Il caso affrontato dagli Ermellini riguardava un chirurgo che operava pazienti presso una clinica privata solo per motivi di lucro (colpa cosciente)

Nella sentenza oggetto di questa mia breve disamina affronteremo ancora il tema relativo alla differenza tra dolo eventuale e colpa cosciente, trattandosi appunto di un argomento ancora oggi molto discusso e che ha generato notevoli contrasti Giurisprudenziali.

Partiamo pertanto dalle “origini”.

Il criterio discretivo tra i due concetti di diritto penale ci è stato fornito dalle Sezioni Unite nel 2014, nella c.d. sentenza Thyssen Krupp.

In particolare, nel caso di specie le SS.UU. hanno affermato che ricorre la colpa cosciente allorquando l’agente non adotta tutte le dovute cautele, necessarie al fine di evitare che la propria condotta sfoci in azioni penalmente rilevanti.

Per contro, ricorre il dolo eventuale quanto l’agente prevede chiaramente che la propria condotta possa determinare azioni penalmente rilevanti ma nonostante ciò accetta il rischio e persiste nel proprio intento.

In altre parole, ricorre la colpa cosciente quando l’agente pur prevedendo la consumazione di reati ritiene che i medesimi non si verificheranno; per converso, ricorre il dolo eventuale quando l’agente è consapevole che la propria condotta possa assumere rilievi penalmente rilevanti e ne accetta il rischio.

Dunque, tornando alla sentenza oggetto (Cass. n° 14776/2018) di questo mio breve articolo, il caso affrontato dagli Ermellini riguardava un chirurgo che operava pazienti presso una clinica privata solo per motivi di lucro nonché per accrescere il proprio prestigio personale, cagionando eventi mortali.

Nel caso di specie, pertanto, il Collegio di Legittimità, sebbene avesse acclarato l’intervenuta prescrizione degli addebiti, forniva però importanti spunti di riflessione in ordine all’elemento psicologico del reato contestato in rubrica all’imputato, partendo proprio dalla c.d. “formula Frank”.

Invero, hanno asserito i Giudici della Suprema Corte che il chirurgo risulta punibile a titolo di dolo eventuale, in quanto l’iter processuale ha consentito di accertare che il sanitario operava i pazienti non per necessità mediche, ma solo per motivi egoistici, con la conseguenza che egli ben sapeva che l’ingresso del paziente in sala operatoria avrebbe potuto avere nefaste conseguenze, così come pertanto realmente accaduto.

In altre parole, si evince per tabulas dalla sentenza in esame che il criterio distintivo disposto dalla sentenza Frank nel 2014 è stato pienamente applicato anche nella vicenda in esame, con la conseguenza che è stata accertata la responsabilità del sanitario, appunto punibile a titolo di dolo eventuale, ma in concreto vi è stato il suo proscioglimento dagli addebiti penali, solo in ragione della intervenuta prescrizione.

 

Avv. Aldo Antonio Montella

Foro di Napoli

 

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