il ricorso principale della paziente, accoglie i ricorsi incidentali dell’Assicurazione e della Regione Emilia Romagna, rinviando alla Corte di Appello di Bari in diversa composizione.

Avv. Emanuela Foligno

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