Respinto il ricorso di una donna che chiedeva di essere risarcita per i danni conseguenti a una caduta in una buca su strada provinciale

Aveva convenuto a giudizio l’Amministrazione provinciale chiedendo il risarcimento del danno subito a causa di una caduta in una buca aperta sul manto stradale, mentre camminava sulla strada gestita dall’Ente.

Il Giudice di Pace, assunta una prova testimoniale ed espletata l’istruttoria, aveva accolto la richiesta riconoscendo la responsabilità della Provincia per omessa custodia. La decisione, tuttavia, era stata riformata in appello sulla base del difetto di prova del nesso di causalità, ossia della circostanza che il danno lamentato fosse da attribuirsi alla caduta nella buca.

Nel rivolgersi alla Suprema Corte la danneggiata eccepiva che il Tribunale, pur avendo ammesso la presenza della buca, avesse escluso il nesso di causalità, che invece doveva ricavarsi per deduzione stessa proprio dalla esistenza di una buca insidiosa e non segnalata, ed era incorso dunque in una insanabile contraddizione. Inoltre assumeva che la corte non avrebbe tenuto in conto proprio la natura della buca stessa, che pure era emersa come insidiosa o comunque aperta sul manto stradale, e che se lo avesse fatto ne avrebbe ricavato affermazione del nesso di causalità.

I Giudici Ermellini, con ordinanza n. 11733/2021 hanno ritenuto inammissibili le doglianze presentate.

Il Tribunale, infatti, con accertamento in fatto non sindacabile in sede di legittimità, aveva ritenuto che dalla unica testimonianza non fosse emerso che la ricorrente era caduta nella buca, ossia non fosse emerso che il danno lamentato era da attribuire alla caduta nella buca; con la conseguenza che non vi era alcuna contraddizione tra l’ammettere che una buca vi fosse e l’escludere che la ricorrente vi fosse caduta dentro, non essendo la presenza di una buca condizione sufficiente del danno, ed occorrendo invece provare che, data la buca, ci si era caduti dentro.

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