Danno biologico per l’assorbimento di radiazioni (Cassazione Civile, sez. lav., dep. 12/07/2022, n.22021).

Danno biologico per l’assorbimento di radiazioni e correlate patologie di poliglobulia e ipogammaglobulia.

La Corte d’appello di Palermo, riformando la decisione di primo grado, condannava l’Azienda Ospedaliera al pagamento in favore del lavoratore della somma di Euro 44.080,99 a titolo di danno biologico per il danno biologico derivante dall’assorbimento di radiazioni ionizzanti.

L’uomo, aveva agito in giudizio affinché fosse accertata la violazione da parte dell’Azienda Ospedaliera, sua datrice di lavoro, dell’art. 2087 c.c., e fosse dichiarato che le patologie da cui era affetto (“poliglobulia e ipogammaglobulia”) erano riconducibili all’assorbimento di radiazioni ionizzanti durante l’espletamento delle mansioni lavorative presso il reparto di Radiologia alle quali era stato adibito dal 1965 al 2000.

Il Tribunale, espletata C.T.U., aveva riconosciuto la sussistenza di un danno biologico nella misura del 20% e condannato l’Azienda al pagamento della somma di Euro 25.104,05.

La Corte territoriale, decidendo sull’impugnazione del lavoratore, rinnovata la C.T.U., aveva quantificato il danno biologico nella misura del 34% e determinato il danno nella somma, già capitalizzata, di Euro 44.080,99.

Il lavoratore ricorre in Cassazione e rileva che con l’atto di impugnazione aveva chiesto alla Corte d’appello di riformare la sentenza di primo grado nella parte in cui non aveva riconosciuto il suo diritto a “percepire le retribuzioni relative ai mesi compresi tra maggio 1999 e gennaio 2001 e ad ottenere il rimborso della riduzione del 10% effettuata per tre mesi, il rimborso della riduzione del 50% operata nelle retribuzioni nei sei mesi antecedenti al maggio 1999, oltre la XIII mensilità e l’indennità per l’assorbimento di radiazioni inonizzanti.

Il motivo è fondato.

Effettivamente il lavoratore aveva richiesto, con il ricorso di primo grado, anche la corresponsione delle differenze retributive, che il Tribunale aveva pronunciato su tale richiesta evidenziando che l’asserito mancato pagamento non risultava dai documenti prodotti dall’Azienda, che sul punto era stato formulato specifico motivo di appello.

Con il secondo motivo il ricorrente censura la sentenza impugnata per essersi limitata a condividere le risultanze della C.T.U. senza considerare la documentazione sanitaria prodotta che tali risultanze smentivano.

Il motivo è inammissibile.

Il fatto storico è stato esaminato dalla Corte territoriale, che ha ritenuto di quantificare il danno biologico permanente sulla base degli esiti della disposta C.T.U. le cui conclusioni ha valutato di condividere, anche alla luce dei chiarimenti forniti dall’ausiliare, contenenti una risposta alle note critiche dell’appellante.

Con il terzo motivo il ricorrente denuncia violazione dell’art. 32 Cost., e degli artt. 2059, 2087 e 1226 c.c., per avere la Corte territoriale erroneamente determinato il risarcimento del danno sulla base della tabella (INAIL) “indennizzo del danno biologico” approvata con D.M. 12 luglio 2000, mentre avrebbe dovuto utilizzare le tabelle applicabili nell’ambito della responsabilità civile per circolazione stradale ex D.Lgs. n. 209 del 2005.

Il motivo è fondato.

In appello è stata impugnata in toto la quantificazione del danno biologico permanente come effettuata in prime cure, il che ha travolto anche il criterio utilizzato per tradurre lo stesso in risarcimento. Il ricorrente ha agito nei confronti del datore di lavoro ex art. 2087 c.c deducendo l’assorbimento di radiazioni ionizzanti e il mancato o erroneo utilizzo delle tabelle per la determinazione del danno alla persona da parte del Giudice del merito, e ciò integra violazione di legge ex art. 360 c.p.c., n. 3.

Con la tutela INAIL può concorrere, pur restando autonoma, quella azionabile nei confronti del datore di lavoro che resta civilmente responsabile per i danni definiti complementari e differenziali, basati su diversi presupposti e condizioni, ma che hanno la caratteristica di non essere quantitativamente determinabili a priori; essi prefigurano un ammontare composito potenzialmente più esteso rispetto a quello conseguibile con la mera garanzia assicurativa, sicché quest’ultima non necessariamente lo contiene.

In altri termini, le prestazioni erogate dall’INAIL  non esauriscono di per sé, e a priori, il ristoro del danno patito dal lavoratore infortunato od ammalato.

La liquidazione del danno biologico derivante da infortunio o malattia professionale, non può essere effettuata con i medesimi criteri valevoli in sede civilistica, in quanto in ambito previdenziale vanno obbligatoriamente osservate le tabelle di cui al D.M. 12 luglio 2000, secondo quanto disposto dal D.Lgs. n. 38 del 2000, art. 13, perseguendo le due liquidazioni fini propri e diversi.

L’indennizzo INAIL non copre l’intero danno biologico e, quindi, non può essere liquidato, ai fini di tale assicurazione, con gli stessi criteri valevoli in ambito civilistico.

Conclusivamente, vengono accolti il primo e il terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo, assorbito il quarto.

Avv. Emanuela Foligno

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