Non si può poi non tenere in considerazione che anche la violenza psicologica costituisce una causa di addebito della separazione, allorquando il coniuge si sia reso colpevole di ripetuti atteggiamenti ostili e minacce nei confronti dell’altro, che abbiano di fatto reso impossibile la convivenza e causato una insanabile frattura nel rapporto coniugale (Tribunale di Ancona, Sez. I, Sentenza n. 1225/2021 del 08/10/2021 RG n. 473/2019)

La moglie adisce il Tribunale per chiedere la separazione con addebito al marito e il contributo al mantenimento dei 2 figli per euro 500 complessivi.

L’uomo contesta la domanda di addebito.

In udienza presidenziale il Tribunale ha disposto l’affidamento condiviso della figlia ad entrambi i genitori ed ha posto a carico del marito un assegno mensile di euro 300 a titolo di contributo al mantenimento della figlia .

Nel merito, per quanto qui di interesse, la ricorrente ha domandato l’addebito della separazione al marito, ritenuto responsabile di avere posto in essere nell’ultimo anno comportamenti che avrebbero reso intollerabile la prosecuzione della convivenza.

Nella memoria integrativa ha precisato che il marito ha intrattenuto una relazione extraconiugale e che tale relazione è stata causa della frattura dell’armonia coniugale oltre alle violenze psicofisiche subite dalla moglie e dai figli.

In particolare, secondo la ricorrente, il marito avrebbe iniziato a trascorrere fuori dal contesto familiare periodi via via sempre più lunghi, rincasando a tarda serata, spesso ubriaco, ottenebrato e traballante, usando violenza fisica e psicologica nei confronti suoi e dei figli.

Inoltre avrebbe intrattenuto durante il periodo estivo una relazione extraconiugale, confessata nel mese di maggio 2018 ed esibita nei post di Facebook.

Secondo la ricorrente, poi, il marito sarebbe affetto da ludopatia, tanto che era solito impiegare il tempo a giocare nella mansarda, trascorrendo intere notti a scommettere su siti on line.

L’uomo contesta la domanda di addebito, rilevando che sarebbe stata la stessa ricorrente a dichiarare e riconoscere che il rapporto coniugale aveva subìto un crescente decadimento già a decorrere dai primi mesi dell’anno 2018, sicché la relazione con un’altra donna, intrapresa nel maggio 2018, non avrebbe determinato la rottura del matrimonio, considerato che la crisi coniugale era orami irreversibile.

Con riferimento, invece, alle condotte violente lamentate dalla moglie, ha rilevato che nella narrazione della ricorrente sarebbero rinvenibili soltanto singoli episodi di litigi molto accesi, privi tuttavia del carattere della continuità e permanenza, e concentrati a ridosso del mese di agosto 2018 con la crisi coniugale da molto tempo in atto, che non denoterebbero la volontà di imporre ai familiari un regime di vita vessatorio, mortificante e insostenibile.

L’uomo, inoltre, contesta la ludopatia. Non nega di avere in più occasioni effettuato delle scommesse on line, ma deduce che l’intera famiglia avrebbe beneficiato dei proventi.

Ebbene, ai sensi del secondo comma dell’art. 151 c.c., il giudice può stabilire ” a quale dei due coniugi sia addebitabile la separazione in considerazione del suo comportamento contrario ai doveri che derivano dal matrimonio “.

La pronuncia di addebito presuppone una valutazione discrezionale ad opera del Giudice, con riferimento alla violazione dei doveri matrimoniali da parte di uno o di entrambi i coniugi, che deve comprendere il complessivo comportamento dei coniugi nello svolgimento del rapporto coniugale.

In ogni caso la constatata violazione dei doveri coniugali non è sufficiente per disporre l’addebito, in quanto tale pronuncia postula l’accertamento che il comportamento contrario ai doveri coniugali abbia causato l’intollerabilità della prosecuzione della convivenza.

Ciò significa che la richiesta di addebito della separazione non può trovare accoglimento nell’ipotesi in cui il rapporto coniugale risulti già compromesso, per incompatibilità caratteriale, al verificarsi del presunto evento illecito, che, pertanto, rappresenta mera conseguenza della separazione e non già causa della stessa.

Sul punto, grava sulla parte che richiede l’addebito l’onere di provare la relativa condotta e la sua efficacia causale nel rendere intollerabile la prosecuzione della convivenza, mentre è onere di chi eccepisce l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda.

La moglie ha dedotto che ” i coniugi nell’ultimo anno hanno vissuto un periodo di profonda crisi provocata in via esclusiva da comportamenti del marito, comportamenti che hanno reso intollerabile la prosecuzione della convivenza. Ha iniziato a trascorrere fuori dal contesto familiare periodi via via sempre più lunghi, spesso rincasando a tarda serata, spesso ubriaco, ottenebrato e traballante usando violenza fisica e psicologica nei confronti della moglie e dei figli”.

L’esame testimoniale del figlio maggiorenne, ha confermato la descrizione del contesto familiare effettuata dalla ricorrente.

Il testimone, anzitutto, ha confermato che tra il 2016 e il mese di luglio del 2018, ossia quando il padre ha lasciato la casa familiare, lo stesso si è disinteressato della famiglia, tanto che passava intere giornate nella mansarda e dormiva sul divano.

Ha poi chiarito che “quando hanno scoperto la relazione extraconiugale intrattenuta dal padre, era già da un anno circa che mio padre aveva assunto degli strani atteggiamenti (in particolare beveva, scommetteva ed era aggressivo) e che si assentava da casa anche le notti, trascorreva fuori dal contesto familiare periodi via via sempre più lunghi, rincasando a tarda serata, spesso ubriaco, usando violenza fisica e psicologica nei confronti della moglie e dei figli”.

Rispetto agli atteggiamenti violenti posti in essere nei suoi confronti, il figlio ha precisato di avere subito ” qualche schiaffo o qualche calcio, in conseguenza di alcuni litigi” e che in un’occasione ” mi stavo mettendo una crema e lui, siccome la stavo spalmando male, mi ha insultato e poi mi ha spinto contro la finestra”.

Ed ancora, lo stesso ha ricordato di avere personalmente assistito ad episodi nei quali il padre ha usato violenza ed ha minacciato di morte la madre.

In particolare, ha confermato di avere assistito personalmente all’episodio del padre che minacciava la madre di morte: ……” Io ero dietro di lei. A quel punto mia madre mi ha detto di andare in camera “.

Ed ancora, ” io stavo litigando con mio padre dopo una partita . Mia madre è intervenuta e ha preso uno schiaffo “………” ricordo benissimo la scena, lui era ubriaco e mia madre cercava di farlo calmare. Stavano nel balcone e lui l’ha minacciata di buttarla di sotto” .

Ebbene, rammenta il Tribunale, le violenze fisiche sono violazioni talmente gravi ed inaccettabili dei doveri nascenti dal matrimonio da fondare, di per sé sole – quand’anche concretantisi in un unico episodio di percosse -, non solo la pronuncia di separazione personale, in quanto cause determinanti l’intollerabilità della convivenza, ma anche la dichiarazione della sua addebitabilità all’autore.

In tali circostanze il Giudice è esonerato dal dovere di comparare con esse, ai fini dell’adozione delle relative pronunce, il comportamento del coniuge che sia vittima delle violenze, restando irrilevante la posteriorità temporale delle violenze rispetto al manifestarsi della crisi coniugale.

Al riguardo, non coglie nel segno la giurisprudenza invocata dal marito che riguarda l’individuazione dei presupposti necessari per potere ritenere integrato il delitto di maltrattamenti in famiglia, che tuttavia, anche in considerazione della diversa rilevanza degli interessi coinvolti e delle conseguenze sanzionatorie, sono profondamente difformi da quelli richiesti per l’addebito della separazione.

Non si può poi non tenere in considerazione che anche la violenza psicologica costituisce una causa di addebito della separazione, allorquando il coniuge si sia reso colpevole di ripetuti atteggiamenti ostili e minacce nei confronti dell’altro, che abbiano di fatto reso impossibile la convivenza e causato una insanabile frattura nel rapporto coniugale.

Ebbene, nel caso che ci occupa la testimonianza resa dal figlio maggiorenne, ha dimostrato non solo che il convenuto in diverse occasioni ha fisicamente aggredito sia lo stesso figlio che la moglie, ma anche che il convenuto in almeno due circostanze ha minacciato di morte la ricorrente, in un caso arrivando finanche a spingere la moglie fino alla ringhiera del balcone.

La ricorrente, inoltre, ha dedotto che anche sotto l’aspetto economico il marito ha progressivamente interrotto qualsiasi forma di contribuzione per la famiglia, tanto che da giugno 2018 a settembre 2018 ha dovuto sostenere, da sola, le spese per l’affitto della casa coniugale, le spese mediche dei figli, le quote ordinarie del condominio, le utenze e la Tari.

Nel medesimo arco temporale il convenuto, se da un lato non ha provveduto alle esigenze della famiglia, dall’altro ha effettuato numerose spese personali su siti di scommesse, pari a circa euro 1.500,00 nel mese di aprile 2018, euro 3.426,48 nel mese di maggio 2018, euro 155,00 nel mese di giugno 2018, come risulta dall’estratto del conto corrente cointestato.

Conseguentemente, è del tutto dimostrato che il ricorrente si è progressivamente allontanato dal contesto familiare, rendendosi responsabile di condotte che hanno reso intollerabile la convivenza.

In particolare, alle aggressioni fisiche ai danni della moglie e del figlio, che di per sé potrebbero essere già sufficienti per giustificare l’addebito, vanno aggiunte le reiterate minacce di morte nei confronti della ricorrente ed il progressivo disinteresse per le esigenze economiche del nucleo.

Tali condotte evidenziano il venir meno ad ogni dovere di collaborazione tra i coniugi e l’assenza di sensibilità per l’assistenza morale e materiale della famiglia.

Per contro, il convenuto non ha fornito elementi per sostenere che la crisi sentimentale si stava protraendo già da lungo tempo prima dei suoi comportamenti illegittimi.

Per queste ragioni la domanda di addebito viene accolta.

Avv. Emanuela Foligno

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