Botte ai figli sistematiche, se i genitori sostengono che sono necessarie per la loro educazione possono essere assolti? La sentenza della Cassazione.

Con la sentenza n. 52996/2017 la Corte di Cassazione afferma che quando le botte ai figli sono sistematiche i genitori non possono appellarsi all’irrequietezza degli stessi per giustificarle. Ci si trova invece in presenza del reato di maltrattamenti di cui all’art. 572 del codice penale.
Con questa sentenza, la Suprema Corte ha inoltre specificato quando è reato di maltrattamenti e ha specificato la differenza tra reato abituale e reato continuato.

Il fatto

Una coppia di genitori maltrattavano il figlio minorenne, “percuotendolo con bastoni, scope ed altri oggetti, schiaffeggiandolo e sculacciandolo con mano aperta o pugno, rivolgendogli bestemmie, parole scurrili ed offensive, mantenendolo in condizioni igieniche e sanitarie insufficienti per la sua salute“.
Per questo erano stati condannati dalla Corte di Appello per il reato di maltrattamenti ex art. 572 c. p.
I genitori sono quindi ricorsi in Cassazione. La loro tesi era infatti che le percosse e le umiliazioni inflitte al figlio dipendevano dall’irrequietezza di quest’ultimo e dalla necessità di educarlo.
La Corte di Cassazione ha dato ragione alla Corte di Appello e ha quindi rigettato il ricorso dei genitori in quanto infondato.

Botte ai figli: quando è reato di maltrattamenti

Secondo la Suprema Corte, “per la configurabilità del reato di maltrattamenti, l’art. 572 cod. pen. richiede il dolo generico, consistente nella coscienza e volontà di sottoporre la vittima ad una serie di sofferenze fisiche e morali in modo abituale, instaurando un sistema di sopraffazioni e vessazioni che avviliscono la sua personalità (per tutte, Sez.6, n. 39927 del 22/09/2005, Agugliaro, Rv. 233478)“.

Differenza tra reato abituale e reato continuato

Secondo la Cassazione, inoltre, “per la sussistenza del reato di cui all’art. 572 cod. pen. è sufficiente la consapevolezza dell’autore del reato di persistere in un’attività delittuosa, già posta in essere in precedenza, idonea a ledere l’interesse tutelato dalla norma incriminatrice (Sez. 6, n. 15146 del 19/03/2014, D’A, Rv. 259677). Nel reato abituale il dolo non richiede – a differenza del reato continuato – la sussistenza di uno specifico programma criminoso, verso il quale la serie di condotte criminose, sin dalla loro rappresentazione iniziale, siano finalizzate“.
 
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