Riconosciuti anche 150mila euro di risarcimento ai familiari di una donna deceduta di peritonite nel 2011 dopo essersi recata al pronto soccorso della clinica Città Studi di Milano lamentando forti dolori addominali
Sei mesi di reclusione per omicidio colposo e 150mila euro di risarcimento ai familiari della vittima. E’ la condanna che dovrà scontare un medico del pronto soccorso dell’Istituto clinico “Città Studi” di Milano, ex clinica Santa Rita, per effetto della sentenza pronunciata in primo grado dal tribunale.
Nel dicembre 2011 presso la clinica di via Jommelli si presentò una donna 50enne che lamentava forti dolori addominali. Il camice bianco in servizio quella mattina presso il pronto soccorso le fece effettuare una radiografia ma successivamente, per il giudice, non ebbe la pazienza di aspettare il referto, forse per la fretta dovuta all’affollamento della sala d’attesa, o semplicemente per un’imperdonabile superficialità. Nel giro di meno di un’ora, il medico, dopo aver dato uno sguardo veloce alle lastre, non avendo notato nulla, dimise la paziente con una diagnosi di “stipsi”, ovvero stitichezza, limitandosi a prescriverle un’alimentazione “con fibre vegetali e idratazione adeguata”.
La donna, una manager che lavorava presso l’azienda di famiglia, venne trovata morta la mattina successiva nella sua abitazione, dove viveva da sola. Il medico legale constatò che il decesso era stato causato da una perforazione gastrica degenerata in peritonite. L’inchiesta della Procura ha fatto emergere come il referto della radiografia evidenziasse la “possibile presenza di aria libera in sede sottodiaframmatica” e dunque il sospetto della perforazione gastrica. Il radiologo segnalava la necessità di una tac, ma la paziente a quel punto era stata già dimessa e non venne ricontattata. Inoltre il medico è stato ritenuto responsabile di non aver valutato correttamente le lastre anche prima di aver ricevuto il referto; già osservando bene il negativo, il dottore avrebbe avuto elementi sufficienti per disporre la tac.
