Figlio con contratto di lavoro a tempo determinato e diritto al mantenimento (Tribunale Campobasso, 27 aprile 2023).

Respinto il diritto al mantenimento per il figlio maggiorenne che ha un contratto di lavoro a tempo determinato.

Il padre chiede la revoca dell’obbligo di versamento della somma di euro 400,00 mensili sul medesimo gravante quale contributo di mantenimento per la figlia maggiorenne.

A fondamento della domanda deduce il raggiungimento di una sufficiente autonomia e indipendenza economica da parte della figlia trentacinquenne.

La stessa dal 2019, deduce il padre, svolge attività lavorativa e già in precedenza aveva svolto altri lavori seppur di natura occasionale; evidenzia, inoltre, il decorso di un significativo lasso temporale dall’adozione del provvedimento giudiziale (2014) che da ultimo ha riconosciuto in capo ad esso ricorrente l’obbligo al mantenimento della figlia durante il quale la medesima ha conseguito il diploma di laurea e la specializzazione in “Lingua per la Comunicazione nell’Impresa e nelle Organizzazioni Internazionali” e pertanto ha avuto l’opportunità di raggiungere un ‘idonea formazione e un’adeguata capacità lavorativa.

La figlia si costituisce in giudizio opponendosi alla domanda del padre  e rappresentando di non avere conseguito una piena autonomia ed indipendenza economica in quanto assunta con contratto a tempo determinato e percettrice di uno stipendio mensile appena sufficiente a far fronte alle ordinarie esigenze di vita; la stessa ha contratto un mutuo (nel giugno del 2021) per l’acquisto dell’immobile ove attualmente abita e senza il contributo mensile del padre, certamente adeguato a fronte della relativa condizione reddituale, non sarebbe in grado di fronteggiare le complessive spese mensili. D’altronde, aggiunge la resistente, i figli del padre nati dal secondo matrimonio, godono di benefici economico-sociali alla stessa preclusi.

Il ricorso dell’uomo viene ritenuto fondato.

Il consolidato orientamento giurisprudenziale, cui il Tribunale da continuità, che esprime il principio secondo cui  il figlio divenuto maggiorenne non ha un diritto perenne al mantenimento da parte del genitore divorziato (o separato): “Il figlio di genitori divorziati, che abbia ampiamente superato la maggiore età, e non abbia reperito, pur spendendo il conseguito titolo professionale sul mercato del lavoro, una occupazione lavorativa stabile o che, comunque, lo remuneri in misura tale da renderlo economicamente autosufficiente, non può soddisfare l’esigenza ad una vita dignitosa, alla cui realizzazione ogni giovane adulto deve aspirare, mediante l’attuazione dell’obbligo di mantenimento del genitore, bensì attraverso i diversi strumenti di ausilio, ormai di dimensione sociale, che sono finalizzati ad assicurare sostegno al reddito, ferma restando l’obbligazione alimentare da azionarsi nell’ambito familiare per supplire ad ogni più essenziale esigenza di vita dell’individuo bisognoso.”

Il figlio maggiorenne che intenda ottenere/mantenere il riconoscimento del contributo al mantenimento ha l’onere di provare non solo la mancanza di indipendenza economica – che è la precondizione del diritto preteso, ma di avere curato, con ogni possibile impegno, la propria preparazione professionale o tecnica e di avere, con pari impegno, operato nella ricerca di un lavoro ( cfr. Cassazione civ i le sez. I – 14/08/2020, n. 17183 ).

Ed ancora, è altrettanto consolidato il principio secondo cui “in tema di divorzio, ai fini del riconoscimento dell’obbligo di mantenimento dei figli già maggiorenni, il giudice deve valutare con criteri proporzionalmente crescenti in rapporto all’età dei figli beneficiari le circostanze che giustificano il permanere del suddetto obbligo, fermo restando che esso non può protrarsi oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura. In sostanza, il diritto del figlio maggiorenne ad essere mantenuto dai genitori si giustifica nei limiti del perseguimento di un progetto educativo e formativo, nel rispetto delle sue capacità ed aspirazioni. Ciò comporta che l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento per i figli cessa qualora venga dimostrato l’avvenuto ingresso dei figli nel mondo del lavoro, seppure con lavori saltuari ed a tempo determinato” (così, tra gli altri, Tribunale sez. I – Cuneo, 13/07/2021, n. 577).

Ciò posto, nel caso di specie la figlia del ricorrente, ormai ultratrentacinquenne, ha acquisito sia una idonea formazione che una sufficiente capacità lavorativa in quanto, oltre ad aver conseguito il diploma di laurea e una specializzazione (nell’anno 2013), lavora dall’agosto del 2019 come dipendente della medesima azienda con contrato di lavoro a tempo pieno e determinato.

Non è possibile ravvisare alcun affidamento legittimo in capo alla figlia sulla persistente corresponsione dell’assegno di mantenimento da parte del padre al fine di giustificare l’assunzione dell’impegno mensile per le rate del mutuo, poiché sono del tutto differenti i presupposti per la conservazione del contributo al mantenimento.

Per tali ragioni il Tribunale ritiene che la donna abbia conseguito una indipendenza economica tale da determinare il venir meno del diritto al mantenimento da parte del padre.

Il ricorso dell’uomo viene accolto.

Avv. Emanuela Foligno

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