Tra i dicasteri del governo Conte c’è anche quello dedicato alla disabilità insieme alla famiglia, ma è già scoppiata la polemica

Tra le novità del governo giallo-verde il Ministero della Famiglia e della Disabilità, affidato al leghista Lorenzo Fontata, è ciò che fa più discutere. Proviamo a capire perché.

Oggetto di slogan durante la campagna elettorale “Oggi un disabile dipende da sette ministeri. [….] È una situazione insostenibile” così dichiarava Matteo Salvini, neo Ministro degli Interni. Il Ministero è oggi realtà, almeno sulla carta. Una innovazione che lascia molti perplessi, soprattutto tra i diretti interessati.

Il quadro di riferimento

Le persone con disabilità sono circa il 12% della popolazione mondiale. In Italia, secondo rilevazioni Istat del 2013, ci sono 1,5 milioni di persone con limitazioni fisiche, 2 milioni con alcune limitazioni nelle loro funzioni quotidiane.

900 mila con difficoltà nella comunicazione e 1,4 milioni costrette a letto o nella loro abitazione. Oltre 1,8 milioni sono i disabili gravi.

Una porzione significativa di popolazione che necessita di tutele specifiche perché le persone disabili, si legge in un documento del Ministero degli Affari Esteri “hanno più probabilità di vivere in condizioni di povertà rispetto ai loro pari senza disabilità”.

Condizione che deriva spesso dall’impossibilità di partecipare attivamente alla vita sociale per mancanza di servizi e infrastrutture adeguate.

Ne consegue quindi la necessità di un approccio trasversale che inglobi diversi aspetti della vita dalla salute al lavoro, passando per la scuola. I tre punti su cui molte associazioni in difesa dei disabili da anni chiedono provvedimenti e finanziamenti.

Il nuovo Ministero della Famiglia e della Disabilità è quindi chiamato a occuparsi di tutto ciò riunendo le competenze oggi sparse tra diversi dicasteri.

La normativa di riferimento

L’Italia è uno dei paesi in cui la tutela della disabilità ha fatto passi da gigante.

Tra le tappe da ricordare citiamo l’approvazione della legge 104 nel 1992 con cui si  garantisce “il pieno rispetto della dignità e i diritti di libertà ed autonomia della persona con disabilità”.

Nel 1998 con la legge 162 si organizzano presso Comuni, Regioni ed enti locali programmi di aiuto alle persone disabili.

Segue poi la ricezione della Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità con cui tutti gli Stati si impegnano a “garantire e promuovere la piena realizzazione di tutti i diritti umani e delle libertà fondamentali per tutte le persone con disabilità senza discriminazioni di alcun tipo sulla base della disabilità”.

Non meno importante l’istituzione dell’Osservatorio nazionale sulla condizione delle persone con disabilità che ha “la finalità di far evolvere e migliorare l’informazione sulla disabilità nel nostro paese e, nel contempo, di fornire un contributo al miglioramento del livello di efficacia e di adeguatezza delle politiche”.

Ultima in ordine temporale la legge sul “dopo di noi” ossia le disposizioni in materia di assistenza in favore delle persone con disabilità grave prive del sostegno famigliare, approvata nel giungo del 2016.

Una legge significativa per tutelare i disabili quando vengono a mancare i parenti che si sono presi cura di loro, istituendo un fondo per l’assistenza e il sostegno e agevolazioni per privati, enti e associazioni che decidono di stanziare risorse a loro tutela.

Il Ministro Fontana si mostra scettico. “Modificheremo la legge sul ‘dopo di noi’. Voglio analizzarla prima bene per capire cosa c’è di positivo e cosa si può invece migliorare”.

Sulla strada per il pieno riconoscimento dei diritti c’è quindi ancora molto da fare.

Una etichetta di troppo

Tra i principi cardine su cui l’azione di governo dovrebbe fondarsi possiamo annoverare il motto “Niente su di noi, senza di noi” e l’assunto secondo cui persona con disabilità deve essere “soggetto” e non “oggetto” di cura.

E’ facile quindi intuire quali siano le posizioni delle associazioni sulla creazione di un ministero che si occupi oltre che della famiglia anche della disabilità.

Il pericolo della creazione del Ministero della Disabilità abbinato a quello della famiglia sta nel circoscrivere entro confini prestabilisti che ingabbiano i portatori di handicap, rendendo ancora più difficile l’ottenimento di diritti basilari.

Salvini ha ideato questo Ministero puntando all’esatto contrario. Secondo il Ministro degli Interni trasferire la competenza della disabilità ad unico dicastero permette di garantire la diffusione di rette politiche sulla disabilità.

Le voci dalle associazioni

Non sono poche però le associazioni a vederla diversamente e a lanciare moniti. Falabella, presidente della Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap (FISH Onlus), avverte che serve uno “sforzo trasversale”.

C’è il rischio che sia ‘dispersivo’ perché potrebbe dipendere, anche a livello burocratico, da diversi ministeri come quello del Lavoro o dell’Istruzione, a seconda dei campi di intervento”.

Condivide il pensiero anche Roberto Speziale di Anffas. “Temiamo infatti che tale scelta, pur nelle buone intenzioni, possa essere ‘potenzialmente categorizzante‘ di un mondo che, invece, ha necessità di politiche trasversali ed inclusive.

Il nostro auspicio è che non si tratti di un fatto puramente ‘estetico’, ma che l’intento sia quello di creare un collegamento e un coordinamento interministeriale e con le Regioni.

Collegamento che garantisca che le norme vengano concretamente attuate, a tutti i livelli, e che i diritti delle persone con disabilità e dei loro familiari siano resi realmente e pienamente esigibili nei vari ambiti (salute, lavoro, scuola, inclusione sociale).

Colmando così rapidamente un ‘vulnus’ non più sostenibile e tollerabile tra ciò che le norme prevedono e la vita materiale delle persone con disabilità e dei loro familiari”.

Saluta invece positivamente la nascita del nuovo ministero la Fand. Il presidente Franco Bettoni spiega che famiglia e disabilità sono aspetti che tra loro si intersecano, è quindi positivo che ci sia un solo ministero.

“Da sempre abbiamo espresso la necessità di una figura di raccordo fra i vari ministeri per fare sintesi fra i diversi ambiti delle politiche in materia di disabilità.

Pertanto l’istituzione di questo nuovo ministero potrà rappresentare l’occasione giusta per armonizzare ed uniformare le tutele esistenti”.

Ministro senza portafoglio

Il neo Ministro Fontana è senza portafoglio ovvero non ha un bilancio autonomo. Una situazione che associata al concetto di welfare solidaristico, che viene fuori dalla scelta del ministero sembra perdere di vista il reale punto della questione.

La disabilità è una condizione invalidante della vita che non va etichettata o categorizzata ma inglobata nella realtà predisponendo misure che agevolino la vita di chi ne soffre.

Attribuire la gestione della disabilità a un ministero specifico e poi lasciarlo senza portafoglio sottende che nel nostro paese permane un problema di fondo.

Più che di cultura dell’accoglienza vige da noi un puro assistenzialismo.

Un principio ribadito nel contratto di governo in cui si specifica che: “uno Stato civile deve proteggere, tutelare, assistere e integrare chiunque abbia una disabilità”.

Si è coscienti del problema ma spesso ci si ferma alla sua constatazione, non si arriva alle proposte e alla risoluzione dei problemi.

La disabilità è una condizione a 360°, è per questo necessario salvaguardare la persona nella sua essenza, affermando il principio di unicità con misure concrete che ostacolino discriminazioni e barriere, di qualunque tipo esse siano.

 

Barbara Zampini  

 

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