Nuovi sviluppi sul caso della bimba deceduta per una otite ad aprile 2017. Secondo l’autopsia, le negligenze dei medici furono numerose e la piccola si poteva salvare

Ci sono delle novità sul caso della piccola Nicole Zacco, la bimba deceduta per una otite ad aprile 2017 a Brescia. L’infezione cerebrale, scaturita proprio dall’otite malcurata, l’aveva uccisa.

Ora arriva la relazione dei consulenti incaricati dalla Procura, il professor Francesco Ventura e la dottoressa Antonella Palmieri, incaricati di eseguire l’autopsia sulla bimba deceduta per una otite.

L’infezione, non curata, è stata trascinata per almeno un mese portandola alla morte.

Questo dicono le 54 pagine redatte dai due esperti, che hanno evidenziato chiaramente le diverse responsabilità dei sanitari.

E sono almeno 15 quelli iscritti nel registro degli indagati, tutti quelli che hanno avuto in cura la piccola.

Sembra infatti che la condotta della pediatra sia stata “superficiale e poco accorta. A fronte della persistente sintomatologia algica per 10 giorni – scrivono i consulenti – la dottoressa avrebbe dovuto impostare una antibioticoterapia e richiedere una visita otorinolarigoiatrica”.

“L’eventuale somministrazione per via orale di un comune antibatterico – si legge nella relazione – avrebbe implicato un repentino abbattimento della carica batterica e una ripresa clinica. La sua condotta ha determinato uno sproporzionato ritardo diagnostico-terapeutico, il quale abbatteva pesantemente le probabilità di sopravvivenza della bambina”.

Ma il destino della bimba deceduta per una otite è stato determinato anche da chi l’ha visitata in seguito.

La piccola era stata infatti visitata anche dai medici dell’ospedale di Manerbio, da quelli della Poliambulanza e del Civile di Brescia dove poi è morta.

Se per i medici del Civile i consulenti non hanno evidenziato “colpe derivanti da imprudenza e imperizia avendo rispettato le linee guida e le buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica”, la questione è diversa per i medici di Manerbio e della Poliambulanza di Brescia.

Secondo i consulenti, infatti, “l’équipe medica di Manerbio avrebbe dovuto eseguire i necessari esami ematochimici e una coltura auricolare tramite tampone impostando una terapia antibiotica”.

Ma ciò non avvenne mai.

Tuttavia, questa “inadeguata e negligente condotta medico-professionale non appare però sufficiente per supportare un nesso causale con il decesso in quanto il quadro infettivo sottendeva scarse possibilità di regressione”.

Quanto ai medici della Poliambulanza è vero che non avrebbero effettuato approfondimenti diagnostici, ma “non si può affermare che un approccio diagnostico terapeutico corretto avrebbe evitato il decesso di Nicole Zacco”.

Ora, giunti i risultati della consulenza, il pm Claudia Moregola potrebbe decidere di chiudere le indagini evidenziando i diversi gradi di responsabilità.

E intanto la famiglia della bambina, tramite il proprio legale, l’avvocato Walter Ventura, afferma di voler conoscere i responsabili del decesso della loro piccola e di attendere la decisione del pm.

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