Al paziente iniettate due sacche di un gruppo sanguigno diverso dal suo, per un caso di parziale omonimia.  Per capire meglio le dinamiche che si sviluppano in sala operatoria e le responsabilità, il commento del Dott. Massimiliano Postorino, specialista in Ematologia

Ci sarebbero quattro indagati nell’inchiesta aperta dalla Procura in seguito a un errore medico all’Ospedale Maggiore di Bologna, dove, nel settembre scorso, a un paziente di 45 anni fu eseguita una trasfusione di sangue di un gruppo diverso dal suo. Si tratta di tutte le persone che hanno gestito le due sacche di sangue iniettate al paziente, dal tecnico di laboratorio ai medici.

La dinamica della vicenda sarebbe stata chiarita nel corso delle indagini: il paziente era arrivato in ospedale  per un incidente stradale ed era stato operato subito a causa dei traumi riportati, per poi essere mandato in Rianimazione. Quindi, il 25 settembre era stato riportato in sala operatoria ortopedica per sottoporlo a un intervento di stabilizzazione del bacino durante il quale era stata necessaria una trasfusione. Le sacche di sangue, erano quindi partite dal centro trasfusionale – prelevate da un tecnico di laboratorio e consegnate all’inserviente incaricato di portarle in sala operatoria. Qui le due sacche sarebbero state consegnate all’infermiere e trasfuse sotto il controllo di anestesista e chirurgo. Il sangue, però, non era del gruppo 0 (quello del paziente), ma del gruppo B. Al termine della trasfusione della seconda sacca, però, i sanitari, accortisi dell’errore, erano intervenuti d’urgenza.

All’origine dell’errore nella trasfusione, dunque, uno scambio di persona (con un altro paziente che aveva lo stesso cognome. La storia, per fortuna ha un lieto fine: il paziente, dopo un periodo di cure si è ripreso e sta bene.

«Responsabile Civile», per capire meglio quali sono le fasi che precedono una trasfusione, e le responsabilità materiali, ha chiesto il commento del Dott. Massimiliano Postorino, specialista in Ematologia, che ci ha aiutato a comprendere meglio le dinamiche che si sviluppano in sala operatoria.

«La nuova legge prevede una corresponsabilità infermiere-medico. Esiste una check list di dati che vanno confrontati prima di montare la trasfusione e che l’infermiere verifica, cartella alla mano, con il paziente che conferma la sua data di nascita, il suo nome e cognome. Un tempo era obbligatorio per il medico essere presente, ora non lo è più, fermo restando che la decisione finale è sua perché, oltre all’aspetto burocratico e amministrativo di riconoscimento sacca-paziente, la decisione ultima è medica: ci possono essere motivi clinici che la controindicano. La responsabilità è quasi al 50%, non c’è una netta separazione, ma è condivisa tra le due figure che sono entrambe attive».

«Tuttavia, in sala operatoria tutto ciò è stravolto: il paziente è addormentato, quindi non può rispondere ovviamente ad alcuna domanda. L’infermiere a quel punto assume un ruolo a mio avviso passivo: cioè, può riconoscere la sacca con la cartella, ma non ha di fatto un ruolo attivo nell’attaccare la sacca. Lo fa l’anestesista, quindi è il medico in prima persona che svolge un ruolo quasi totalitario. Quindi, riassumendo, in questa situazione, direi che il ruolo dell’infermiere è decisamente meno attivo e quindi meno corresponsabile; il medico si assume quasi totalmente la responsabilità sia di attaccare la sacca, sia di riconoscere il paziente, sia di decidere la trasfusione».

Non è tutto. «Una non trascurabile responsabilità, invece, ha il centro trasfusionale dove normalmente noi mandiamo una richiesta di sangue con le prove crociate del paziente, in triplice copia. Una viene riportata indietro e le altre due rimangono al trasfusionale. Grazie a ciò, successivamente, si va a ritirare il prodotto trasfusionale e si consegna la ricevuta con tanto di nome e cognome del paziente e, quindi, si trasporta la sacca. Ecco, lì c’è stato un errore evidentemente, perché a una ricevuta con un nome specifico è stato, per omonimia, dato il prodotto di un altro paziente. Comunque sia è un errore burocratico-amministrativo che poi doveva essere controllato alla fine, quindi risolto».

In sostanza, si tratterebbe di una catena di circostanze, però, spiega ancora Postorino «essendo il paziente addormentato, è l’anestesista che alla fine assume quasi per intero la totalità sia decisionale che di controllo dell’infusione. Ha il ruolo attivo. L’infermiere di sala non ha un ruolo attivo, se non riconoscendo una cartella, ma la cartella ha il valore che ha, perché possono essere sbagliati i dati, e non ha un ruolo attivo, perché non attacca la sacca».

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4 Commenti

  1. non mi è ben chiara la storia dell’attivo e del passivo fra anestesista e infermiere, il chirurgo che ruolo ha? è passivo pure lui?

    • il chirurgo non ha responsabilità, bensì l’anestesista. In civile esiste una ripartizione della responsabilità e quindi la solidarietà al risarcimento.

  2. perchè l’infermiere non può mettere una sacca su in sala?in base a quale disposizione? e se la cartella è sbagliata e se i medici del centro trasfusionali hanno sbagliato ad inviare sacca la colpa è quindi dell’anestesista? in sala operatoria è l’infermiere che si occupa del riconoscimento ,compila una check list proprio a questo scopo. inoltre ,proprio per evitare errori, il medico e l’infermiere firmano assieme il foglio che abbina sacca a paziente.

    • Se l’errore è di fatto, ossia dal centro trasfusioni e non può essere rivelato dal personale medico e infermieristico la colpa è solo del responsabile del centro trasfusionale, altrimenti se una maggiore attenzione dei sanitari medici e non avrebbe potuto evitare l’evento avverso, la responsabilità è solidale

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