Broncopneumopatia professionale da inalazioni di silicati e calcare e danno successivamente accertato, sempre derivante dalla silicosi (Cassazione civile sez. lav., 26/01/2022, ud. 03/11/2021, dep. 26/01/2022, n.2315).

Broncopneumopatia professionale, già accertata al lavoratore, titolare di rendita nella misura del 37% di inabilità, chiedeva al Tribunale di Cagliari l’accertamento del proprio diritto alla costituzione della rendita di cui al D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 sostenendo di aver contratto la malattia professionale della silicosi (a seguito dell’attività di minatore svolta per nove anni) ed essendo stata rigettata la domanda presentata il 7 dicembre 2007.

Il Tribunale accoglieva la domanda riconoscendo la rendita di cui all’art. 13 cit. commisurata ad un danno biologico del 30%; ciò dopo aver espletato CTU medico legale dalla quale era emerso che la diagnosi di silicosi dovesse sostituirsi a quella di broncopneumopatia professionale da silicati, e dopo aver superato le eccezioni dell’INAIL che riteneva ostativa alla pretesa la titolarità della prima rendita e cessata l’esposizione al rischio silicotigeno sin dal 1991.

L’Inail ricorre in appello censurando il riconoscimento della silicosi e la determinazione del danno biologico eventualmente da ricongiungere al precedente già indennizzato, senza scorporare da tale danno di apparato il danno biologico a carico dello stesso apparato già indennizzato con la rendita per broncopneumopatia professionale (37%).

La Corte riformava la sentenza del Tribunale riconoscendo il diritto alla rendita di cui al D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 nella misura del 43%, detraendo dall’importo previsto dalla legge per i singoli ratei quelli della rendita in godimento per la sola parte relativa alla broncopneumopatia professionale.

Al fine di evitare la duplicazione denunciata dall’Istituto, la Corte territoriale pur rilevando che la C.T.U. espletata in appello aveva accertato che il lavoratore era affetto da silicosi e non da broncopneumopatia professionale da silicati a suo tempo diagnosticata, ha concluso che non era possibile dal punto di vista medico legale procedere allo scorporo suggerito dall’Istituto, giacché il nuovo danno biologico si sovrapponeva a quello preesistente sul medesimo apparato e non era possibile imputare all’una o all’altra malattia le riscontrate alterazioni polmonari; neppure poteva scorporarsi il grado di riduzione della capacità lavorativa già considerato all’interno del danno biologico per la silicosi, stante la diversità delle valutazioni sottese ai diversi metodi applicativi.

Su tali premesse, e anche considerando che doveva essere esclusa la duplicazione delle rendite derivanti dall’esistenza di un danno comune alle due malattie, la Corte territoriale ha applicato lo scorporo alle basi monetarie delle due prestazioni, facendo in modo che la malattia attualmente individuata venisse remunerata secondo la differenza, in più o in meno, risultante tra quanto percepito nel passato per la patologia indennizzata secondo le previsioni del T.U. n. 1124 del 1965 e quanto spettante per la nuova malattia ai sensi del D.Lgs. n. 38 del 2000.

Contro la sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Inail con tre motivi.

In sostanza, secondo l’Inail, la Corte territoriale avrebbe dovuto modulare il danno successivo accertato, riconducibile alla invocata silicosi, scorporando dal danno complessivo di apparato, calcolato come danno biologico nel sistema ex D.Lgs. n. 38 del 2000, la quota di danno imputabile alla preesistenza già indennizzata di broncopneumopatia professionale, previa valutazione di ciascuna componente del danno valutato come danno biologico.

L’Istituto afferma che la locuzione “senza tenere conto delle preesistenze” contenuta nel secondo periodo dell’art. 13 cit., nell’ipotesi in cui gli eventi lesivi incidano, come nel caso di specie, sullo stesso organo o apparato ed essendo state valutate le menomazioni con criteri legali disomogenei, non può che essere interpretata nel senso che, in presenza di due danni lavorativi concorrenti in diverso regime di tutela, deve escludersi l’applicabilità della formula Gabrielli nella valutazione del secondo, laddove il primo fosse già indennizzato.

La Suprema Corte evidenzia che, nonostante la scarsa coerenza logica della sentenza impugnata quanto al nesso tra le affermazioni relative al merito dell’accertamento sanitario (individuazione sin dall’origine della sola silicosi) e la ricognizione del quadro normativo in effetti applicato dalla Corte territoriale, non vi è dubbio che le predette affermazioni, in concreto, non hanno condotto la sentenza impugnata a modificare la qualificazione della domanda e l’oggetto del processo nei termini conseguenti alla domanda presentata dal lavoratore per sopravvenuta nuova malattia (silicosi).

Tale incoerenza non risulta adeguatamente censurata attraverso la denuncia di un vizio di motivazione, nel rispetto delle previsioni dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5). Inoltre, non può neppure non rilevarsi che la broncopneumopatia professionale già indennizzata era stata riconosciuta in base a precedente sentenza della Corte d’Appello di Cagliari ed il motivo dell’INAIL si infrange sulla preclusione derivante dal giudicato.

La questione giuridica in esame riguarda l’individuazione della regula iuris, derivante dall’applicazione dell’art. 16 cit., comma 6, seconda parte nell’ipotesi in cui, al riconoscimento di una inabilità e relativa rendita in regime di D.P.R. n. 1224 del 1965, faccia seguito il riconoscimento di altra malattia professionale e relativo indennizzo per danno psicofisico, incidente sullo stesso organo o apparato toccato dal primo evento.

Tale ipotesi, non essendo prevista specificamente dal sistema transitorio delineato dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13 ha fatto emergere un’area rispetto alla quale l’applicazione testuale del disposto di legge porterebbe ad una irragionevole duplicazione dell’indennizzo correlato all’unico danno biologico effettivamente subito all’organo o all’apparato interessato.

Su questa prospettiva interpretativa la Suprema Corte si è pronunciata negativamente con le sentenze nn. 6048 e 6774 del 2018. In particolare, con la prima delle citate decisioni, la tesi è stata ritenuta non conforme al dettato del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 6, seconda parte, in quanto in contrasto con la tutela riconosciuta all’assicurato attraverso l’affermazione della regola del mantenimento della prestazione già erogata in applicazione del T.U. n. 1124 del 1965, una volta riconosciuta l’ulteriore menomazione con diritto a prestazione, e della impermeabilità di tale disciplina rispetto a quella della seconda, regolata dal D.Lgs. n. 38 del 2000.

L’intervento della Corte Costituzionale sul D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 6, seconda parte realizza una ipotesi di ius superveniens.

Il mutamento normativo determinato da una pronuncia d’illegittimità costituzionale, che si configura come “ius superveniens”, impone, anche nella fase di cassazione, la disapplicazione della norma dichiarata illegittima e l’applicazione della disciplina risultante dalla decisione anzidetta.

In particolare, la nuova situazione di diritto obiettivo derivata dalla sentenza d’incostituzionalità determina, nella specie, l’applicazione della cd. formula Gabrielli, che è quella riprodotta nel D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 6, prima parte secondo cui “Il grado di menomazione dell’integrità psicofisica causato da infortunio sul lavoro o malattia professionale deve essere rapportato non all’integrità psicofisica completa, ma a quella ridotta per effetto delle preesistenti menomazioni, il rapporto è espresso da una frazione in cui il denominatore indica il grado d’integrità psicofisica preesistente e il numeratore la differenza tra questa ed il grado d’integrità psicofisica residuato dopo l’infortunio o la malattia professionale”.

Dunque, la formula Gabrielli, dopo l’intervento della Corte costituzionale, va applicata ai sensi del D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, comma 6, seconda parte, e costituisce lo strumento attraverso il quale deve trovare soluzione la concreta questione oggetto di giudizio,, e tale soluzione, non coincide con la soluzione della questione prospettata dall’INAIL in ricorso.

La formula Gabrielli, riprodotta dall’art. 13, comma 6, prima parte ed estesa anche alle ipotesi della seconda parte, va infatti applicata mantenendo ferma la prestazione riconosciuta ai sensi del T.U. n. 1124 del 1965, con la sottesa valutazione medico legale, e tale prestazione deve rimanere separata dalla successiva eventuale prestazione consequenziale alla ulteriore menomazione sofferta.

Avv. Emanuela Foligno

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