Dal Congresso degli specialisti ambulatoriali interni emerge la proposta di portare da 20 a 38 le ore di lavoro
“Sono soddisfatto, il confronto ha toccato temi interessanti: dal federalismo alla carenza degli specialisti, alle aggressioni ai medici, le liste d’attesa e il nuovo Acn”. Così il segretario generale Sumai Assoprof Antonio Magi a conclusione dei lavori del Congresso degli specialisti ambulatoriali interni, che si è svolto sul Lago di Garda.
Dai lavori sono emerse proposte fattive, concrete, per ridare una speranza al Ssn. A partire dalla carenza di specialisti, un problema risolvibile – secondo l’Associazione – aumentando, a richiesta, il numero delle ore medie che un convenzionato lavora in una settimana, portandole da 20 a 38, e con il superamento dell’istituto dell’incompatibilità per i medici che lavorano in strutture convenzionate, così da rendere attrattiva per i giovani la sanità pubblica.
“Per quello che riguarda le nostre attività all’interno delle strutture pubbliche – prosegue il segretario – abbiamo posto delle problematiche e abbiamo avuto delle risposte”.
Magi ha rimarcato l’importanza dell’attenzione rivolta alla proposta dell’aumento del numero di ore dal viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri. “E evidente – ha sottolineato – che questa è un’offerta professionale in grado di dare un colpo al problema che i cittadini sentono di più. Stesso discorso per la legge 412 del 1991che sancisce l’incompatibilità tra chi lavora nell’accreditato e chi nel Ssn. Qui abbiamo proposto il superamento di questa vecchia norma e devo dire che la politica ci sta dando ascolto; speriamo che poi dalle parole si passi ai fatti”.
“Abbiamo visto un grande impegno della categoria a favore dei cittadini – ha proseguito il rappresentante Sumai – a favore della prevenzione e della cura”.
“Ritengo che sia fondamentale per il futuro puntare sull’equipe, che garantisce le competenze, come abbiamo detto al congresso. Le competenze salvano le vite, le incompetenze purtroppo no. E quindi dobbiamo tutti quanti insieme operare in equipe e imparare a lavorare insieme agli altri professionisti. Perché non tutti siamo abituati, ci hanno insegnato a lavorare da soli. Per noi sarà un po’ complesso ma non c’è altra soluzione. Si garantisce così la grande qualità del servizio sanitario nazionale, perché non abbiamo tanti specialisti e tanti super specialisti in alcune specifiche situazioni e per branca. Mettere tutti insieme, permettere al cittadino di trovare il massimo delle competenze per arrivare alla risoluzione dei problemi dei suoi problemi e di quelli del sistema salute”.
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