Il delitto di lesioni personali risulta disciplinato dall’art. 582 c.p. e rientra nell’alveo dei delitti contro la persona.

In particolare, le lesioni personali possono essere lievi, allorquando la malattia ha una durata compresa tra 21 e 40 giorni, ovvero lievissime, allorquando la malattia non supera i 20 giorni.

Inoltre, risulta opportuno precisare che per malattia, penalmente rilevante, si intende un qualsiasi processo patologico acuto o cronico, localizzato o diffuso, idoneo a determinare un’apprezzabile menomazione funzionale dell’organismo fisico ovvero psichico.

Lo status patologico del soggetto passivo viene accertato mediante apposita certificazione medica, la quale costituisce l’elemento di discrimen con la fattispecie di percosse, prevista e punita dall’art. 581 c.p..

Ancora, il reato di lesioni personali può essere altresì circostanziato e tra le aggravanti vi è anche l’utilizzo di armi.

Orbene, nella vicenda analizzata dagli Ermellini (sentenza n° 17931/2018), il Collegio di Legittimità ha accolto il ricorso proposto dall’Ufficio Inquirente avverso la sentenza emessa dal Giudice di Pace che aveva dichiarato estinto il reato ascritto a carico dell’imputato, in ragione della intervenuta remissione di querela e correlativa accettazione della medesima.

Invero, la Procura della Repubblica asseriva che, atteso che il delitto risultava contestato all’imputato mediante l’utilizzo di una scopa, tale res rappresentava un’arma impropria ed in quanto tale il delitto non poteva ritenersi semplice e dunque procedibile a querela bensì aggravato e dunque procedibile di ufficio, con la conseguenza procedurale che risultava irrilevante l’intervenuta remissione di querela ed accettazione della stessa.

Ebbene, la Suprema Corte condivideva appieno le argomentazioni formulate dalla Pubblica Accusa, ritenendo appunto che il manico della scopa, quale mezzo utilizzato per consumare la lesione personale, fosse un’arma impropria, trattandosi appunto di un oggetto il cui scopo utilitario è certamente diverso da quello di procurare lesioni o comunque offendere una persona.

A tal riguardo, la Corte di Cassazione ha dunque affermato che il manico della scopa può essere ritenuto un’arma impropria, ai sensi del dettato normativo di cui all’art. 4 co. 2 della Legge n° 110/1975, il quale recita testualmente che “senza giustificato motivo, non possono portarsi, fuori della propria abitazione o delle appartenenze di essa, bastoni muniti di puntale acuminato, strumenti da punta o da taglio atti ad offendere, mazze, tubi, catene, fionde, bulloni, sfere metalliche, nonché qualsiasi altro strumento non considerato espressamente come arma da punta o da taglio, chiaramente utilizzabile, per le circostanze di tempo e di luogo, per l’offesa alla persona”.

In conclusione, la Corte di Cassazione ha affermato che la scopa rientra nell’alveo degli offendicula, trattandosi appunto di un’arma impropria.

 

Avv. Aldo Antonio Montella

(Foro di Napoli)

 

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