Danno morale nuovamente all’attenzione della Suprema Corte (Cass. civ., sez. III, 9 novembre 2022, n. 32935).

Danno morale e sua valutazione di nuovo al vaglio della Cassazione che ne ha ribadito l’impossibilità di accertamento medico-legale.

“Il danno morale, ove provato deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico. Se il danno è patito da persona che al momento del fatto non era in età da lavoro, la liquidazione deve avvenire sommando e rivalutando i redditi figurativi perduti dalla vittima tra il momento in cui ha raggiunto l’età lavorativa e quello della liquidazione e capitalizzando i redditi futuri in base al coefficiente di capitalizzazione corrispondente all’età della vittima al tempo della liquidazione”.

La Corte d’Appello di Roma accoglieva il ricorso dell’Assicurazione avverso la sentenza del Tribunale di Viterbo rideterminando del 32% il danno biologico permanente del danneggiato derivante da sinistro stradale in cui era terzo trasportato.

Il Tribunale di Viterbo in accoglimento parziale della domanda risarcitoria proposta contro i proprietari dell’auto e contro la loro assicurazione quale responsabile civile, condannava quest’ultima al pagamento della somma di euro 375.000,00.

Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione la madre e tutrice del danneggiato.

In riferimento al motivo relativo all’acquisizione della CTU, il collegio osserva che erroneamente la Corte d’Appello, in accoglimento della censura dell’Assicurazione, ha dichiarato irritualmente acquisito e valutato dal CTU un referto medico del danneggiato.

Ebbene, la Suprema Corte ribadisce che in materia di CTU, il Consulente nominato dal Giudice nei limiti delle indagini commessegli può acquisire tutti i documenti necessari al fine di rispondere ai quesiti sottopostigli a condizione che non siano diretti a provare i fatti principali dedotti a fondamento della domanda e delle eccezioni che è onere delle parti provare.

La decisione della Corte d’Appello, inoltre, ha criticato la quantificazione operata dal CTU che erroneamente procedeva ad una somma algebricamente relativa alla invalidità accertata. Non si è tenuto dei criteri di liquidazione del danno in tema di lesione alla salute da effettuarsi col c.d. sistema a punto variabile.

Conseguentemente, sul punto, la motivazione della sentenza impugnata viene cassata poiché non comprensibile e viziata.

Per quanto concerne la mancata liquidazione del danno morale gli Ermellini condividono la censura proposta dal ricorrente in relazione alla violazione degli artt. 1226, 2056 e 2059 c.c.

La Corte dapprima ha ritenuto che il danno morale si esaurisca nella componente tabellare, poi ha affermato la necessità della personalizzazione ed infine ha ritenuto sufficiente quello che è stato liquidato a titolo di danno biologico.

Ciò non è conforme ai principi in tema di danno non patrimoniale da lesione della salute: il danno morale, infatti, consiste in uno stato d’animo di sofferenza interiore prescindente dalle vicende dinamico relazionali della vita del danneggiato ed è insuscettibile di accertamento medico-legale, sicché ove provato, deve formare oggetto di separata valutazione ed autonoma liquidazione rispetto al danno biologico.

Inoltre, il positivo riconoscimento e la concreta liquidazione, in forma monetaria, dei pregiudizi sofferti dalla persona a titolo di danno morale mantengono la propria autonomia rispetto a ogni altra voce del danno non patrimoniale non essendone in alcun modo giustificabile l’incorporazione nel c.d. danno biologico trattandosi di sofferenza di natura interiore e non relazionale.

Nuovamente ribadito, pertanto, il principio di autonomia del danno morale rispetto al danno biologico, atteso che il sintagma danno morale allude a una realtà che rimane insuscettibile di alcun accertamento medico-legale e si sostanzia nella rappresentazione di uno stato d’animo di sofferenza del tutto autonomo e indipendente dalle vicende dinamico-relazionali della vita del danneggiato.

La decisione in esame si presenta interessante anche per l’analisi svolta in tema di perdita/riduzione della capacità lavorativa.

Il danno da perdita o riduzione della capacità lavorativa di un soggetto adulto che al momento dell’infortunio non svolgeva alcun lavoro remunerativo va liquidato con equo apprezzamento delle circostanze del caso ai sensi dell’art. 2056 c.c.

Diversamente, se il danno è patito da persona che al momento del fatto non era in età da lavoro, la liquidazione deve avvenire sommando e rivalutando i redditi figurativi perduti dalla vittima tra il momento in cui ha raggiunto l’età lavorativa e quello della liquidazione e capitalizzando i redditi futuri in base al coefficiente di capitalizzazione corrispondente all’età della vittima al tempo della liquidazione.

Avv. Emanuela Foligno

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