Danno endofamiliare e lesione del rapporto di filiazione (Cass. civ., sez. I, 28 novembre 2022, n. 34950).

Danno endofamiliare e correlata violazione degli obblighi genitoriali e lesione del rapporto di filiazione.

Con la decisione a commento la Suprema Corte ribadisce che “il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di un figlio naturale integra violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione, oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento, un elevato grado di riconoscimento e tutela.”

Conseguentemente, causando il danno endofamiliare la lesione del rapporto di filiazione, e dunque la lesione di interessi costituzionalmente tutelati, si integra il legittimo esercizio di una autonoma azione risarcitoria ai sensi dell’art. 2059 c.c.

Tale azione può essere esercitata anche in seno all’azione per la dichiarazione giudiziale di paternità e maternità, volta a risarcimento dei danni non patrimoniali sofferti dalla prole.

In primo grado il Tribunale accoglieva la domanda svolta nei confronti del padre naturale e lo condannava al pagamento dell’importo di euro 100.000,00.

La Corte territoriale di Bolzano, invece, rigettava la domanda di risarcimento proposta dal figlio naturale nei confronti del padre ai sensi dell’art. 2059 c.c. per il completo disinteresse mostrato da quest’ultimo ai propri doveri genitoriali.

La Corte di merito riteneva che l’attore (figlio naturale) non avesse dimostrato la consapevolezza del padre circa la propria paternità, prima della richiesta di riconoscimento giudiziale, e non avesse fornito la prova del lamentato danno subito sulla perdita di chances.

In particolare, la Corte d’Appello evidenziava che, mancando la prova della consapevolezza della paternità, non vi era prova che il genitore avesse agito illegittimamente venendo meno all’assolvimento degli obblighi paterni nei confronti del figlio e sottolineava che non era stato dimostrato quali fossero gli obiettivi del figlio non raggiunti in tema di perdita di chances.

In altri termini, non vi è la prova che l’uomo fosse stato informato della sua paternità prima dell’anno 2009 -, non essendo confermate da altre risultanze probatorie le affermazioni, ritenute di dubbia attendibilità, della madre, la quale riferiva di avere avuto con lui un rapporto sessuale non protetto da cui era nato il figlio. e di avere informato il padre di ciò già un mese dopo la nascita del figlio e anche successivamente.

Emerge, inoltre, dall’istruttoria che la madre taceva al figlio per molti anni l’identità del padre, in tal modo contribuendo a segnare negativamente il futuro del figlio: in sostanza non vi è la prova del danno.

La Suprema Corte accoglie il ricorso e cassa con rinvio la decisione impugnata.

La Cassazione  rimarca il principio secondo cui “il disinteresse mostrato da un genitore nei confronti di un figlio naturale integra violazione degli obblighi di mantenimento, istruzione ed educazione della prole, e determina la lesione dei diritti nascenti dal rapporto di filiazione che trovano negli articoli 2 e 30 della Costituzione, oltre che nelle norme di natura internazionale recepite nel nostro ordinamento, un elevato grado di riconoscimento e tutela.”

La corte d’Appello, in diversa composizione, dovrà attenersi a tale principio.

Avv. Emanuela Foligno

Leggi anche:

Differenza tra maltrattamenti e liti familiari

- Annuncio pubblicitario -

LASCIA UN COMMENTO O RACCONTACI LA TUA STORIA

Per favore inserisci il tuo commento!
Per favore inserisci il tuo nome qui